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Antigone

Donne e Uomini, Politica Settembre 29, 2013

Sovrane e libere dal potere

Ogni anno a Katmandu, Nepal, nel corso di una solenne cerimonia, la dea-bambina Kumari è chiamata a rilegittimare con la sua superiore autorità il potere del Presidente della Repubblica laica.

Non è raro che sia una fanciulla a incarnare l’idea di una sovranità ben più alta di ogni potere. Una vergine, ovvero non ancora compromessa con l’ordine simbolico maschile, capace di un’autorità che non è dominio e di una potenza che non è violenza. Come la “nostra” Maria, come Agata e le altre sante celebrate e blandite con processioni e “cannalore”.

Nel suo ardente “Sovrane” (il Saggiatore, pp. 238, € 18,00) la filosofa Annarosa Buttarelli ragiona su quest’altra idea di sovranità, ben più antica della potestas che ha orientato l’assolutismo monarchico e la democrazia rappresentativa. Idea che i riti, prevalentemente maschili, custodiscono e a un tempo esorcizzano: finita la festa, gabbate le sante, che sono rimesse a tacere.

Si tratta invece, a questo punto critico della storia del mondo, di onorare definitivamente il debito con le “sovrane” lasciandole parlare, e fare. Di intraprendere un nuovo inizio della convivenza umana che tenga conto della differenza femminile.

Si tratta di “ripartire dalle origini dei processi e, se queste origini si rivelassero infauste, trovare la forza e l’intelligenza necessaria per crearne altri differenti”. Cominciando con il “togliere definitivamente dalla rimozione ciò che è accaduto del 403 a. C. ad Atene”, anno e luogo di nascita della democrazia: ciò che lì fu rimosso è il due che siamo, uomini e donne ritenute “parenti acquisite” e rinchiuse nel privato. Non aver tenuto conto dei corpi e dei pensieri delle donne, e della fonte della loro autorità, è ragione di ogni altra ingiustizia, che non può essere sanata se non confidando in una “conversione trasformatrice”.

Nel saggio, scritto con arendtiano “amor mundi” e con l’intento di orientare l’azione politica qui e ora, molti esempi di sapienza al governo: Cristina di Svezia, Elisabetta I d’Inghilterra, Ildegarda di Bingen. Inaspettatamente, anche la derelitta Antigone: sovrana, lei? e di che cosa? In lei il principio di sovranità si mostra purissimo nell’amore radicale per una verità che esiste “da sempre: la vita con le sue leggi e la sua trascendenza, le relazioni di cui abbiamo bisogno per vivere e la condizione umana calata in un cosmo che impone spesso un suo ordine”. Antigone non contro la legge, ma sopra –sovrana-, nell’ordine di ciò che è “eterno, universale e incondizionato” (Simone Weil), immersa nel mistero della “struttura che connette”, come la chiamerà Gregory Bateson, e da cui la politica di oggi sembra voler prescindere.

La logica inclusiva della parità e delle quote, scrive Buttarelli, è ben poca cosa: la posta in gioco “non sono i posti di potere”, ma “la decisa dislocazione della sovranità dal potere. In particolare, le donne si mostrano estranee al concetto di rappresentanza, per affidarsi alla pratica delle relazioni reali. Portare la sapienza al governo significa portarvi questa competenza relazionale e attenersi in ogni atto al primato della vita.

Due esempi di questo governare che non è rappresentare: la vicenda delle operaie tessili di Manerbio, Brescia, che tra gli anni Ottanta e Novanta affrontarono la crisi della fabbrica rifiutando la rappresentanza sindacale e portando l’amore –tra loro stesse, per i loro prodotti, per chi li comprava- al tavolo di trattativa. E quella di Graziella Borsatti, sindaca a Ostiglia, Mantova, tra il 1991 e il 2004, che saltando l’astrazione della rappresentanza e mettendo in campo relazioni contestuali e concrete, fece della sua giunta e di tutta la città una “comunità governante”, orientata dal proposito di “disfare il potere e agire il benessere”: primum vivere.

Presentando “Sovrane” al Festivaletteratura di Mantova, Stefano Rodotà si è detto colpito dalla sapienza di queste pratiche, ha parlato di “fondazione di un pensiero” e ha ammesso di avere “imparato molto”. Gli rispondono idealmente, invitando a una nuova politica da subito, le parole con cui Annarosa Buttarelli chiude il saggio: “Se il meglio è accaduto a Brescia e a Ostiglia può accadere ancora, oggi e ogni volta che sarà necessario”.

(pubblicato oggi su La Lettura-Corriere della Sera)

AMARE GLI ALTRI, Donne e Uomini, leadershit Luglio 6, 2013

Antigone a #Gezyparki

Mentre quasi tutte le nostre politiche, salvo eccezioni (Laura Puppato, Valeria Fedeli e poche altre) tacevano sui tremendi fatti di piazza Taksim-Gezi Parki a Istanbul, la collega Monica Ricci Sargentini ha raccontato di una delle donne in piazza che ha detto ai poliziotti: “Fermatevi! Sono io che vi ho messi al mondo!”.

Quella donna, come Antigone, ha fatto irrompere un altro ordine in quella situazione di terribile disordine e di rapporti di forza. Ha richiamato gli uomini armati a una legge fondamentale e superiore, che agisce da sempre anche se non è scritta.

Non si è limitata a dire, come avrebbe potuto: “Fermatevi perché la legge non consente quello che state facendo”. Ha detto ben di più e di meglio.

Si è presa tutta l’autorità per stare sopra alla legge. Si è richiamata alla sua sapienza materna contro quel disprezzo della vita che vedeva intorno a sé. Si è riferita al primato dell’amore e all’inviolabilità dei corpi vivi come Antigone, che violando le leggi della città in nome di una legge superiore, addirittura a una legge che viene prima degli dei, si ostinò a dare pietosa sepoltura al cadavere del fratello Polinice.

Come anche Ilaria Cucchi e tutte quelle sorelle e madri di detenuti morti nelle carceri italiane e non solo italiane, che non si arrendono alla brutalità dei rapporti di forza e lottano per dare una sepoltura giusta ai loro amati.

Quella donna è l’esempio di un’autorità che non ha bisogno del potere, dispositivo difettoso e inventato ben dopo, perché fa riferimento a ciò che esiste da sempre: la vita, e l’interdipendenza tra noi creature umane.

Donne e Uomini, Politica Maggio 15, 2010

SANGUE CHE FA POLITICA

sangue-mano

L’essenziale della vicenda di Mariarca Terracciano lo dico qui sotto. Ma sento il bisogno di parlarne ancora, in libertà.
Dire che aveva un volto antico e bellissimo, come molte donne di Napoli. Che è stata una specie di Antigone, in lotta contro la vera legge della città (la legge dell’avidità e della corruzione, universalmente in vigore). Che la sua lotta è stata politica, con quella terribile invenzione linguistica del sangue. Il sangue che ci succhiate, il sangue che qui, a sacca, costa più che nel resto d’Italia. Il sangue di chi non riesce ad ottenere cure adeguate, perché ci sono vampiri che rubano, il sangue di Napoli, ferita aperta e infetta.
Forse solo una napoletana avrebbe potuto avere accesso a una simile forza simbolica. Ci vorrebbero Marotta-De Sica dell’”Oro di Napoli” per tradurre in parole e immagini il linguaggio tragico di Mariarca. Anche il suo sangue è oro di Napoli.

Archivio Luglio 24, 2008

NON SONO D’ACCORDO

Noto questo: che nei blog e nei dibattiti in generale, spesso le persone sprecano un sacco di tempo, di spazio e di energie per dire che non sono d’accordo. Tizio che non è d’accordo con Caio, il quale non era d’accordo con Sempronio, in una catena infinita di disaccordi.

Credo che sarebbe più proficuo occupare lo spazio -meno spazio possibile- e investire le proprie energie in modo pro-positivo. Dire semplicemente la propria sulla questione che si sta discutendo, aggiungendo argomenti, e non cercando di distruggere quelli degli altri. O semplicemente provare a raccontare qualcosa di interessante che è capitato, meglio se bello e luminoso.

Per esempio ieri sera, nel piccolo borgo ligure dove mi trovo, ho assistito a una commovente rappresentazione di “Antigone”. Gli attori non erano professionisti -tranne un paio, forse-, la tecnica non era perfetta, la dizione neppure, e di tanto in tanto un gatto si faceva una passeggiata sul palcoscenico. Ma tutti, pubblico e attori, erano talmente dispiaciuti per la sorte che ingiustamente toccava a quella povera ragazza, e indignati per la ferocia di Creonte, e commossi per la disperazione di Emone -un ragazzone in gonnella, con un forte accento ligure-, che Antigone era lì con noi, il suo spirito era vivo, la rappresentazione un’esperienza davvero catartica. Le prime rappresentazioni del testo di Sofocle non dovevano essere molto diverse.

E poi voglio offrirvi, stamattina, una pensiero di Etty Hillesum, su cui meditare:

“Quanto faccio è hineinhorchen (prestare ascolto: mi sembra che questa parola sia intraducibile). Presto ascolto a me stessa, agli altri, al mondo. Ascolto molto intensamente, con tutto il mio essere, e tento di immaginare il significato delle cose. Sono sempre molto tesa e molto attenta, cerco qualcosa, ma non so che cosa”.

Buona giornata a tutti.