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accordo

economics, lavoro Luglio 25, 2012

Idea Perugina: metà posto al padre, metà al figlio

Il Gruppo Nestlé ha proposto alle maestranze dello stabilimento di Perugia di fare entrare a lavorare con contratto di apprendistato i figli di quegli operai che accetteranno un part-time di 30 ore al posto del full time di 40. L’azienda ha parlato di “patto generazionale per favorire l’occupazione giovanile». Cgil dice no, e per domani annuncia scioperi e presidi: si divide il posto di lavoro in due senza garantire uno stipendio decente a nessuno. I lavoratori chiedono il rilancio del marchio Perugina e l’internalizzazione di servizi oggi affidati all’esterno.

Una volta, in alcune categorie, se non ricordo male qualcosa del genere era previsto: dentro il figlio e fuori il padre. Contenta l’azienda, che pagava uno stipendio più basso  e si portava “in casa” uno non del tutto sconosciuto, contenta la famiglia, che metteva “a posto” il ragazzo.

Vicini all’età pensionabile, con l’aiuto di qualche “scivolo”, molti padri e molte madri ci penserebbero, ne sono sicura: un posto per un figlio, di questi tempi, è come vincere al lotto. Un* accetta anche il downshifting anticipato, pur di levarsi quest’ansia.

Del resto, nel Paese del familismo e delle raccomandazioni, la pratica ha normalmente corso, si lasciano in eredità ben altri posti: figli di primari ospedalieri che diventano rapidissimamente primari, intere famiglie di docenti nella stessa università. Di sicuro, un sacco di lavoratori Perugina sono figli e nipoti di lavoratori Perugina.

Come abbiamo detto, i lavoratori non accettano l’accordo. Ma se fosse stato congegnato diversamente? Se offrisse maggiori garanzie? Insomma, quello che si rifiuta è il principio -la trasmissibilità del posto di lavoro- o la sostanza di un accordo economicamente poco vantaggioso?

L’idea Perugina sarebbe da copiare?

 

 

Archivio Luglio 24, 2008

NON SONO D’ACCORDO

Noto questo: che nei blog e nei dibattiti in generale, spesso le persone sprecano un sacco di tempo, di spazio e di energie per dire che non sono d’accordo. Tizio che non è d’accordo con Caio, il quale non era d’accordo con Sempronio, in una catena infinita di disaccordi.

Credo che sarebbe più proficuo occupare lo spazio -meno spazio possibile- e investire le proprie energie in modo pro-positivo. Dire semplicemente la propria sulla questione che si sta discutendo, aggiungendo argomenti, e non cercando di distruggere quelli degli altri. O semplicemente provare a raccontare qualcosa di interessante che è capitato, meglio se bello e luminoso.

Per esempio ieri sera, nel piccolo borgo ligure dove mi trovo, ho assistito a una commovente rappresentazione di “Antigone”. Gli attori non erano professionisti -tranne un paio, forse-, la tecnica non era perfetta, la dizione neppure, e di tanto in tanto un gatto si faceva una passeggiata sul palcoscenico. Ma tutti, pubblico e attori, erano talmente dispiaciuti per la sorte che ingiustamente toccava a quella povera ragazza, e indignati per la ferocia di Creonte, e commossi per la disperazione di Emone -un ragazzone in gonnella, con un forte accento ligure-, che Antigone era lì con noi, il suo spirito era vivo, la rappresentazione un’esperienza davvero catartica. Le prime rappresentazioni del testo di Sofocle non dovevano essere molto diverse.

E poi voglio offrirvi, stamattina, una pensiero di Etty Hillesum, su cui meditare:

“Quanto faccio è hineinhorchen (prestare ascolto: mi sembra che questa parola sia intraducibile). Presto ascolto a me stessa, agli altri, al mondo. Ascolto molto intensamente, con tutto il mio essere, e tento di immaginare il significato delle cose. Sono sempre molto tesa e molto attenta, cerco qualcosa, ma non so che cosa”.

Buona giornata a tutti.