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Giusi Nicolini

ambiente, Politica Settembre 16, 2015

Salviamo il nostro mare! 3 referendum contro le trivelle + altri 5

Polignano a Mare, uno dei siti prescelti per le trivellazioni alla ricerca di petrolio

E’ tradizione italiana che i media oscurino le notizie sui referendum. Mai come stavolta, però. Contribuirà a rompere il silenzio l’adesione di Italia Nostra a 3 degli 8 referendum indetti da Possibile insieme a Green Italia e Sinistra liberale, Azione civile e Verdi, con la collaborazione dei Radicali e anche dei Giovani Democratici in alcune zone del Sud.

Italia Nostra sosterrà i referendum contro le trivellazioni per la ricerca di petrolio in mare (circa 40, concentrate fra il canale di Sicilia, l’Adriatico centrale e il mar Jonio) e per l’abolizione della legge Obiettivo. Ed esorta le Regioni, chiamate da oggi a decidere sulla delibera, a sostenerli. Se infatti se almeno cinque Regioni delibereranno e depositeranno entro il 30 settembre, la prossima primavera i cittadini potranno esprimersi sui referendum ‘In difesa dei mari italiani’ anche nel caso la raccolta di firme in corso non dovesse raggiungere l’obiettivo delle 500 mila.
L’urgenza, segnala Italia Nostra, è drammatica: “In mancanza di questi referendum tutti i procedimenti per i progetti di esplorazione si realizzeranno in tempi molto brevi, minacciando in modo irreversibile il nostro ecosistema. La maggior parte delle perforazioni, infatti, si svolgono entro le 12 miglia dalla linea di costa, nel Mare Adriatico addirittura 5 miglia”. I sindaci del Salento si sono a loro volta mobilitati. Hanno già firmato il Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, Giusi Nicolini, sindaca di Lampedusa, e il sindaco di Messina.

Oltre ai referendum ambientali, Possibile promuove altri 5 importanti quesiti sui temi del lavoro, della democrazia e della scuola: contro il demansionamento e i licenziamenti facili, contro i capilista bloccati e i presidi-manager. Li trovate tutti qui.

La raccolta di firme continuerà in tutta Italia per altri dieci giorni, l’oscuramento mediatico non ha impedito la stramobilitazione,con centinaia di migliaia di firme: l’obiettivo è vicino. In alcune realtà metropolitane i prossimi 19-20 settembre è programmato un “week end per la democrazia”, con tavoli referendari diffusi.

 

 

 

 

 

AMARE GLI ALTRI, migranti, Politica Settembre 8, 2015

Il coraggio di Angela. E quello di Giusi?

Giusi Nicolini, sindaca di Lampedusa

I giornali e i social network sono pieni del “coraggio di Angela”, di omaggi e di chapeau.

Di Angela Merkel ammiro soprattutto la velocità con cui ha deciso, quasi all’improvviso, di cambiare rotta sul tema dei migranti. Anche il rosso-verde Joshka Fischer dice oggi al Corriere di essere rimasto sorpreso. Sostiene che probabilmente la svolta è arrivata dopo l’attacco dell’estrema destra a una struttura per rifugiati a Eledenau, Sassonia. E aggiunge: “A differenza dell’Italia che vive ogni giorno la realtà drammatica dei profughi, dei morti nel Mediterraneo, la Germania sembrava lontana dall’emergenza. E improvvisamente sono lì, hanno percorso migliaia di chilometri, anche a piedi, per venire da noi. Impressionante”.

Non sono tra i dietrologi che sostengono che Merkel si stia semplicemente procurando mano d’opera a basso costo, o che abbia detto sì ai siriani, meno poveri e più scolarizzati, per poter dire no ai poverissimi del Corno d’Africa: sento dire questo. Penso che di fronte a certe immagini (fra cui quella del piccolo Aylan, ma anche quelle del Tir stipato di corpi morti nei pressi di Vienna, che ricordava l’orribile passato tedesco degli ammassi di cadaveri ad Auschwitz) la signora Merkel abbia compreso che la questione ormai l’aveva in casa, che non era più un problema confinato nel bel mare azzurro dove ogni anno viene a passare un paio di settimane in vacanza, e che la società tedesca chiedeva una presa di posizione rapida.

Perciò bene, la scelta di Angela, che sembra aver finalmente destato una coscienza europea. Ma a Joshka Fischer, e a tutti quelli che si levano il cappello davanti ad Angela, e dicono “hai visto la Germania? E invece l’Italia…”, ricordo che sono anni che noi sappiamo che quella gente percorre a piedi migliaia di chilometri, patendo l’inferno della detenzione in Libia e spesso affogando in mare. Sono anni che i marinai delle nostre navi militari (io ci sono stata) raccattano esseri viventi e recuperano corpi. E dico che io spero che nei libri di storia, al netto delle ributtanti imprese di Buzzi, Carminati & c, il nostro Paese sarà raccontato come il più ricco in Europa della risorsa dell’accoglienza.

Vedo i tedeschi che nel settembre 2015 cantano An Die Freude accogliendo i siriani, mi commuovo, e penso agli anni e anni d’amore dei Lampedusani che hanno perfino ceduto le loro tombe per quei poveri morti.

E voglio nominare il coraggio di Giusi (Nicolini), sindaca dell’isola, piccola e sola, che avrebbe dovuto essere candidata come capolista alle europee, ma poi il Pd, chissà perché, ha deciso diversamente. Peccato, perché forse avrebbe saputo risvegliare prima l’anima addormentata del Continente.

SAREBBE BELLO CHE ALLE MARCE DELLE DONNE E DEGLI UOMINI SCALZI, l’11 SETTEMBRE, PORTASSIMO LA SUA FOTO, PER GRATITUDINE.

AMARE GLI ALTRI, italia, Politica Febbraio 11, 2015

Migranti, soluzione finale: lasciarli morire in mare

Difficile da credere: ma il traffico di carne migrante è il più colossale business d’Occidente. E se non credete a me credete a Buzzi e a Carminati, che di soldi ce ne hanno fatti parecchi. Leggete il libro di Andrea Di Nicola e Giampaolo Musumeci “Confessioni di un trafficante di uomini” (Chiarelettere). Stroncare il business, che nutre la criminalità organizzata di entrambe le rive del Mediterraneo, e salvare vite umane sono un tutt’uno. Per questo la proposta scandalosa della sindaca di Lampedusa Giusi Nicolini (andiamo a prenderli là, istituiamo campi profughi e corridoi umanitari con una governance internazionale tanto, come lei dice, “comun­que loro arri­ve­ranno, vivi, morti, anne­gati, morti di freddo, morti di fame, loro ven­gono”) è l’unica proposta sensata.

Almeno 330 i morti di oggi, siamo tornati esattamente al punto di prima, quando dopo la strage del 3 otto­bre 2013, 366 migranti morti, le banchine dell’isola ricoperte di salme, si decise di istituire la missione Mare Nostrum. Se il oggi il Mediterraneo non è una fossa comune –ma siamo sempre in tempo perché lo diventi- è solo grazie alla missione della nostra Marina Militare.

Oggi si replica quel terribile giorno di ottobre, centinaia di corpi allineati sul molo e a cui trovare sepoltura, tutti i lampedusani mobilitati per questo strazio. La scelta di chiudere Mare Nostrum e di arretrare la linea di intervento con Triton è fallimentare. A meno che non si consideri un successo che migliaia e migliaia di esseri umani in fuga dalla guerra e dalla fame crepino in mare, così risolviamo tutti i problemi. A meno che non si ritenga preferibile questa “soluzione finale” (Endlösung), l’acqua invece che i forni, che ricorda quelle perseguite in altri momenti storici.

#notinmyname

 

 

 

AMARE GLI ALTRI, diritti, economics, Politica Aprile 27, 2014

Trafficare in carne umana

Pozzallo (Rg), processione del Venerdì Santo: giovani migranti africani portano la statua della Madonna

Che fosse un enorme business l’avevo chiaro. Non però, come leggo in un libro di Andrea Di Nicola e Giampaolo Musumeci, “Confessioni di un trafficante di uomini” (Chiarelettere) che il business delle migrazioni ormai fosse secondo solo a quello della droga: guardatevi qui un po’ di numeri.

Nell’indifferenza generale si sta realizzando un nuovo capitolo della tratta degli schiavi. Carne umana su cui si specula, che fornisce manodopera a basso prezzo, e nel caso particolare dei minori non accompagnati (più o meno il 15-20 per cento dei migranti che sbarcano sulle coste siciliane), ottima manovalanza per la grande criminalità organizzata. I ragazzini stanno per qualche tempo nei centri di prima accoglienza, se vogliamo chiamarli così (ad Augusta, per esempio, una scuola fatiscente, due docce per quasi 200 ragazzi) e poi scappano per finire chissà dove. Save the Children ha lanciato l’allarme: ormai un migliaio i giovanissimi, soprattutto eritrei e nigeriani, di cui si sono perse le tracce.

Sempre consapevole del fatto che di tutto questo non frega quasi niente a nessuno, segnalo che una parte del business è nostro, di noi italiani brava gente. Ammesso che non ci siano anche italiani a partecipare direttamente alla spartizione della torta in Libia (parlo di campi dove i migranti vengono concentrati in attesa di salpare, parlo di botte e di colpi di machete, parlo di ragazzine tenute in cella a disposizione degli stupratori, e che spesso arrivano gravide in Italia), basta vedere tanti piccoli centri siciliani abbandonati da Dio e dagli uomini che “rifioriscono”. Alberghi, ristoranti, bar che fanno affari con le forze dell’ordine, i giornalisti e i vari osservatori.

C’è dell’altro, come mi racconta Silvia Di Grande, avvocata di Augusta e membro della costituente Rete Civica Nazionale: “Augusta ha moltissimi problemi: il comune è commissariato, la giunta è stata sciolta per infiltrazioni mafiose, abbiamo un buco di bilancio di 60 milioni oltre a gravissimi problemi di inquinamento. A tutto questo ora si aggiunge il fatto che da quando Lampedusa è chiusa agli accessi grande parte dei migranti sbarcano qui. Serve urgentemente un centro di prima accoglienza nella zona del porto. Ma si devono fare i conti con gli interessi di alcuni privati che vorrebbero fare affari affittando proprietà dismesse per l’ospitalità ai migranti: un vecchio albergo fallito, un ex-resort, o un convento sconsacrato”.

Le cose da fare sono tantissime: una di queste è stroncare il business. Forse ha ragione Giusi Nicolini, sindaca di Lampedusa, quando parla di tagliare le gambe agli sfruttatori -ed evitare ai migranti il dramma assurdo della traversata dopo quello delle torture nei campi libici- andando a fare l’accoglienza direttamente nei porti di partenza. Questo consentirebbe anche un migliore governo dei flussi in entrata. E poi aprire un canale umanitario con la Siria, da dove proviene una buona parte dei migranti, intere famiglie in fuga dalla guerra.

Un’altra cosa da fare è pretendere il coinvolgimento di Onu, Unione europea e Unione africana nella gestione della catastrofe umanitaria: il presidio dei confini sud del continente non può più essere una faccenda solo italiana, per quanto generosamente ed efficientemente gestita dalla missione Mare Nostrum (efficienza che, una volta sbarcati a terra, si dissolve).

Infine: spostare nel Mediterraneo la sede di Frontex, attualmente a Varsavia, o almeno aprirvi una seconda sede. Frontex (Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea), istituita da un decennio, rischia di diventare un baraccone burocratico da molti milioni di euro. Lo scorso ottobre a Frontex è stato affiancato Eurosur, sistema di sorveglianza delle frontiere terrestri e marittime. Secondo il relatore di Eurosur, il liberaldemocratico olandese Jan Mulder «solo con un sistema pan-europeo di sorveglianza delle frontiere saremo in grado di evitare che il Mediterraneo diventi un cimitero per i rifugiati che cercano di attraversarlo su carrette del mare, in cerca di una vita migliore in Europa. Per evitare che una tragedia come quella di Lampedusa accada di nuovo è necessario un rapido intervento». Ma al momento, niente di concreto.

Sempre tenendo ben presente che le vere cose da fare si chiamano pace, e giustizia, e sviluppo sostenibile, solidarietà, diritto all’esistenza, pari opportunità per le donne e gli uomini di questo pianeta.

Proprio domani il nostro governo affronterà la questione.

 

 

 

 

AMARE GLI ALTRI, economics, Politica Aprile 23, 2014

Emergenza migranti: Mare Nostrum potrebbe chiudere prima dell’estate

Pozzallo, Sicilia, domenica di Pasqua: un migrante eritreo bacia la terra appena, sbarcato in porto (foto di Stefano Guindani per Fondazione Francesca Rava)

A bordo di nave San Giorgio c’è il cervello di Mare Nostrum, coordinato dall’ammiraglio Mario Culcasi. La sala operativa ospita lo staff con i responsabili dei vari rami di attività, sempre strettamente interconnessi, dalla pianificazione al legal advisor. Scopo della missione è garantire la salvaguardia della vita in mare e assicurare alla giustizia chi lucra sul traffico umano.

Un po’ di numeri di Mare Nostrum, che ha appena compiuto 6 mesi e impegna 779 militari, oltre a Polizia, Guardia di Finanza, team dell’ufficio immigrazione, mediatori culturali e squadra di fotosegnalazione (l’attività di identificazione dei migranti comincia a bordo), affiancati da volontari come quelli della Fondazione Francesca Rava (contattabile qui). Insieme alla San Giorgio, che ospita anche un’infermeria attrezzata con sale chirurgiche e un servizio di telemedicina connesso all’ospedale militare romano del Celio, altre 4 navi (Espero, Aliseo, Cassiopea e Sirio) perlustrano ininterrottamente un’area di mare di 71 mila km quadrati (3 volte la Sicilia) con l’ausilio di elicotteri e  natanti per lo sbarco dei naufraghi. Sono impegnati anche velivoli della Marina e della Polizia dislocati a Catania e Sigonella, e un drone.

Dopo essere stati assistiti e rifocillati, e dopo una prima identificazione, i migranti vengono sbarcati in genere nel giro di 12-15 ore: Lampedusa si raggiungerebbe più velocemente, ma attualmente è chiusa agli sbarchi per lavori nel centro di accoglienza e sulle banchine. I migranti salvati sono stati 28 mila in 6 mesi (compresi quelli, circa il 25 per cento, recuperati dalla Gdf, da pescherecci e mercantili).Nel 10 per cento dei casi si tratta di donne. Un altro 10 per cento è costituito da minori, molti dei quali non accompagnati. 78 scafisti sono stati identificati e arrestati.

I migranti vengono imbarcati prevalentemente in Libia, ma anche in Tunisia, in Egitto e più raramente dalla Grecia e dalla Turchia. Provengono in gran parte dal Corno d’Africa, dall’Africa sub-sahariana e dalla Siria, da dove partono intere famiglie in fuga dalla guerra. I porti di sbarco sono prevalentemente Augusta (Sr), Pozzallo (Rg) e Porto Empedocle (Ag)

La missione è costata finora 54 milioni, 9 milioni al mese, interamente stanziati dalla Marina Militare Italiana. Secondo l’ammiraglio Culcasi il dispositivo è ben bilanciato, ma per garantirne la continuità servono nuovi fondi, soprattutto per il carburante e per la manutenzione delle navi.

 

L’ammiraglio Filippo Maria Foffi è il Comandante in Capo della Squadra Navale. Gli chiedo se Mare Nostrum durerà ancora a lungo.

Potremmo dover cessare le attività a fine giugno-inizio luglio, qualora l’Europa non si rendesse conto che lo sforzo che stiamo compiendo va condiviso (il che significherebbe la strage dei migranti, ndr). Quello dei migranti non può essere inteso come un problema italiano: stiamo controllando il confine sud del continente europeo, e stiamo salvando decine di migliaia di vite umane. Ma se avessimo dovuto attendere finanziamenti dedicati la missione non sarebbe mai partita, e dopo la tragedia di Lampedusa non potevamo più aspettare. Siamo orgogliosi del lavoro che stiamo facendo, e vediamo con soddisfazione crescere un’opinione pubblica favorevole. D’altro canto siamo anche perfettamente consapevoli di non costituire la soluzione ai problemi che sono all’origine di questi flussi: siamo l’aspirina, non la terapia. Alla base di queste grandi migrazioni ci sono crisi economiche devastanti e situazioni di guerra. Noi facciamo la nostra parte, ma il problema dei flussi deve essere affrontato e governato dalle Nazioni Unite, che a quanto pare tardano a mettere a fuoco soluzioni efficaci, insieme a organizzazioni regionali come l’UE e l’Unione Africana, allo scopo di mettere al sicuro centinaia di migliaia di esseri umani in mano a milizie che lucrano su questo traffico. Ci sono migranti che al momento di imbarcarsi esitano per il terrore di dover affrontare il mare aperto, ma vengono minacciati, picchiati e perfino torturati con elettrodi. Molti magistrati esperti di diritto internazionale ritengono che questa catastrofe umanitaria debba essere formalmente classificata come un capitolo della tratta degli schiavi, e affrontata con gli strumenti che si adottano in queste circostanze. Non è compito di Mare Nostrum, che è un dispositivo di sorveglianza e di salvataggio. Ho partecipato a riunioni di coordinamento con il governo e posso testimoniare una grandissima sensibilità sulla questione, con l’obiettivo di utilizzare l’imminente semestre italiano di presidenza UE per richiamare alle loro responsabilità sia l’Europa sia le Nazioni Unite. Mi conforta l’attenzione crescente dell’opinione pubblica e dei media internazionali: la Germania sta facendo documentari su Mare Nostrum, esempio della capacità italiana di essere ad un tempo “coraggiosi e buoni”. Non esiste al mondo una nazione che fa quello che stiamo facendo noi, con tanto entusiasmo e tanta dedizione, spingendosi fino a 400 miglia dalle coste della Sicilia”.

Interpellata a riguardo, Giusi Nicolini, sindaca di Lampedusa in prima fila da anni sul fronte migrazione, ha dichiarato al Corriere della Sera che “occorre un Mare Nostrum 2” a terra, “sulla terraferma e sulle due coste”, perché una volta che le navi sono attraccate con il carico di migranti “non c’è quasi niente oltre alle banchine”. E ha chiesto anche che le navi vadano direttamente a recuperare i migranti “nei porti di Tripoli o di altre città africane tagliando così il business dei trafficanti”.

Una medica volontaria della Fondazione Francesca Rava con un piccolo salvato