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Politica Maggio 18, 2014

Oltre Hitler. Oltre ogni limite

 

Beppe Grillo ieri a Torino

Chi segue questo blog conosce la mia attenzione e il mio rispetto per i 5 Stelle e per i suoi elettori: digitate Grillo e M5S, i post sono qui da vedere, ad accompagnare la speranza che quel movimento notevolmente innovativo, a forte presenza femminile, con una decisa attenzione all’ambiente, intraprendesse prima o poi quella che ho chiamato “svolta gandhiana”, a cominciare da una maggiore mitezza nel linguaggio: il medium è il messaggio.

Le cose sono andate in tutt’altro modo: un’escalation incontenibile di violenza verbale, coprolalia, sessismo. Una regressione agli istinti più bassi. L’incapacità di fuoruscire dalla fase del “no”, malattia infantile del grillismo. Le censure, le epurazioni. La mistica -antidemocratica- della rete. Una misoginia senza freni. Fino alla piazza torinese di ieri, che a mio parere segna la svolta definitiva: in piazza Castello il M5S è politicamente morto o, al contrario, si è posizionato irreversibilmente e con successo tra i populismi fascistoidi e antidemocratici alla Le Pen. Ci toccherà aspettare una settimana per saperlo.

Un furente Beppe Grillo ha offerto alla piazza torinese il meglio del suo peggio. Non sono Hitler, sono oltre Hitler” (imbarazzando anche i suoi). “Bisogna ringraziarlo, Stalin… Schultz, vedi di andare affanculo“. “L’ebetino di Firenze è andato a dare due linguate a quel culone tedesco (Angela Merkel, ndr): citazione berlusconiana purissima, così come quel titillare il sentimento antitedesco. “Digos, Dia e Carabinieri sono con noi: le parole più gravi, di sapore golpistico, insieme alla promessa di processi sommari “contro i giornalisti, i politici e gli imprenditori che hanno rovinato questo Paese e alle ingiurie contro l’inno di Mameli. Oltre non si potrebbe, ma mai porre limiti all’Improvvidenza. Sentiremo il comizio conclusivo a Milano: se non è del tutto pazzo un po’ di freno a mano lo tirerà.

Di qui in ogni caso non si torna indietro, questo è certo: ieri Torino ha visto un nuovo Beppe Grillo, che dà ragione a chi fin dal principio ha paventato la sua pericolosità politica e la sua deriva fascistica. Di fronte a quell’one-man-show gni ipotesi di dialogo democratico decade. E stupisce molto che con sfortunato tempismo proprio due giorni fa in un’intervista a “Il Manifesto” la fondatrice della Lista Tsipras Barbara Spinelli, figlia di Altiero, padre fondatore dell’Europa, abbia aperto all’antieuropeista Grillo auspicando “un dia­logo con i 5 stelle e di deci­dere su punti spe­ci­fici poli­ti­che con­cor­date. Ci sono molte cose in comune… Ci sono molte posi­zioni di Grillo com­ple­ta­mente con­di­vi­si­bili, e fra l’altro simili se non iden­ti­che alle nostre. M5S potrebbe svol­gere un ruolo molto impor­tante”.

Grande, grandissima, enorme confusione sotto il cielo.

 

 

lavoro, Politica, Senza categoria Marzo 26, 2014

No del M5S alla legge anti-dimissioni in bianco. Nessuno capisce perché

La principale preoccupazione del M5S -lo chiedo, perché non lo capisco- è fare buone leggi a favore delle cittadine e dei cittadini, migliorando la loro vita? o invece contrapporsi per principio a ogni proposta venga dal centrosinistra, inteso come il principale competitor politico? e specialmente ora, in vista delle elezioni europee?

Perché solo in questa seconda ipotesi si riesce a comprendere il voto contrario del M5S alla proposta di legge contro le dimissioni in bianco passata -per fortuna- ieri alla Camera: 300 sì (Pd, FI e Sel), 101 no (Ncd, M5S e Scelta Civica) e 21 astenuti (Lega).

Secondo gli ultimi dati disponibili, solo tra il 2009 e il 2010 37 mila donne sono state costrette a lasciare il loro posto di lavoro per aver deciso di diventare madri. Ma il problema riguarda anche gli uomini in caso di infortuni o malattia o più semplicemente per attività sindacale.

Il datore di lavoro costringe ricattatoriamente le-i dipendenti a firmare una lettera di dimissioni in bianco al momento dell’assunzione, da utilizzarsi al momento opportuno. Il fenomeno rappresenta oltre il 10 per cento di tutte le controversie di lavoro dei patronati Acli e il 5 per cento di quelle degli uffici vertenze della CISL.

Nel 2007 la legge 188 aveva imposto che le dimissioni fossero presentate su moduli identificati da codici numerici progressivi e validi non oltre quindici giorni dalla data emissione, per evitare la data « in bianco ». La legge fu abrogata pochi mesi dopo dal governo Berlusconi. Nel 2012 l’appello «188 donne per la legge 188» (fra cui io) riaccendeva l’attenzione sulla pratica delle dimissioni in bianco, con successivo intervento della ministra Fornero che introduceva un meccanismo complicatissimo e, come si è visto, insoddisfacente e sostanzialmente inefficace.

Secondo la proposta approvata ieri alla Camera (ora dovrà passare al Senato) la lettera di dimissioni volontarie deve essere sottoscritta dal lavoratore, pena la nullità, su appositi moduli disponibili presso le direzioni territoriali del lavoro, gli uffici comunali e i centri per l’impiego. Sarà possibile scaricare i moduli -sempre numerati e identificabili, dal sito web del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, o reperirli presso le sedi dei sindacati.

La nuova normativa si riferisce a qualsiasi contratto: dai rapporti di lavoro subordinato a quelli di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, ai contratti di collaborazione di natura occasionale, alle associazioni in partecipazione, ed al contratto di lavoro instaurato dalle cooperative con i propri soci.

Non è escluso che si potesse fare di meglio, ma la proposta di legge -che potete leggere in coda al post- costituisce certamente un passo avanti.

Speciose, a mio parere, e incomprensibili anche agli iscritti e agli elettori le obiezioni del M5S, che ha parlato di “un’altra bugia di Renzi” e, come dicevamo, ha votato contro.

Potrebbe trattarsi dell’ennesimo autogoal.

 

PROPOSTA DI LEGGE

ART. 1.

1. Fatto salvo quanto stabilito dall’articolo

2118 del codice civile, la lettera di

dimissioni volontarie, volta a dichiarare

l’intenzione di recedere dal contratto di

lavoro, è presentata dalla lavoratrice, dal

lavoratore, nonché dal prestatore d’opera

e dalla prestatrice d’opera, pena la sua

nullità, su appositi moduli predisposti e

resi disponibili gratuitamente, oltre che

con le modalità di cui al comma 5, dalle

direzioni provinciali del lavoro e dagli

uffici comunali, nonché dai centri per

l’impiego.

2. Per contratto di lavoro, ai fini del

comma 1, si intendono tutti i contratti

inerenti ai rapporti di lavoro subordinato

di cui all’articolo 2094 del codice civile,

indipendentemente dalle caratteristiche e

dalla durata, nonché i contratti di collaborazione

coordinata e continuativa,

anche a progetto, i contratti di collaborazione

di natura occasionale, i contratti

di associazione in partecipazione di cui

all’articolo 2549 del codice civile per cui

l’associato fornisca prestazioni lavorative

e in cui i redditi derivanti dalla partecipazione

agli utili siano qualificati come

redditi di lavoro autonomo, nonché i

contratti di lavoro instaurati dalle cooperative

con i propri soci.

3. I moduli di cui al comma 1, realizzati

secondo direttive definite con decreto

del Ministro del lavoro e delle

politiche sociali, di concerto con il Ministro

per la pubblica amministrazione e

la semplificazione, da emanare entro tre

mesi dalla data di entrata in vigore della

presente legge, riportano un codice alfanumerico

progressivo di identificazione,

la data di emissione, nonché spazi, da

compilare a cura del firmatario, destinati

all’identificazione della lavoratrice o del

lavoratore, ovvero del prestatore d’opera

Atti Parlamentari — 5 — Camera dei Deputati — 254

XVII LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTI

o della prestatrice d’opera, del datore di

lavoro, della tipologia di contratto da cui

si intende recedere, della data della sua

stipulazione e di ogni altro elemento

utile. I moduli hanno validità di quindici

giorni dalla data di emissione.

4. Con il decreto di cui al comma 3

sono altresì definite le modalità per evitare

eventuali contraffazioni o falsificazioni.

5. I moduli di cui al presente articolo

sono resi disponibili anche attraverso il

sito internet del Ministero del lavoro e

delle politiche sociali, secondo modalità

definite con il decreto di cui al comma 3,

che garantiscano al contempo la certezza

dell’identità del richiedente, la riservatezza

dei dati personali nonché l’individuazione

della data di rilascio, ai fini della verifica

del rispetto del termine di validità di cui

al secondo periodo del comma 3.

6. Con apposite convenzioni a titolo

gratuito stipulate nelle forme definite con

decreto del Ministro del lavoro e delle

politiche sociali, da emanare entro sei

mesi dalla data di entrata in vigore della

presente legge, sono disciplinate le modalità

attraverso le quali è reso possibile alla

lavoratrice, al lavoratore, nonché al prestatore

d’opera e alla prestatrice d’opera,

acquisire gratuitamente i moduli di cui al

presente articolo, anche tramite le organizzazioni

sindacali dei lavoratori e i patronati.

7. Il comma 4 dell’articolo 55 del testo

unico di cui al decreto legislativo 26 marzo

2001, n. 151, e successive modificazioni, e

i commi da 17 a 23 dell’articolo 4 della

legge 28 giugno 2012, n. 92, sono abrogati.

8. All’attuazione della presente legge si

provvede nell’ambito delle risorse finanziarie

già previste a legislazione vigente e

comunque senza nuovi o maggiori oneri

per il bilancio dello Stato.

 

 

Politica Marzo 13, 2014

80 euro per fare male a Grillo

Matteo Renzi ha un problema urgente: uscire vincitore dalle europee, che sono la sua prima e inaggirabile prova elettorale. Come dicevamo qui, tra delusi del Pd –e i motivi di delusione non mancano- che decideranno di astenersi, lista Tsipras e M5S, il suo partito rischia molto.

Il senso di Renzi per il popolo è formidabile, in questo senso sì, somiglia davvero a Berlusconi. C’era bisogno di far capire alla gente, anche con slide da scuola media, che questo governo non è affatto come gli altri. E c’era bisogno di dare una prova tangibile di questo, mettendole –cash- un pochino di soldi nelle tasche: che poi, per chi guadagna mille euro, 80 euro pochissimi non sono (Camusso ashtonished, con le unghie tagliate).

Come si dice, prima cammello… vediamo che cosa succede effettivamente a maggio. Ma di certo, magari non tanto dal punto dell’economia –non siamo gufi, tifiamo pro, ma questa crisi è una cosa piuttosto seria, e 80 euro non cambiano il paradigma-, quanto dal punto di vista degli esiti elettorali, questi 80 euro per un voto sono un eccellente investimento.

p.s.: per chi avesse ancora qualche dubbio sulla possibilità che Matteo Renzi consideri un’alleanza “a sinistra” con i 5 Stelle e affini. Non ci pensa proprio.

Politica Febbraio 26, 2014

Farsi male in Europa

il mito di Europa raffigurato dalla tedesca Ursula

Il problema democrazia nel M5S è sempre più serio: con un “processo” sommario l’assemblea dei Parlamentari ha deciso di valutare l’espulsione dei colleghi colpevoli di avere espresso un’opinione non conforme a quella della maggioranza, e oggi la consultazione online potrebbe ratificare la sentenza.

I reati di opinione, con relativo confino, sono un classico delle dittature.

Anche del parere della rete Beppe Grillo tiene conto solo quando coincide con il suo. Inviato controvoglia alle consultazioni con il premier incaricato Matteo Renzi, nel famoso streaming il capo-comico non si è consultato per niente: giusto uno show alla Lenny Bruce. E i 4 parlamentari che hanno osato rimarcarlo rischiano l’esilio nel gruppo misto.

Non basta più che fra i 5 Stelle siano tanti i bravi e i competenti, né che molti punti di programma siano sensati e condivisibili. C’è un gravissimo problema di democrazia interna che non può più essere aggirato. Di quegli uno-che-valgono-uno, ce ne sono un paio che valgono centomila. Problema tanto più serio se è vero, come annunciato ieri da Roberto Fico, i 5 Stelle prenderanno molto sul serio le elezioni europee di maggio: “La nostra asticella” ha detto “è un voto sopra il Pd”.

Al momento i punti che mancano sarebbero 5-6 punti: secondo uno degli ultimi sondaggi, realizzato da Ipr-Ixè, il Pd è al 29.3 per cento – meno 2.5 punti, persi con la defenestrazione di Enrico Letta-, mentre crescono M5S e Forza Italia, rispettivamente al 23,7 e 22 per cento. Quanto alle coalizioni, il centrodestra risulta sempre in testa.

L’interesse degli italiani per l’Europa è sempre più scarso: solo il 41 per cento crede che la partecipazione all’UE sia un bene, e le politiche di austerità aumentano l’euroscetticismo. Al voto di maggio è prevedibile un’astensione record, che i 5 Stelle contano di contrastare stramobilitandosi in una guerra contro l’euro e l’Ue e presentandosi come un’alternativa propositiva al non-voto. Dal canto suo, Forza Italia potrà probabilmente contare sul martirologio di Silvio Berlusconi, che salvo sorprese a maggio starà scontando i domiciliari, “ingiustizia” contro la quale mobiliterà il suo popolo.

I veri problemi sono del Pd: la luna di miele con Matteo Renzi sarà fisiologicamente finita a meno che, grazie a provvedimenti dall’effetto immediato -di sicuro non basta una nuova legge elettorale, serve qualcosa che abbia a che vedere con le tasche dei cittadini-, i primi cento giorni del nuovo governo non saranno stati veramente entusiasmanti, capaci di tenere viva la “passione” e di rinnovare la fiducia. In caso diverso, tra astensione dei delusi, transfughi nei 5 Stelle e fuga a sinistra nella lista Tsipras, sarà il Pd a rischiare di più. Inutile sottolineare che quell’eventuale “voto in più” ai 5 Stelle avrebbe effetti clamorosi anche sul quadro nazionale.

Ecco perché Matteo Renzi tiene molto alta l’attenzione sull’Europa -a cui è dedicata anche la direzione nazionale del partito convocata per domani- attivando l’orgoglio-Italia.

La sfida per i 5 Stelle è notevole. Ma anche per il Pd la strada è in salita. Specialmente se Matteo Renzi non saprà ricucire le lacerazioni interne al partito e riconquistare fiducia a sinistra.  

aggiornamento ore 19.30: i 4 “dissidenti” sono stati espulsi. Molti 5 Stelle, dentro e fuori dal Parlamento, si rivoltano. Mi sa che la campagna per le europee parte malissimo.

Questo è un giro di boa, e Beppe Grillo stavolta si è fatto molto male.

economics, lavoro, Politica Febbraio 7, 2014

Matteo Renzi non sembra neanche più Matteo Renzi

Ieri Matteo Renzi in direzione Pd ha presentato il suo piano di riforme istituzionali: fine del bicameralismo perfetto, riforma del titolo V, oltre ovviamente alla legge elettorale (qui l’intervento).

Un anno fa, forse anche solo 6 mesi fa, una cosa come l’abolizione del Senato sarebbe stata una mossa ad effetto, in grado di ristabilire la minima per una ripresa di fiducia e di dialogo tra politica e cittadini. Ma oggi non basta più. Se alle riforme istituzionali non si accompagneranno immediate iniziative sul fronte economia e lavoro, la degenerazione civile accoppiata all’emergenza sociale, di cui stiamo vedendo solo i prodromi, produrrà tutti i suoi effetti distruttivi (non mi sentirei di dare torto a Goffredo Bettini).

Ieri in direzione clima rarefatto e surreale: il Nazareno, con la sua bellissima terrazza a elle, sempre più lontano dall’inferno che c’è fuori. La discussione sul #jobsact, il famoso piano sul lavoro, continua a essere rinviata. Calendarizzata per il 20 febbraio, è stata ulteriormente rimandata: il 20 si parlerà di che fare con il governo. Al segretario Renzi conviene portare il Paese al voto (mia opinione: conviene a tutti, per provare a ricominciare con un altro passo), ma si continua a fare melina.

A me conviene votare, ma all’Italia no“, ha twittato il segretario. Io penso che convenga anche all’Italia.

Matteo Renzi ieri non sembrava più nemmeno Matteo Renzi. Come se l’effetto Renzi non facesse più effetto neanche a lui.

I sondaggi di stamattina parlano chiaro: 45 per cento di astensione, M5S in recupero. Evidentemente turpiloqui e sessismi alla gente fanno solo il solletico. Il 2014 -altro che ripresine e ripresette- sarà l’anno più duro, e ce ne stamo già accorgendo tutti.

Sarà il Vaffa Year.

Per favore, donne e uomini della politica: parliamo di lavoro, lavoro, lavoro, lavoro, LAVORO!

Tutto il resto, la riforma del titolo V e così via: ottimo, facciamolo. Ma con la mano sinistra.

 

Donne e Uomini, Politica, questione maschile Febbraio 2, 2014

Caro Beppe, giù la maschera

Caro Beppe Grillo,

nel caso avessi il tempo e la pazienza di fare un giretto per questo blog, vedresti che ho sempre trattato i 5 Stelle con il rispetto, la considerazione e l’attenzione che si deve a uno schieramento politico sostenuto più o meno da un terzo dei miei concittadini. E non raramente mi sono trovata in sintonia con i suoi contenuti, esprimendo tuttavia l’auspicio che dal linguaggio urlato, feroce e di battaglia della fase aurorale, il M5S sapesse passare alla forza autentica di una lingua più mite e “gandhiana”: quando si sa di avere ragione, non c’è alcun motivo di strillare e insultare.

Mi era parso che certe apparizioni televisive, tipo quella di Alessandro Di Battista a “Le Invasioni Barbariche”, intendessero muoversi in questa direzione, quanto meno per temperare al volo l’orribile uscita dell’onorevole De Rosa contro le deputate piddine, totalmente impolitica e beluina. Ma se poche ore dopo, caro Beppe, tu posti questo bel filmatino, con la premessa “Cosa succederebbe se ti ritrovassi la Boldrini in macchina“, sono costretta a ricredermi.

Sei un comunicatore troppo abile per non sapere che quella domanda chiama risposte oscene e sessiste, che puntualmente sono arrivate: “La metto a 90 gradi e poi  gli metto nel  c…”. “La scaricherei subito sulla statale, magari fa un po’ di cassa extra”. “Mi farei fare una p…”. “La riempirei di botte”. “La tromberei”. “Impossibile, non vado a mignotte”. “La porti in un campo rom e la fai trombare con il capo del villaggio”. “Inchioderei facendole sbattere la testa sul cruscotto, dopo mi fermerei in autostrada e con un guinzaglio la lascerei attaccata al guardrail”. E così via.

Nessuno meglio di te ha il polso e la misura delle quantità impressionante di odio che circola sul web (la mattina, quando mi connetto, mi si contrae in automatico lo stomaco, perché do per certo che sarò investita dallo tsunami di hate-speeching, in crescita esponenziale).

Pubblicando quel filmato -e non solo- mi ha dato la precisa sensazione che tu intenda servirti di quell’odio, che tu faccia di tutto per eccitarlo e scatenarlo, con particolare riguardo a una misoginia e a un sessismo intollerabili: e continuo a meravigliarmi del fatto che le donne del M5S (ma anche le tue amiche, tua sorella se ne hai una, tua moglie) non ti pongano apertamente il problema.

Insomma, sembra che ti piaccia giocare facile: l’odio per le donne è una miniera inesauribile.

Laura Boldrini è criticabilissima, l’operazione “ghigliottina” non mi è piaciuta, non mi è piaciuto l’abbinamento delle questioni Imu e Bankitalia, né mi piacciono i decreti, soprattutto quelli “omnibus”, dove si imbarca di tutto un po’ (vedi il femminicidio per parlare di furti di rame e di militarizzazione della Val di Susa). Ma colpirla nel suo essere donna, “caricarla” in macchina, con tutto il simbolico annesso, è una cosa francamente disgustosa.

La rabbia è uno straordinario carburante, ti dà l’energia indispensabile per partire, e l’exploit del M5S è stato davvero straordinario: le ragioni non mancavano. Ma un’avventura politica che continua a nutrirsi di odio, di rabbia e di cattivi sentimenti, che insiste nel parlare alla pancia, che accompagna il suo legittimo percorso con manifestazioni di barbarie –la misoginia violenta è sempre un’indizio di arretratezza civile– non può che avere due esiti: la perdita di consensi e il fallimento dell’impresa; o, in alternativa, la deriva fascistica e antidemocratica.

Se proprio deve andare così, preferisco la prima soluzione.

Donne e Uomini, Politica, questione maschile Gennaio 30, 2014

Camera dei Deputati: le donne come punching-ball

Ieri alla Camera

Nella bagarre seguita alla “tagliola” applicata ieri dalla presidente della Camera Laura Boldrini sulla questione Imu-Bankitalia (metodo quanto meno avvilente, se posso dire), il questore di Scelta Civica Stefano Dambruoso ricorre alla forza fisica contro Loredana Lupo, deputata del M5S. Uno schiaffo, dice lei. Lui nega, ammettendo “al massimo un contatto fisico per bloccare un’aggressione alla presidente Boldrini”: fatevi direttamente un’idea guardando il filmato. Secondo un tweet di Giulia Sarti, collega di Lupo, Dambruoso avrebbe anche chiosato il suo gesto dicendo: “Nella mia vita ho picchiato tante donne, non sei la prima“. Dambruoso nega anche questo.

Nel frattempo un deputato 5 Stelle, Massimo Felice De Rosa, 35enne di Cormano, Milano, formazione ambientalista, faceva irruzione per protesta in Commissione Giustizia. Invitato a un atteggiamento più consono, secondo le deputate Micaela Campana e Alessandra Moretti avrebbe appellato le colleghe Pd dicendo loro che erano lì solo grazie al fatto di aver elargito sesso orale (lui l’ha detto in un altro modo). Manifestando, se le cose sono andate in questo modo, una sua non troppo recondita fantasia sessuale adolescenziale, insieme a una violenza che non ci si aspetterebbe da chi lotta per lo stop al consumo di territorio e in difesa dell’ambiente.

La deputata piddina Veronica Testori, presente alla scena, la racconta così: “A un certo punto i 5 Stelle volevano entrare tutti in aula, dove era in corso la seduta. Ma quell’aula è molto piccola. Siamo stati costretti a sospendere i lavori e abbiamo cominciato a discutere piuttosto animatamente. Finché De Rosa non ha perso il controllo e lasciando l’aula ha detto: “Voi siete qui solo perché fate dei p…””.

Non risulta al momento che si sia scusato con le colleghe.

Sia De Rosa sia Dambruoso saranno querelati (Lupo in verità ci sta ancora pensando). E se i fatti saranno accertati, l’augurio è che siano adeguatamente puniti.

Resta che -sempre che i fatti vengano accertati- quando si alza la tensione tra maschi (ci sono anche donne, lì, ma trattasi di istituzioni maschili), viene pavlovianamente scaricata sulle donne “del nemico”, con allusioni verbali a una scena rettile di dominio violento e sprezzo sessuale. Freud diceva che nel nostro inconscio passeggiano i dinosauri, e ieri si è visto piuttosto bene.

Le donne che fanno parte di queste istituzioni -tutte insieme, senza distinzione di schieramenti e/o correnti- dovrebbero duramente stigmatizzare quanto è avvenuto e non farsi nemmeno sfiorare dalla tentazione di difendere misoginamente i “propri” uomini. Specie in un momento politico come questo, in cui (vedi la prima pagina di “Il Giornale” di oggi: “Renzi ha le palle”) si torna a celebrare una politica virilmente muscolare, decisionista e cazzuta. E tra una “tagliola”, uno spintone e una volgarità da bar biliardo (e l’indimenticabile “boia chi molla” del 5Stelle Angelo Tofalo), le donne rischiano un arretramento sia nei numeri (nella bozza dell’Italicum, si parla un generico 50/50 nelle liste ma al momento non si prevede il principio dell’alternanza tra i sessi: dispositivo, quindi, inefficace), sia nelle logiche politiche.

In tempi tanto difficili abbiamo bisogno di decisioni responsabili, non di decisionismi. Di autorità e di competenza, non di prove di forza. Serve rete, non uomini soli al comando.

Una giornata davvero orribile, quella di ieri.

Aggiornamento: mi tocca segnalare la luminosa battuta di Angelo Cera parlamentare di Scelta Civica, secondo il quale «alcune deputate del MoVimento 5 Stelle sono delle esagitate. Consiglio loro di trovarsi un fidanzato». In poche parole un pene come trattamento contro l’isteria. Oggi in aula non solo la legge elettorale, ma anche la questione maschile.

 

 

Politica Aprile 4, 2013

Tentazione Renzi (piacione come pochi)

A un certo punto la prospettiva di vincere facile sbaraglia tutte le riserve, o forse è semplicemente la possibilità di mettere finalmente in piedi un governo in quattro e quattr’otto, con una maggioranza senza se e senza ma. Sta di fatto che nel Pd -parlo degli iscritti e degli elettori, non delle truppe parlamentari- la tentazione Renzi cresce in modo palpabile. Ma cresce anche fuori dal Pd: tra gli elettori di centrodestra, che nel renzismo vedono una possibile evoluzione del vecchio berlusconismo -e un’emancipazione dall’ormai troppo vecchio Berlusconi-, e tra molti di quelli che hanno provato a votare il M5S per vedere di nascosto l’effetto che fa.

Insomma, un piacione come pochi.

Ieri Renzi, a cui va riconosciuto un gran senso del timing, è partito con decisione all’attacco: basta manfrine, il Paese sta soffrendo, o ci si allea con il Pdl o si va subito al voto. E per dimostrare che fa sul serio, scatena i suoi senatori, che depositano una proposta di legge per abrogare interamente il rimborso elettorale ai partiti.

Bersani, intanto, incassato il rifiuto definitivo dei 5Stelle, sta giocando la sua partita definitiva, quella del Quirinale. Al governissimo continua a dire no, ma sul tema del Colle il dialogo con il Pdl è aperto. E da ieri, l’abbraccio tra Bersani e Berlusconi si è fatto anche più stretto: Renzi potrebbe fare molto male a tutti e due (anzi, a tutti e tre: pure ai 5 Stelle).

Dal punto di vista estetico, la scena è suggestiva, un seducente trompe-l’oeil, il bel giovane contro tutti quei vecchi. Uno che fa sembrare vecchio pure Grillo. Una chiave passepartout, che apre tutte le porte e scardina gli schieramenti.

C’è da queste parti qualcuno che non ha votato Renzi alle primarie e che oggi invece lo sosterrebbe? E ha voglia di raccontarci perché ha cambiato idea?