Ed eccoci qua: Standard and Poor’s ha deciso di tagliare il rating sul debito italiano, portandolo da “A+/A-1” ad “A/A-1”, con outlook negativo.

Il declassamento dell’Italia, spiega Standard and Poor’s in una nota, riflette le deboli prospettive di crescita del paese, la fragile coalizione di governo” ma anche “le differenti posizioni politiche all’interno del Parlamento” che continuano a “limitare la capacità del governo di rispondere in modo deciso alle sfide macroeconomiche sia a livello interno che internazionale”.

L”agenzia di rating boccia senza appello la manovra, che indebolirà ulteriormente la crescita e renderà molto più arduo il risanamento.
Restano le inefficienze del settore pubblico e la relativamente modesta attrazione di investimenti dall’estero, nodi che le autorità italiane appaiono “riluttanti” a risolvere.

Il programma di consolidamento dei conti pubblici non sarà facilmente raggiungibile per tre motivi: la debolezza economica dell’Italia; il programma di risanamento basato su un aumento delle entrate dal 2011 al 2014 che sarà difficilmente raggiunto in un paese già gravato da un’alta pressione fiscale; infine i tassi di interesse previsti in aumento.

Il governo resta «riluttante a affrontare i problemi» più importanti: mercato del lavoro rigido e tale da escludere troppe persone, settore pubblico inefficiente, protezionismo di fatto nei confronti degli investimenti esteri.
Ma il problema non sono solo il governo o la maggioranza. S&P’s registra il sabotaggio al cambiamento da parte di quasi tutti, che per gli analisti resta «la principale ragione di debolezza… istituzioni politiche, aziende in posizione dominante, gli statali, i sindacati del settore pubblico e privato bloccano la capacità del governo di agire».

L’agenzia registra l’opera d’interdizione in parlamento, in luglio, delle misure di liberalizzazione degli ordini professionali; quindi ricorda la fallita cessione di Alitalia a Air France a causa del veto dei sindacati. E conclude: «Non è chiaro cosa si possa fare per rompere il blocco fra queste istituzioni politiche e il governo».

L’unica, forse, è che salti in blocco tutta la classe dirigente. Che l’Europa ci mandi dei commissari, che blindi questo governo di incapaci mentre ci si prepara a un ricambio radicale. Che le piazze si riempiano per chiederlo con forza. Ormai è davvero questione di ore. Come nota Tito Boeri, c’è “una tassa aggiuntiva che paghiamo per ogni giorno in più in cui Silvio Berlusconi rimane a Palazzo Chigi”.

N.B. mentre si affonda il premier resta tutto preso dai suoi processi, dai suoi troiai e dai suoi party -mica vorrete che la sera non si diverta un po’, con tutti i dispetti che gli stanno facendo…- -quindi gli resta poco tempo per governare, e dà ad Angela Merkel della “culona inchiavabile” mentre l’Eurozona rischia di saltare, con effetti simili a quelli di una guerra. E il suo collega Bossi non smette di delirare sulla Padania.

Il New York Times consola gli americani: “Pensate all’Italia e a Berlusconi e tutto vi apparirà migliore”.

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