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Donne e Uomini, Politica Luglio 24, 2015

Simone Weil e una nota economista: mia mamma

All’antipartitocrazia i partiti danno il nome di antipolitica o di populismo. Sbagliato.

L’antipartitocrazia è politica. In particolare con i partiti messi in questo modo, gruppi di interesse ormai privi di una “base”, impegnati a rappresentare unicamente le decisioni della finanza globale, il famoso uno che pretende di continuare a tenere in scacco i 99. La politica sta fuori di lì, fatte salve quelle poche persone di buona volontà, sempre meno, che continuano a lottare per cambiarli “da dentro”.

La politica reale, sempre più vicina alla politica femminile, sta nelle libere associazioni di cittadini intorno a qualsivoglia bene comune, materiale e morale, e sta anche nelle azioni delle singole e dei singoli che questo bene lo tengono a cuore nel loro vivere quotidiano.

Simone Weil, di cui qui ho già parlato, lo dice semplicemente così:

I partiti sono organismi costituiti in maniera tale da uccidere nelle anime il senso della verità e della giustizia… Il fine primo e, in ultima analisi, l’unico fine di qualunque partito politico è la sua propria crescita, e questo senza alcun limite... Ogni partito è totalitario in nuce… Se si affidasse al diavolo l’organizzazione della vita pubblica, non saprebbe immaginare nulla di più ingegnoso… La soppressione dei partiti costituirebbe un bene quasi allo stato puro… La democrazia, il potere della maggioranza non sono un bene. Sono mezzi in vista del bene”. (Manifesto per la soppressione dei partiti politici, Castelvecchi).

Aggiungerei alle considerazioni di Weil, la quale non era ancora arrivata a vedere tanto, che “il fine primo e, in ultima analisi, l’unico fine di qualunque partito politico è il mantenimento ad libitum delle rendite di posizione di chi ne fa parte, contro ogni senso di verità e di giustizia”. L’ho visto proprio bene, da vicino, e direi che anche qui stiamo sui 99 a 1: per quell’uno che crede generosamente in quello che fa e delibera, correndo anche il rischio di sbagliare, 99 considerano nelle decisioni unicamente o prevalentemente il proprio personale tornaconto, e sono guidati solo dal malsano terrore di non essere ricandidati e non vedere confermata la propria posizione. Me lo immaginavo, ma non in percentuali tanto alte.

E che cosa immagina Simone al posto dei partiti? In sostanza, libere candidature (oggi forse parleremmo di liste civiche), in cui “i candidati non direbbero agli elettori “Ho questa etichetta”… ma “penso tale, tale e tale cosa riguardo a tale, tale e tale grande problema”. Gli eletti si assocerebbero e si dissocerebbero secondo il gioco naturale e mobile delle affinità… Fuori dal parlamento, dato che esistono riviste di opinione (oggi potremmo parlare di associazioni, social forum etc, ndr), si creano intorno ad esse, in modo naturale, altrettanti circoli… Un esame attento non sembra lasciar intravedere nessun inconveniente di nessun tipo legato alla soppressione dei partiti”.

La lezione di Simone Weil, che è del 1950, è un indispensabile vademecum per tutti quei soggetti che oggi si pongono il seguente problema: come far arrivare la politica reale, le buone pratiche già viventi, gli interessi e le volontà dei cittadini e delle cittadine, portatori del nuovo mondo in gestazione, a pesare nella formazione delle decisioni pubbliche, visto che non vi sono più partiti a rappresentarli?

La strada è difficile, ma in buona parte già praticabile: organismi leggeri e biodegradabili che svolgano la funzione di mediatori e propagatori della politica già vivente. Perché, poniamo, una buona pratica sperimentata a Torino o a Bologna possa essere adottata anche ad Agrigento o a Cagliari, e viceversa. E perché i luoghi reali dove questa politica ha corso possano esprimere chi è più adatto a darne rappresentazione e renderla efficace portandola nelle istituzioni, con particolare riguardo alle istituzioni locali. Formazioni, quindi, che non si sovrappongano come “doppi” alla politica già vivente ma le diano modo di essere incisiva.

Una delle fatiche da fare è questa: convincersi del fatto che non si deve più pretendere di campare di politica, e di camparci per sempre, invertendo un processo che ha raggiunto il suo nefasto apice negli ultimi vent’anni. La politica non serve per campare la famiglia, semmai serve a far campare dignitosamente tutte le famiglie e pure i singoli, a ridurre il danno e a massimizzare i benefici per il maggior numero, a tutelare le creature piccole -i piccoli umani e delle altre specie animali e vegetali-.

Serve a testimoniare e a mettere da subito al mondo un mondo in cui, come dice una nota economista, mia mamma, “possiamo stare tutti benino“.

Politica Giugno 24, 2012

E allora meglio i partiti

Dunque, sempre tenendo d’occhio l’interessante vicenda CdA Rai leggo il resoconto di una delle associazioni delegate da Luigi Bersani a indicare due candidati. Suddetta associazione, è scritto, “autorevolmente” rappresentata da Mario Rossi, ha indicato il nome di…

Ora: io, come certo la grandissima parte di voi, quell’associazione l’ho sentita a malapena nominare. E Mario Rossi sarà pure autorevolissimo, ma non ho la minima idea di chi sia. Certamente non mi rappresenta, né rappresenta i cittadini italiani, perché nessuno l’ha mai delegato a farlo con un voto.

Ma qui si tratta di decidere in merito all’amministrazione e all’indirizzo di un’azienda pubblica, cioè pagata con i soldi di tutti.

Allora, mi dico, meglio i partiti. Che saranno pure corrotti e autoreferenziali, che saranno schifosi comitati d’affari, ma quanto meno ce li votiamo, di tanto in tanto. Quanto meno questa minima garanzia l’abbiamo.

Se non c’è questo siamo fuori dalla democrazia, siamo da un’altra parte. Se non c’è questo il rischio è che siano lobby, affari, personalismi, oligarchie, familismi. Non ho detto che le associazioni sono questo, tantomeno che lo sono le 4 associazioni interpellate da Bersani per una “consulenza”, ho detto che c’è il rischio che possano esserlo. Vale la pena di correrlo?

Qualche post fa dicevo che la Società Civile è un partito come gli altri. Errata corrige: può essere anche peggio degli altri.

 

Politica Giugno 19, 2012

Cda Rai: la Società Civile, partito come gli altri

Quello di società civile è un concetto che ci sta creando molte complicazioni. Anzitutto perché la cosiddetta società civile pretende di essere rappresentata dalle associazioni. E le associazioni, in questo Paese, sono in grande parte colonizzate dai partiti -o dalle lobby, e così via-, come tutto del resto, e non sempre rappresentano il bene pubblico

Abbiamo sotto gli occhi gli effetti di quello che sta dicendo. La Rai è un’azienda che chiede di essere amministrata. Sono soldi nostri, amiche e amici, oltre alla preziosa funzione educativa (o diseducativa).  Il Pd chiede ad alcune associazioni -scelte in base a criterio abbastanza imperscrutabile-di indicare due nomi, facendo un lodevole passo indietro, almeno in apparenza, rispetto all’invadenza del partiti nel servizio radiotelevisivo pubblico.

Da riunioni di ore e ore, da mediazioni su mediazioni, la cosiddetta “società civile” fa due nomi, Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi, entrambi implausibili: lo dice bene Gad Lerner. Mancano totalmente le competenze per amministrare. Quindi i curricula, che avrebbero dovuto dimostrare competenza oltre che indipendenza dai partiti (Tobagi è stata anche candidata nel 2009 nella lista civica a sostegno di Filippo Penati) non sono stati nemmeno presi in considerazione. Carta straccia. I criteri sono stati altri, e sono stati sbagliati. Il gioco si è giocato all’interno di quella politica che invece avrebbe dovuto starne fuori, con risultati piuttosto imbarazzanti. In particolare, molto peso nella scelta sembra avere avuto il “partito di Repubblica”.

Il caso Rai è emblematico, ma funziona così per tutto, anche per l’associazione dei pizzicagnoli. Lo sappiamo, è esperienza quotidiana. Quindi piantamola di raccontarci balle sulla società civile.

Anzi, aboliamo del tutto l’espressione. La Società Civile è un partito come gli altri. E’ necessaria la tessera e l’iscrizione. Come negli altri partiti, la competenza non ha alcun valore: ci vuole ben altro.

In attesa che i partiti ci si ripresentino nel 2013 truccati da Società civile, cominciamo a prendere le misure.

 

AMARE GLI ALTRI, economics, esperienze, Politica Luglio 2, 2011

Censimenti amorosi

Un post per i milanesi, posso?

Mentre i nostri assessori si accomodano definitivamente, fanno i loro amari conti sui budget, sistemano la macchina organizzativa, si preparano alla vera partenza di settembre, noi possiamo cominciare a lavorare. Io ad esempio vi propongo questo, in spirito amoroso per la città: un piccolo censimento, anzi due, e senza spostarvi da dove siete, da dove vivete e da dove lavorate, sui luoghi del cuore che avrebbero bisogno della nostra attenzione, e sulle realtà milanesi-associazioni e singoli- che stanno già facendo cose utili e originali per il bene comune. Due censimenti paralleli, quindi.

In ogni quartiere c’è un cuore pulsante o anche più di uno -una piazza, un giardino, una cascina, una villa, o anche un negozio, o un qualunque tratto  non particolarmente visibile agli occhi dei “foresti”- che rappresenta il suo centro energetico naturale, che esprime il genius loci, lo spirito di quella comunità. E non è raro che si tratti di luoghi degradati e fatiscenti, che avrebbero bisogno di attenzione e investimenti. Sarebbe interessante un’indicazione “dal basso” -detesto questa espressione, preferirei “di lato”- per costruire un registro di realtà “adottabili” da chi volesse fare un dono alla città.

Esempi a caso per capirci: l’alzaia del naviglio Martesana, a tratti ancora meravigliosamente selvaggia, “fiume” padre di vari quartieri cittadini; o i tunnel delle ferrovie in via Sammartini, che potrebbero diventare i nostri docks.

L’altro censimento, come dicevo, riguarderebbe i lavori volontari già in corso nei vari quartieri: un registro per valorizzare i progetti più interessanti e meritevoli di sostegno.

Con questi due registri in mano si potrebbero contattare potenziali “adottanti” e chiedere il loro investimento concreto, facendo incontrare il desiderio dei cittadini con quello di chi vuole fare uno dono alla città.

Quindi segnalate! C’è una città da fare!

 

AMARE GLI ALTRI, Politica Giugno 17, 2011

Dare al sindaco, non solo chiedere

la giunta di milano

I neoassessori milanesi saranno assediati da un nugolo di questuanti. Alcuni li ho visti aggirarsi già nel giorno del debutto nel cortile di Palazzo Marino. Gente mai vista, in questi mesi di passione, che passava direttamente all’incasso: soldi, finanziamenti, posti. Ma i soldi sono pochi, e quei pochi, come sta già dimostrando il sindaco Pisapia, saranno amministrati con rigore. La festa -per pochi eletti- in questa città è finita.

Vorrei dire al sindaco e ai neoassessori che non c’è solo gente che chiede, ma anche gente che è disposta a portare in dono. Che non pretende ma si protende per dare una mano in assoluta gratuità: idee, progetti e lavoro. Io ne conosco tanta.

Del resto molti tra i neoassessori e anche il sindaco hanno chiesto di non essere lasciati soli. Non si tratta solo di essere impauriti per l’immane lavoro che hanno di fronte, per tutto quello che c’è da fare e perfino da disfare. Si tratta di non volere intendere la responsabilità che hanno generosamente assunto come separata da quell’onda civica che li ha sospinti là dove ora si trovano, di non voler rinunciare a questa linfa vitale.

Il che è molto importante, è una politica della rappresentanza che resta aperta alla politica prima che c’è fuori,-quelle che chiamiamo associazioni, volontariato o anche semplicemente cura- o che addirittura ne riconosce il primato.

Questa apertura va capita bene: nessuno potrebbe lavorare con gente che ti fa le pulci a ogni passo. E’ un po’ come guidare -tante donne sanno bene quello che dico… – con uno che ti dice “frena”, “cambia” o “stai a destra”. La disponibilità a fare da “giunta diffusa“, diciamo così, non può sostituire la fiducia. Si tratta di trovare i tempi e i modi per rendere agevole questo pas de deux tra chi è dentro e chi è fuori.

Sul confine tra dentro e fuori penso che si possano edificare strutture agili e provvisorie, tende da campo, laboratori volanti che si diano da fare per collaborare con questo/a o quell’assessore/a, accompagnandolo discretamente ma efficacemente su questo o quel progetto, e così via. Credo che nasceranno parecchie di queste realtà-satellite -e alcune sono già operative- a formare una corona protettiva e produttiva intorno alla nuova giunta di Milano, sperimentando un modello che potrebbe essere buono per altre realtà locali e perfino per quella nazionale.

Quando si dice che Milano è un laboratorio politico si dice anche questo, si dice soprattutto questo, e non si parla semplicemente delle alchimie politiche come siamo abituati a intenderle. Perciò, quando ci guardate, tenete d’occhio soprattutto questo aspetto.

P.S. Una cosa però da chiedere l’avrei. Detesto le auto in generale, e quelle blu in particolare. Mi muovo quasi sempre con i mezzi pubblici, li amo -specie se funzionano- e mi piacerebbe vedere che chi ci governa fa a meno di quegli obbobri da sceicchi, che si fa volentieri due passi, una sgambata in bici o una corsa in metrò. L’assessore a piedi offre un ottimo simbolico.

 

 

 

AMARE GLI ALTRI, Politica Novembre 19, 2010

GIU' LE MANI DAL 5 X 1000

Nel testo della nuova “legge per la stabilità” di prossima discussione e approvazione in Parlamento, si limiterebbero a 100 milioni di euro i fondi da destinare al 5 x 1000 per il 2011. Oltre non rispettare la volontà dei cittadini che liberamente decideranno di versare alle associazioni destinatarie la loro quota del 5 x 1.000 con la prossima dichiarazione dei redditi, si tratterebbe di una riduzione del 75 per cento rispetto all’importo destinato nell’anno precedente, che va aggiungersi ai tagli al bilancio della cooperazione internazionale italiana, ai contributi alle istituzioni internazionali che si occupano di aiuti ai paesi in via di sviluppo, a quelli per la ricerca scientifica, universitaria e sanitaria.

Questi tagli colpirebbero le organizzazioni del terzo settore, oggetto di apprezzamento in Italia e all’estero e dunque motivo di orgoglio.  Associazioni come Emergency, Libera, Gruppo Abele, Greenpeace, Coordinamento Italiano Network Internazionali (ActionAid, AMREF, Save the Children, Terre des hommes, VIS, World Vision e WWF), Medici Senza Frontiere, Amnesty International – Sezione Italiana, Mani Tese, Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori Sezione Provinciale di Milano, UNICEF Italia, Comunità Nuova, Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus, Centro Nazionale per il Volontariato, Albero della vita, Volontariato Oggi, Bambini Onlus, UILDM Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, Fondazione Serena Onlus, Intervita Onlus, Fratelli dell’Uomo, Fondazione Roberto Franceschi Onlus, Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson, Associazione Italiana Parkinsoniani, FIAGOP Onlus, Associazione Dianova Onlus, Associazione Risveglio Onlus, Lav, Parada Italia, Fondazione Operation Smile Italia Onlus, Fondazione Ivo de Carneri Onlus, Global Humanitaria Italia Onlus, ACRA, Seacoop Società Cooperativa Sociale Onlus, FIAB Onlus Federazione Italiana Amici della Bicicletta, Più Vita Onlus, CAF Onlus, Associazione Amici di Brera e dei Musei Milanesi, CCS Italia, La Quercia Millenaria Onlus, Fund-raising.it, Scuole di Fund Raising di Roma, Insieme nelle Terre di Mezzo Onlus, Ai. Bi. Associazione Amici dei Bambini (prime firmatarie di una lettera appello alle nostre istituzioni rappresentative), che insieme a moltissime altre fanno la politica vera nel nostro paese.

Giù le mani dal 5 x 1000.