Oltre ai numerosi libri che sto leggendo contemporaneamente -Gaetano Cappelli –Volare Basso, Alain Touraine-Il mondo è delle donne, Gabriella Cella-Reflessologia, Philip Roth-Il professore di desiderio, Michela Murgia-Accabadora, Claudio Risé-La crisi del dono, Barack Obama- Change: We Can, Believe In, più altri, per lavoro- ho cominciato a sfogliare Alessandro Amadori –Silvio, tu uccidi una sinistra morta (Aliberti). Wow, uno dei nostri argomenti preferiti!

Scrive Amadori “Al dilemma generale italiano (riassumo: l’Argentina, o il rilancio della nazione, ndr) se ne affiancano due specificamente politici. Quello del Pd è se sopravvivere oppure scomparire, mentre il dilemma di Silvio è questo: cogliere l’occasione offertagli dalla storia di entrare nella Storia tirando fuori l’Italia dal pantano in cui sembra sprofondata, oppure accontentarsi di essere stato il personaggio più originale e singolare comparso sulla scena politica dal dopoguerra a oggi”.

Quanto al Pd: “Il problema del Partito Democratico è principalmente un problema di cultura politica e di rappresentazione e narrazione della realtà… Vi è stata una frenetica ricerca del nome nuovo, della denominazione differenziale che desse l’impressione del cambiamento rispetto al passato, mentre strutture, persone e idee rimanevano sostanzialmente le stesse di prima… Non c’è stata alcuna evoluzione profonda nei sistemi di pensiero di molte delle persone che sono passate dal vecchio Pci al nuovo Pd. C’è stato un lavoro in qualche modo di mascheramento, di ricopertura, di modificazione più di forma che di atteggiamento e di contenuto… E’ sicuramente giunto per il centrosinistra il momento di rinunciare a questi residui dogmatismi (buonismo, razzimo etico, politicamente corretto, etc.) affrontando una volta per tutte il problema della chiarificazione e specificazione della propria piattaforma valoriale, non sulla base di una continuità implicita con la tradizione del passato e di un antiberlusconismo divenuto ormai dogmatico e barocco, bensì secondo un processo di autentica rigenerazione culturale che rimetta in sintonia il centrosinistra medesimo con le tendenze di fondo della società italiana”.

Cento pagine di librino per un pomeriggio di sabato, a cui gli antiberlusconisti ossessivi, anzi, mi piace, barocchi, possono aggiungere per una perfetta autocoscienza la lettura di La sindrome di Arcore di Giovanni Valentini (Longanesi). Ovvero quell’ “… impasto di ammirazione e invidia, di subalternità e sudditanza, di rispetto e timore che contagia trasversalmente amici e nemici, sostenitori e avversari… una dipendenza di cui siamo vittime più o meno inconsapevoli, una schiavitù da cui non riusciamo ad affrancarci… il berlusconismo ha finito per contagiare perfino i suoi avversari e oppositori”.

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