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bioetica

AMARE GLI ALTRI, bambini Luglio 1, 2014

Embrioni scambiati: di chi sono figli i figli

Avrei potuto intitolare questo post anche “Il potere risanante della relazione“. Oppure: “La fecondazione assistita non è uno scherzo“.

Il caso degli embrioni scambiati all’ospedale Pertini di Roma è destinato a rimanere negli annali della cosiddetta bioetica. A causa di un errore umano – e la scienza è costellata di errori umani-  c’è una donna che sta per dare alla luce i figli biologici di un’altra, un maschio e una femmina, impiantati per sbaglio nel suo utero. Per la legge -e anche per la donna che sta portando avanti la gravidanza- la madre è chi partorisce. Ma i genitori biologici di quei bambini si sentono, a dispetto della legge, la loro “vera famiglia“.

L’identità di entrambe le coppie è coperta dal segreto. I genitori biologici, donatori involontari, hanno tentato di mettersi in contatto con i genitori “surrogati”, che hanno fermamente rifiutato. Ora i primi si sono rivolti al Tar del Lazio per chiedere di poter conoscere il nome della donna che sta per mettere al mondo i “loro” bambini. “Siamo convinti” hanno dichiarato a Margherita De Bac del Corriere della Sera “che se ci incontrassimo, noi quattro e basta, senza gli avvocati, potremmo trovare una soluzione, chissà. Il dialogo è importante“.

Un bimbo a voi, uno a noi: se fosse una fiaba, la soluzione potrebbe essere questa. Forse i genitori biologici hanno in mente qualcosa del genere. La madre surrogata, oltre al dettato della legge, potrebbe opporre il fatto che gli embrioni hanno attecchito nel suo utero, cosa che magari nell’utero della madre biologica non si sarebbe verificata. E che in nove mesi di gestazione si instaura un fitto dialogo biochimico e psicologico tra la gestante e le creature (ditelo a chi pensa all’utero in affitto come mero contenitore).

Insomma, le questioni sono molte, e nessuna può essere rimossa.

Sbagliano i genitori surrogati a ritenere che sia sufficiente darsi alla fuga per cancellare ogni traccia di ciò che è avvenuto nella vita dei “loro” figli: la cosa c’è e ci sarà sempre, anche nel caso non venisse mai nominata (anzi, forse di più). E hanno ragione i genitori biologici a confidare nel dialogo: non tanto per congegnare soluzioni più o meno salomoniche e spartitorie, quanto per il fatto che in un caso come questo la relazione è davvero l’unica strada, ed è la soluzione in sé. Una relazione non solo per il qui e ora, non per trovare una via d’uscita, ma per trovare la porta d’entrata. Una relazione per sempre, con tutti i rischi, le complicazioni ma anche le gioie e il guadagno che ogni relazione comporta.

Ci sono loro quattro, ci sono anzitutto quei due bambini (il cui bene è la priorità assoluta): una relazione a sei, venuta al mondo per caso, che c’è già, e la cui esistenza non può essere negata.

Non sempre la strada più facile è quella giusta.

 

Aggiornamento domenica 27 luglio:

secondo la Consulta di bioetica “nessuna delle due coppie deve essere esclusa dalla vita dei figli”. E’ quello che ho detto qui. Intanto i genitori biologici fanno ricorso.

 

Corpo-anima, Donne e Uomini, questione maschile Luglio 28, 2012

“Non sempre ciò che vien dopo è progresso”

Titolo non mio, rubato ad Alessandro Manzoni. Ogni volta che vediamo la “Storia” tornare indietro la cosa ci appare come una sorta di tradimento. Come nel caso della rivoluzione khomeinista in Iran, per fare un esempio noto a tutti, inizialmente cantata da alcuni -non solo lì ma anche qui nel West- come superiore libertà (non stancarsi mai di leggere la splendida Marjane Satrapi: “Persepolis”, “Taglia e cuci”, “Pollo alle prugne”).

Nel cosiddetto “progresso” in realtà c’è sempre qualcosa che “va avanti” e qualcosa che “torna indietro”, se vogliamo metterla in questi termini. Il calcolo costi-benefici deve sempre essere molto attento.

Prevale invece un’idea stolida di progresso, inteso come staccarsi sempre di più dalla matrice, liberarsi dai vincoli costituiti dalla materialità dei corpi. Andare avanti sarebbe questo: procedere verticalmente, ascendere, via dalla carne verso un supposto spirito, intesi come separati.

Se tu, come nel caso dell’ultima discussione in questo blog, rallenti la corsa per fermarti a scrutare da vicino i fondamentali -per esempio il fatto difficilmente negabile che serve un utero per fare i figli, e che l’utero è una dotazione femminile-, allora non c’è dubbio, sei contro il progresso.

Se volessi davvero il progresso, allora aderiresti senza tentennamenti (anche solo il fatto di fermarsi a riflettere è sospetto) a tutto ciò che è reso possibile dalla scienza e dalla tecnologia (come se scienza e tecnologia fossero neutre e buone in sé), e quindi in particolare a ogni genere di manipolazione sul principio e sulla fine della vita.

Devi essere per forza a favore della donazione di gameti e dell’utero in affitto con sparizione del donatore (il bambino non può restare in relazione con la sua origine, così come sapientemente un tempo veniva tenuto in relazione con la balia che lo allattava, la relazione è tabù, l’individuo con i suoi “diritti” è tutto). Non devi avere dubbi sull’eutanasia, anche via disidratazione ed essiccamento del malato. Preferibilmente non devi avere nessun tipo di dubbio. Devi pensare maschi e femmine come uguali e perfettamente interscambiabili, senza tenere in alcun conto ciò che appare come differenza (il pensiero maschile, compreso Freud, si danna da millenni per riuscire a dire che cos’è una donna, quando la risposta l’avremmo sotto gli occhi: una donna è una che PUO’ essere madre, come dice Luisa Muraro). Devi affermare il “diritto ad avere un figlio” con chi vuoi, quando vuoi e come vuoi, anche se sei un maschio solo e di donne non ne vuoi sapere (“diritto” che nessuna etica e nessuna legge ha mai riconosciuto, né agli uomini né alle donne, non avendo alcun fondamento: leggere Mary Warnock, decana della bioetica, e in particolare Making Babies: Is There a Right To Have Children? testo del 2001). Siamo contro gli ogm e la riduzione della varietà delle specie viventi, ma per quello che riguarda i due sessi si deve militare per l’omologazione e la reductio ad unum, cioè al modello maschile, l’unico unum di cui disponiamo: il resto è l’eccentrico. Devi negare ogni statuto umano all’embrione, ed essere favorevole alla sperimentazione e al prelievo di cellule (e invece devi opporti a quell’orrore che è la sperimentazione su animali). E così via.

Se ti fermi a pensare, se ti arresti davanti a un dilemma, se prendi tempo, allora sei certamente antiprogressista, antimoderno, sessista. Sei un nemico da odiare e da abbattere. Sei perfino un po’ nazista: il dottor Mengele, come si sa, alle questioni etiche si dimostrò particolarmente sensibile.

TEMPI MODERNI Febbraio 14, 2009

SPERMATOZOI IN COMA

Da ragazzina mi ero molto appassionata alla bioetica. In Italia era un’assoluta novità. Andavo a seminari con Maurizio Mori e Salvatore Veca. Mi affascinava di poter trovare soluzioni morali e ad un tempo logiche ai dilemmi che si aprivano quando si mettevano le mani nella pasta della vita, “giocando alla divinità”.

Oggi vedo la bioetica come un moltiplicatore -e non un semplificatore- di problemi. La sua fiducia in una meccanica morale rigorosa, nell’orologeria perfetta dei diritti contrapposti, nella possibilità di rimontare in una sorta di vita ipertestuale quello che viene smontato nella vita di carne, finisce paradossalmente per autorizzarci a spingerci sempre più in là, bypassando i limiti naturali: quello che viene disfatto in natura può essere ricostruito in un iperuranio logico. Ma la perfezione della natura è tale da poter contenere in sé anche l’imperfezione e l’errore, mentre la bioetica non se lo può permettere: tutto deve filare via liscio, ogni nodo va pazientemente sciolto.

Voglio vedere adesso che cosa ne sarà del caso di quella donna di Pavia che chiede di essere fecondata con il seme del marito in coma, incosciente e in fin di vita. I medici stanno valutando. Per il prelievo del seme sarebbe necessaria la volontà esplicita dell’interessato, il quale non è in grado di esprimerla (ma, dico io, in qualche modo non sarebbe stato “in grado” neppure in vita: nessuno lascia mai volontà esplicite in questo senso). Il padre dell’uomo, che è stato nominato suo tutore, appoggia la richiesta della nuora, “garantendo” che il figlio così avrebbe voluto: nell’ambito delle relazioni familiari, non “bioetiche”, ma nella logica dell’amore, il caso sarebbe già risolto. Il rischio infine che l’uomo muoia prima che i medici abbiano deciso è molto alto: e in questo caso la legge parla chiaro, vietando il prelievo di liquido seminale da persona deceduta.

Se i medici confermeranno il loro no, il paradosso è che la donna potrebbe avere il figlio che desidera da qualunque sconosciuto (o rivolgendosi, all’estero, a una banca del seme) ma non dall’uomo che ama. Cosa che la legge giudicherebbe “giusta” -o quantomeno non ingiusta- ma che la ragione del cuore non comprende.

Ci toccherà dunque pensare a un testamento biologico ben più minuzioso, che non regoli solo la questione del “sondino” e delle terapie, ma anche quella della procreazione (perché non immaginare un marito che chieda di fecondare la moglie in coma…) e tutte le altre funzioni corporali? Ovviamente da riaggiornare ogni tot, come si fa il tagliando alla macchina. E’ questa la strada che intendiamo imboccare? O ce n’è un’altra? E quale?