Se votassi il centrodestra -e non nascondiamoci: non lo voto- sarei entusiasta della candidatura di Bobo Maroni alla presidenza di Regione Lombardia. Avrebbero già dovuto candidarlo come sindaco per non perdere Milano: l’avevo suggerito, a suo tempo, ai miei pochi buoni amici di quella parte politica.
Maroni ha le carte in regola se non per vincere, impresa piuttosto disperata, quanto meno per minimizzare il prezzo che il suo schieramento dovrà pagare. Caduto sulla ‘ndrangheta, il centrodestra potrebbe almeno in parte rialzarsi affidandosi a un ex-ministro degli Interni che nella lotta alla criminalità organizzata ha ottenuto qualche risultato. E che saprebbe riaccendere l’orgoglio della Lega, bestia ferita ma ancora vigorosa (conosco la mia terra e la mia gente). Insomma, non l’en plein, ma un argine sicuro contro la disfatta.
Più debole la candidatura dell’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini, stimato dai moderati, un po’ troppo milanese per infiammare la riscossa. Ma anche lui non da sottovalutare.
A quanto pare il centrodestra sta valutando di organizzare primarie di coalizione (Maroni dice sì, certo di vincere). Ragione in più per non evitare quelle del centrosinistra: io sarei per un primarie day il 25 novembre, politiche e regionali in un colpo solo. Non credo che convenga saltare questo passaggio: i lombardi -noi lombardi- hanno molta voglia di scegliersi il presidente.
Vediamo i nomi che girano: Umberto Ambrosoli, avvocato penalista e giovane uomo degnissimo, riservato figlio dell’eroe borghese Giorgio Ambrosoli, più anti-Formigoni di lui non sembrerebbe esserci. Ma lui oppone -il che lo rende ulteriormente degno- la sua inesperienza della macchina amministrativa e del sistema Lombardia: già rifiutò la candidatura a sindaco. Non sembrerebbero schermaglie. Vedremo. Bruno Tabacci: candidatura debolissima. Già un trentennio fa vicepresidente di Regione Lombardia e oggi assessore al Bilancio nella giunta Pisapia, Tabacci è percepito come “vecchia politica”. Difficile che possa interpretare il grande desiderio di rinnovamento. Alessandra Kustermann: fantastica medica, primaria alla clinica Mangiagalli, esperta del sistema sanitario, grande e antico lavoro a fianco delle donne, in particolare sul tema della violenza. Potrebbe catalizzare l’attenzione dell’elettorato femminile. Anche lei, come Ambrosoli, favorita dalla provenienza dalla cosiddetta “società civile”, ma penalizzata da una notorietà prevalentemente cittadina, e il tempo per farsi conoscere è poco. Un buon piazzamento in eventuali primarie la indicherebbe come possibile -e auspicabile- assessora alla Sanità, posizione chiave in Lombardia. Maurizio Martina, segretario del Pd lombardo: una candidatura troppo interna e di “apparato”. Fuori dal Pd, Martina è poco conosciuto, e il “fuori Pd” oggi elettoralmente pesa molto. E infine -almeno a oggi- il consigliere regionale Pippo Civati, coetaneo di Ambrosoli, percepito dall’opinione pubblica come “rottamatore buono”, un pezzo di strada condivisa con Renzi prima di un definitivo divorzio, capace di muoversi con disinvoltura sul territorio mediatico virtuale -è piuttosto noto alla platea televisiva nazionale-, ma anche suole consumate in un intensissimo lavoro sul territorio reale: la Lombardia, e non solo quella, la conosce palmo a palmo. E i lombardi conoscono lui. Praticamente come Maroni.
Mi pare che la scelta vada fatta anche in funzione del competitor che ci si troverà davanti.
Io la mia l’avrei fatta. Sperando che mi sia consentito esprimerla.