Ieri Matteo Renzi in direzione Pd ha presentato il suo piano di riforme istituzionali: fine del bicameralismo perfetto, riforma del titolo V, oltre ovviamente alla legge elettorale (qui l’intervento).
Un anno fa, forse anche solo 6 mesi fa, una cosa come l’abolizione del Senato sarebbe stata una mossa ad effetto, in grado di ristabilire la minima per una ripresa di fiducia e di dialogo tra politica e cittadini. Ma oggi non basta più. Se alle riforme istituzionali non si accompagneranno immediate iniziative sul fronte economia e lavoro, la degenerazione civile accoppiata all’emergenza sociale, di cui stiamo vedendo solo i prodromi, produrrà tutti i suoi effetti distruttivi (non mi sentirei di dare torto a Goffredo Bettini).
Ieri in direzione clima rarefatto e surreale: il Nazareno, con la sua bellissima terrazza a elle, sempre più lontano dall’inferno che c’è fuori. La discussione sul #jobsact, il famoso piano sul lavoro, continua a essere rinviata. Calendarizzata per il 20 febbraio, è stata ulteriormente rimandata: il 20 si parlerà di che fare con il governo. Al segretario Renzi conviene portare il Paese al voto (mia opinione: conviene a tutti, per provare a ricominciare con un altro passo), ma si continua a fare melina.
“A me conviene votare, ma all’Italia no“, ha twittato il segretario. Io penso che convenga anche all’Italia.
Matteo Renzi ieri non sembrava più nemmeno Matteo Renzi. Come se l’effetto Renzi non facesse più effetto neanche a lui.
I sondaggi di stamattina parlano chiaro: 45 per cento di astensione, M5S in recupero. Evidentemente turpiloqui e sessismi alla gente fanno solo il solletico. Il 2014 -altro che ripresine e ripresette- sarà l’anno più duro, e ce ne stamo già accorgendo tutti.
Sarà il Vaffa Year.
Per favore, donne e uomini della politica: parliamo di lavoro, lavoro, lavoro, lavoro, LAVORO!
Tutto il resto, la riforma del titolo V e così via: ottimo, facciamolo. Ma con la mano sinistra.