Ho visto una notizia, qualche settimana fa, che forse vi è sfuggita, e mi ha commosso: da un sondaggio SWG emerge che l’85 per cento degli insegnanti italiani è soddisfatto del mestiere che fa. Pur con tutti i guai: stipendi bassi, caduta verticale del prestigio sociale, inadeguatezza di strutture e mezzi. Eppure si dicono “orgogliosi”.
Orgoglio che conosco: ero poco più che una bambina e mi capitò una supplenza in un istituto tecnico maschile. Una ragazza sui 25 anni con trenta belve aggressive e testosteroniche. Be’ fu duretta. Ho ancora i sudori freddi. Ma dopo venti giorni di quell’andazzo–andavo in bagno a piangere, nei momenti più tosti, una furiosa battaglia di cancellini o una battutaccia sessuale- all’improvviso quella luce nello sguardo di alcuni, proprio fra i più riottosi. Come se improvvisamente, ascoltandomi, avessero intravisto altro. Altro rispetto alla violenza del nostro rapporto, alla miseria della loro condizione, alla turpitudine dell’ignoranza, al fatalismo sul loro futuro. La possibilità di uno scarto, di un colpo di reni che li avrebbe portati fuori di lì. Uno che mi disse, al congedo, con un’occhiata tenera e grata, dandomi una protettiva pacchetta sul braccio: “E allora grazie, prof. Bella lì, prof”, che in slang stava a dire tutta la sua approvazione. Gli avevo lasciato in dono un lumicino. Adesso stava a lui tenerlo vivo, alimentarlo nel fuoco che spero poi sia divampato.
Sì, capisco i guai degli insegnanti, ma invidio questo loro bellissimo orgoglio. E il privilegio che hanno: quello di stare a contatto con l’aurora, con lo statu nascenti, che è un po’ come essere sempre innamorati. E ripenso, oltre che alla mia amata e severissima maestra Elide Andreoni, alla professoressa Luciani, con quella sua cotonatura un po’ Fifties e quei modi garbati: le piacevo, per quanto casinista. Il suo: “Terragni… Mi meraviglio di te”, mi ri-baricentrava istantaneamente.
E poi al liceo: il prof Renato Fabietti, Storia e filosofia. Un partigiano, toscano sanguigno, strepitoso oratore. Mi fece amare Giordano Bruno come nessun altro. La mattina che arrivò la notizia della strage di piazza della Loggia abbandonò la cattedra, pallido come un morto. E il professor Salvatore Guglielmino, siciliano ombroso e malinconico, autore di una splendida Guida al Novecento. Li abbraccio tutti. Gratitudine!