La cosa è piuttosto imbarazzante. Vittorio Zucconi racconta sulla Repubblica di oggi che il traguardo è stato raggiunto, e negli Stati Uniti metà dei lavoratori sono donne -stiamo parlando del lavoro retribuito, sia chiaro: il lavoro in senso lato è da sempre una faccenda ben più femminile che maschile-. Qui da noi ancora non ci siamo, ma ci saremo presto, nessun dubbio. Quindi niente lagne.
Le signore dunque lavorano tanto quanto gli uomini -di più-, e vengono retribuite come gli uomini -di meno-. Ma quando si tratta di prendere decisioni restano fuori dalla porta, qui come negli Stati Uniti (anche se qui molto di più). La cosa imbarazzante è questa. Oggi tutto ciò che è femminile è oggettivamente attraente, anche perché dalle tasche delle signore passa un bel po’ di denaro, e sono loro a decidere come spenderlo. Per questo, anche quando si tratta di imprese femminili o di business rivolti alle donne, e anzi sempre di più, gli uomini pretendono di tenere il pallino, di stabilire le regole, di decidere, di comandare, e naturalmente di intercettare gran parte del flusso dei soldi, perchè alla fine quello che conta è questo. Il piatto femminile è ricco, e io maschio mi ci ficco.
Di qui si possono trarre almeno due conclusioni: a) se il lavoro è sempre più femminile -o femminile tout court, se è vero che la gran parte dei nuovi posti vengono occupati da donne- allora oggi siamo noi donne a dover decidere che cos’è il lavoro, come va organizzato, in quali modi, in quali tempi, con quali obiettivi, e così via: non è questione di conciliazione, ovvero di supportare le donne perché possano adattarsi a un’idea maschile del lavoro, si tratta proprio di cambiare l’idea del lavoro, e che siano le donne a farlo; b) se questo non avverrà in tempi ragionevoli, si tratterà di ricondurre i conflitti sul lavoro, destinati inevitabilmente ad acutizzarsi, al più generale conflitto tra i sessi; si dovrà avere il coraggio di dargli questo nome, care le mie amiche manager, e agire di conseguenza.
A ciò aggiungo una terza considerazione. Da molti anni, per passione e per professione, osservo come vanno le cose tra le donne e gli uomini, e credo di poter dire questo: che tra i grandi poteri, solo la Chiesa, al suo livello più alto, mostra di voler leggere fino in fondo quello che sta capitando, prestando ascolto, almeno intermittente, a quello che le donne hanno da dire sul mondo –mentre la politica resta brutalmente e opportunisticamente sorda-. Sarebbe il momento che questo ascolto si facesse più continuativo e intenso, e il sostegno più esplicito.