Chi a questo mondo, se non lui? Mani finalmente libere, al suo secondo mandato Barack Obama torna a essere Barack Obama, quello che nel suo “gospel” di Chicago, il giorno della sua elezione, prometteva: “A quelli che vorrebbero distruggere il mondo semplicemente dico: vi sconfiggeremo”.

Il suo attacco a Standard & Poor’s, colosso del rating accusato di aver sopravvalutato alcuni titoli immobiliari -fatto decisivo nella crisi dei mutui subprime del 2008, miccia della crisi globale- può anche essere letto in questo modo: come il primo attacco frontale della politica al cuore della finanza internazionale, intesa come nemico del mondo. Come la prima altissima sfida, fortissimamente simbolica, a quel sistema dei 99 a 1 costruito sulle menzogne: prima fra tutte, madre di tutte le bugie, che non vi sia altro sistema per regolare la convivenza umana. Che alle leggi della “necroeconomia”, che hanno preso il posto di Dio e dell’Assoluto, il mondo non possa sfuggire, nemmeno quando quelle leggi lo mettono in ginocchio. Lo diceva già John Maynard Keynes, padre della macroeconomia: «Saremmo capaci di fermare il sole e le stelle perché non ci danno alcun dividendo».

Il clamoroso gesto di Obama finalmente buca la scorza, offre un modello alla politica globale, porta la voce di Occupy Wall Street alla Casa Bianca, riapre la speranza in quel cambio di paradigma che in tanti attendiamo, e che poi non è altro che questo: poter smettere di pensare al mondo come mercato per ricominciare a vederlo come l’ambiente domestico, la casa di sette miliardi di umani, tutti ugualmente bisognosi e interdipendenti.

Era il gesto di cui avevamo bisogno.

 

 

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