la giunta di milano

I neoassessori milanesi saranno assediati da un nugolo di questuanti. Alcuni li ho visti aggirarsi già nel giorno del debutto nel cortile di Palazzo Marino. Gente mai vista, in questi mesi di passione, che passava direttamente all’incasso: soldi, finanziamenti, posti. Ma i soldi sono pochi, e quei pochi, come sta già dimostrando il sindaco Pisapia, saranno amministrati con rigore. La festa -per pochi eletti- in questa città è finita.

Vorrei dire al sindaco e ai neoassessori che non c’è solo gente che chiede, ma anche gente che è disposta a portare in dono. Che non pretende ma si protende per dare una mano in assoluta gratuità: idee, progetti e lavoro. Io ne conosco tanta.

Del resto molti tra i neoassessori e anche il sindaco hanno chiesto di non essere lasciati soli. Non si tratta solo di essere impauriti per l’immane lavoro che hanno di fronte, per tutto quello che c’è da fare e perfino da disfare. Si tratta di non volere intendere la responsabilità che hanno generosamente assunto come separata da quell’onda civica che li ha sospinti là dove ora si trovano, di non voler rinunciare a questa linfa vitale.

Il che è molto importante, è una politica della rappresentanza che resta aperta alla politica prima che c’è fuori,-quelle che chiamiamo associazioni, volontariato o anche semplicemente cura- o che addirittura ne riconosce il primato.

Questa apertura va capita bene: nessuno potrebbe lavorare con gente che ti fa le pulci a ogni passo. E’ un po’ come guidare -tante donne sanno bene quello che dico… – con uno che ti dice “frena”, “cambia” o “stai a destra”. La disponibilità a fare da “giunta diffusa“, diciamo così, non può sostituire la fiducia. Si tratta di trovare i tempi e i modi per rendere agevole questo pas de deux tra chi è dentro e chi è fuori.

Sul confine tra dentro e fuori penso che si possano edificare strutture agili e provvisorie, tende da campo, laboratori volanti che si diano da fare per collaborare con questo/a o quell’assessore/a, accompagnandolo discretamente ma efficacemente su questo o quel progetto, e così via. Credo che nasceranno parecchie di queste realtà-satellite -e alcune sono già operative- a formare una corona protettiva e produttiva intorno alla nuova giunta di Milano, sperimentando un modello che potrebbe essere buono per altre realtà locali e perfino per quella nazionale.

Quando si dice che Milano è un laboratorio politico si dice anche questo, si dice soprattutto questo, e non si parla semplicemente delle alchimie politiche come siamo abituati a intenderle. Perciò, quando ci guardate, tenete d’occhio soprattutto questo aspetto.

P.S. Una cosa però da chiedere l’avrei. Detesto le auto in generale, e quelle blu in particolare. Mi muovo quasi sempre con i mezzi pubblici, li amo -specie se funzionano- e mi piacerebbe vedere che chi ci governa fa a meno di quegli obbobri da sceicchi, che si fa volentieri due passi, una sgambata in bici o una corsa in metrò. L’assessore a piedi offre un ottimo simbolico.

 

 

 

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