Ieri l’abbraccio tra i Pd brothers Bersani e Renzi in casa dello sconfitto, a Firenze.
Matteo Renzi si sta comportando benissimo nel dopo-partita, dando il meglio di sé e senza recriminare: è giovane, guarda più in là, il mondo è suo. Anche il tour della lealtà che farà a sostegno di Bersani nelle regioni in bilico, qui in Ohio, in Veneto, in Campania, eccetera, è un ottimo investimento sul futuro.
Ma le primarie sono finite, quell’abbraccio ha un che di malinconico, e non può rilanciare gli entusiasmi. I sondaggi registrano il colpo accusato per il caso Monte dei Paschi, vicenda che ci accompagnerà fino al gong del 24 febbraio. Sono in arrivo le killer application di Monti e Berlusconi, e Beppe Grillo (in crescita: qualcuno lo dà terzo partito al 18 per cento) farà il botto finale con un comizio a Roma, San Giovanni, piazza storicamente comunista, e poi diessina e infine democratica: evento dal forte carico simbolico. Se il trend è questo, l’ago della bilancia, altro che Monti, sarà il Movimento 5 Stelle, e con questa possibilità è bene cominciare a fare i conti.
Tutto fa ritenere che il Pd debba duramente impegnarsi per contenere le perdite. Le liste sono quelle che sono, “società civile” ce n’è poca, troppe scelte cosmetiche, troppi parenti e amici, c’è voluta una mobilitazione perché i garanti estromettessero alcune candidature dubbie, i “vecchi” sono rientrati quasi tutti (e per parte di quelli lasciati fuori si prospetta un incarico in un futuro eventuale governo Bersani) e spesso sono presuntuosamente gaffeur (Finocchiaro e le bidelle). I “giovani” si stanno vedendo poco, e non suscitano grandi entusiasmi: Fassina non è certo Renzi, la sua aria sofferente e insofferente non aiuta. I “civici” in tv non passano, e in questa campagna la tv continua a pesare molto. Il programma politico non è autoevidente, manca una narrazione precisa e convinta che renderebbe tutto molto più chiaro. O meglio: forse c’è, ma non si vede.
Un andamento che sta deludendo anche molti bersaniani alle primarie: il senso è quello di un passo incerto, claudicante, e di un tono bipolare (tra certezza della vittoria e terrore, maniacale senso di superiorità e autostima sottozero). Di un Bersani almeno in parte impedito dal gioco delle correnti.
Mancano appena tre settimane, e il potenziale rovinoso della vicenda Mps (in arrivo gli avvisi di garanzia) può essere contenuto solo, omeopaticamente, dando il senso di una restituzione del maltolto:
• impegno per una drastica riduzione dei costi della politica condotta con mano ferma: rinuncia al finanziamento pubblico, abolizione delle province e di tutti gli enti inutili, dimezzamento del numero dei parlamentari, riduzione di stipendi, indennità ed emolumenti, tetto alle spese -i 124 milioni per tenere in piedi la Camera nel 2012 sono intollerabili- e così via, sapendo bene che con ciò non si diminuisce il debito, ma certamente si aumenta la fiducia
• adozione di una legge anti-evasione rigorosissima, eventualmente sul modello americano: le buone leggi ci sono già, basta importarle. Piano per una riduzione graduale delle aliquote in corrispondenza dei maggiori incassi
• nuova legge elettorale (anche perché secondo la gran parte degli osservatori la legislatura non durerà , e il tema del voto si riporrà a breve)
Il tutto nei primi 100 giorni.
Si potrebbero fare tante altre cose, ma queste tre, a me pare, sono decisive.
Questa è la killer app che consiglierei.