Ora, il mio massimo di non-trasparenza credo di averlo erogato.

Da giorni si sapeva quello che oggi ha scritto Il Fatto Quotidiano, ovvero che la famosa lettera disdetta dell’affitto inviata dalla compagna di Giuliano Pisapia al Pat non era roba di mesi fa, ma solo di pochi giorni fa, e precisamente dello stesso giorno -16 febbraio- in cui il Garante della Privacy aveva dato il suo ok alla pubblicazione dei nomi degli affittuari. Una cosa in extremis, dunque, serie effetto T.I.N.A.: There Is Not Alternative. Io l’alternativa l’avevo. Potevo scrivere quello che sapevo, e invece non l’ho fatto. Non ho avuto voglia e cuore di assumermi questa responsabilità, anche se sapevo che la cosa sarebbe uscita, questione di ore -infatti-, e avrebbe fatto male.

Mi sono limitata a chiedere trasparenza, convinta che sarebbe stato meglio giocare d’anticipo. E vi do una notizia, anzi, una pessima notizia: chiedere trasparenza è percepito da molti come insubordinazione, oltraggio, disfattismo, etc. Anche se provi a spiegare che c’è il web, che la casa è di vetro, e tutto quello che non dici ti ritornerà addosso come un boomerang.

Nel merito della cosa: la vicenda Cinzia Sasso/Pat è e resta spiacevole, non devono esserci super-cittadini e cittadini semplici, le regole devono valere per tutti, e le regole agevolate non sono una bella cosa. La gente si arrabbia molto su questo, e ha del tutto ragione. Ma è la gestione della vicenda che lascia molte perplessità: le cose andavano dette tutte, con semplicità seppure anche con il necessario rammarico, in un colpo solo e non a spizzichi e bocconi, e senza lasciare ombre.

Perché invece gridare assurdamente al fango? Perché parlare di una disdetta di due mesi fa, quando le cose non sono andate così? Perché aspettare fino all’ultimo, insinuando giocoforza il sospetto che se il Garante della Privacy non avesse consentito la pubblicazione dei nominativi, quel bell’affittino lo si sarebbe tenuto? Scrive bizzarramente nella lettera Cinzia Sasso, e suona come un’excusatio non petita: “Preciso che è da tempo che intendevo definire la pratica che mi riguarda, e che non mi è più possibile aspettare”: ma chi l’ha costretta ad aspettare? La disdetta si dà con una raccomandata A.R.: e non risulta che gli uffici postali respingano chi intende inviare raccomandate.

E ancora: a che serve risparmiare qualche centinaio di euro d’affitto, quando si ha la fortuna di godere, com’è il caso di Pisapia, di redditi professionali molto alti? Non suona come un po’ sprezzante nei confronti di chi, e ne conosco davvero tanti, per mettere insieme i soldi dell’affitto è costretto a pesantissime rinunce? Non autorizza a pensare che si ritenga di fare parte di una casta privilegiata che non corre mai il rischio di essere scoperta? Essendo stato Pisapia parlamentare, e parlamentare di Rifondazione Comunista, non avrebbe dovuto trovare imbarazzante quell’affitto della sua compagna già ben prima di candidarsi sindaco? Non prescriverebbe questo, una coscienza improntata alla giustizia sociale?

E -domanda delle domande- che cosa c’entra tutto questo con il centrosinistra? Perché mai dovrebbe pagarlo il centrosinistra?

Oggi esce anche la notizia ben più grave del loft del figlio della sindaca Moratti, che si è trovata regolarizzata dal PGT la trasformazione in residenza di una grande edificio industriale di sua proprietà. Vicenda attuale e ben più seria di quella che riguarda Pisapia, vero. Una trave contro una pagliuzza. Ma la pessima gestione della vicenda Sasso-Pat ha fatto diventare quella pagliuzza una trave. Ed è davvero strano che non si comprenda il fatto che a fronte di un centrodestra dilaniato dagli scandali e dalla corruzione, il centrosinistra non ha che una possibilità: quella di presentarsi senza macchia. O se una macchia, anche piccola, c’è, di smacchiarla al più presto, dandone ragione nel modo più trasparente.

Le cose non sono andate così. Il danno c’è stato (2 punti percentuali persi, secondo le prime valutazioni) e oggi si è ulteriormente aggravato: vedremo i sondaggi, ma il centrosinistra non ha ragione alcuna di aspettarsi qualcosa di buono. La storia gioverà al fronte dell’antipolitica, questo e certo, e forse a quel Terzopolo che oggi ha presentato il suo candidato sindaco in Manfredi Palmeri. Gli indecisi si sentiranno ulteriormente sballottati, la sfiducia crescerà.

Ma consentitemi una domanda –visto che sono stata poco trasparente prima, e me ne pento, adesso mi tocca dire con sincerità come la penso-: è vero, ci sono state le primarie, si è indicato un candidato, e questo candidato ha raccolto il sostegno di tutti; è vero, costruire un’ipotesi unitaria -oddio, le liste saranno almeno 8- non è una cosa facile, le alchimie politiche sono complicatissime, quello che capita a Milano non può prescindere dagli equilibri romani, anche se spesso è stata Milano a dare il la alla politica nazionale. Insomma, tutto questo è vero: ma se un candidato, per sfortuna, per leggerezza, per sbadatezza o per errore si è messo nei guai, e se i suoi guai o quelli della sua compagna rischiano di inguaiare tutto quanto il suo schieramento politico, che forse non se lo merita, e di seminare incertezza in molti dei cittadini che quello schieramento l’avrebbero sostenuto volentieri o che magari stanno già lavorando attivamente allo scopo; se la difesa della sua compagna rischia di entrare in rotta di collisione con gli interessi della città che si candida a guidare, sarebbe del tutto implausibile valutare l’ipotesi che quel candidato responsabilmente chieda al suo schieramento se è il caso che sia  lui ad andare avanti, visto che tutti siamo utili e anche utilissimi, ma nessuno è indispensabile? Non potrebbe provarci qualcun altro a rimettere faticosamente le cose in carreggiata, visto che si sta rischiando di finire fuori strada?

Insomma, come ho titolato, e duramente, mi rendo conto: è ancora il caso che si chieda ai milanesi di centrosinistra di mourir pour Pisapia?

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