L’immagine non devo andarmela a cercare. Sta lì, orgogliosamente in bella vista sul wall Facebook di un accreditato Libero&Uguale, ed è davvero impressionante: maschi, quasi solo maschi, giacche e giacconi, cravatte, calvizie, liberi non so, ma certamente sempre uguali. Il solito ammasso separatista di uomini che si stringe intorno al nuovo leader non esattamente scelto “dal basso”, secondo la retorica pop, ma direttamente paracadutato dall’alto della seconda carica dello Stato, la Presidenza del Senato.

Non se ne sono accorti, mi dico? E’ un immagine dell’assemblea fondativa di Liberi&Uguali all’Atlantico Live di Roma, e sembra la fotografia di un congresso politico non dico dell’Iran, ma dal più tetro immaginario sull’Iran. Uomini, uomini, uomini. Nemmeno il tempo di un frettoloso pinkwashing ultim’ora. E dài, tutto sommato meglio così, almeno le cose sono chiare. Maschi quelli che hanno contratto il patto -gli piace così, farlo fra soli uomini-, maschile il metodo tavolinesco di costruzione del nuovo partito, maschile il sentiment che coagula i frammenti sparpagliati -fare fuori in tutti i modi il maschio alfa o l’ex-maschio alfa Matteo Renzi-, maschile la frustrazione di sapere che non governerai mai e che dovrai spartirti una fetta troppo piccola perché ce ne sia davvero per tutti. E quando il gioco si fa duro, le donne tornano a essere fatalmente una “questione” solo secondaria, o meglio “una rottura di coglioni” da affrontare solo in seconda battuta in chiave TINA (There Is No Alternative).

Anzi, un “oltreché”: nel più classico stile tacòn pegio del buso, il giorno dopo si corre goffamente ai ripari visto che eminenti femministe -si scomoda perfino Alessandra Bocchetti- si incazzano tutte all’unisono. Guardate che ci saranno anche le Libere&Uguali, assicura Pippo Civati al Manifesto, speriamo Boldrini si decida. “Per prima cosa, fondamentale, è mettere nel simbolo il femminile: “Libere e uguali” oltreché Liberi, stessa dimensione e stessa evidenza per motivi di #uguaglianza e parità”, twitta Possibile, uno dei partiti che danno vita all’impresa. Se la lingua non è un’opinione, si sta dicendo che l’umanità Libera&Uguale è maschile, ma c’è anche un oltre (un eccedente, perfino un eccentrico) femminile, che sta un po’ più in là e al quale benevolmente si apriranno le porte. Una novità aristotelica, direi, in diretta dalle origini del patriarcato.

Ora, poiché non sono affatto cretini, Civati, Fratoianni, Speranza e compagnia cantante -D’Alema probabilmente un po’ meno- sanno benissimo che non puoi presentarti al mercato elettorale come un football club. Perfino dal coro delle loro compagne deluse si eleva il lamento sugli “uomini che fanno le prime donne” (Rosa Fioravante), la segretaria di Sinistra Italiana di Modena, Alessandra Di Bartolomeo, promette “non saranno due -i a farci rimanere in disparte”. Ma se i posti, faccio un numero a caso, saranno 5, e i maschi da piazzare sono 10, non si scappa: o qualcuno di questi maschi fa un galante passo indietro, o il football club resterà un football club, hai voglia a piazzare donne nelle liste in posizione inoffensive e di non eleggibilità garantita(speriamo ci caschino in poche). 

Il paradosso è che proprio la sinistra si presenti agli elettori come una forza machista, il che è la quintessenza della sua debolezza. O la capiscono una volta per tutte che se c’è una “questione” è quella maschile, che il tema della cittadinanza femminile non è “una gran rottura di coglioni” ma precisamente la cosa da cui si deve partire, e sto parlando di agende politiche, sto parlando di metodi, di stile di lavoro e così via, sto parlando della differenza costituita dalle donne, altro che asterischi e cazzate varie, sto parlando per esempio di Naomi Wolf che oggi scrive di cura ed è precisamente di questo che il mondo ha bisogno, mentre loro stanno a scannarsi su chi rientra e chi invece sarà trombato; bene, o capiscono questo o non andranno da nessuna parte.

Faranno la parte dei pleistocenici, Wilma dammi la clava eccetera, mentre le forze conservatrici e di destra, potendo contare su un piatto certamente più ricco oltre che su una maggiore confidenza con i meccanismi di mercato, alle donne offriranno posizioni e visibilità, e porteranno anzi l’unica leader in competizione. E anche l’odiato Matteo e il suo Pd si presentano senz’altro come più moderni e women friendly.

Se a tutto questo aggiungiamo una spolverata di Nichi Vendola, non amatissimo dalle cittadine in quanto eccellente testimonial della maternità surrogata, pratica invisa a oltre il 70 per cento degli italiani, e in particolare delle italiane (vedi sondaggio recentemente realizzato dalla rete femminista 1 ottobre), be’: siamo all’en plein.

Auguri. L’ennesima occasione buttata via.

 

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