Mentre ci rimbambiscono con il dibattito sulla legge elettorale (la settimana che si apre è decisiva, oggi si vedono gli sherpa, etc etc), il buzz politico sembra affievolirsi. E’ agosto, siamo stanchi, veniamo da una settimana di superspread, Ulisse ci ammazza, più i vari guai personali. Ma come hanno sempre saputo più di tutti i radicali, agosto è un mese cruciale per la politica italiana. Noi diventiamo corpi stolidi, preferibilmente immersi in acqua, schiantati per giorni sotto le paglie a mangiare parmigiana, l’unico buzz quello delle cicale. Loro si preparano alla riapertura decisiva di settembre, e al 2013 della svolta: in che direzione è la questione in oggetto.

Il moto civico sembra rallentare, tirarla in lungo con la legge elettorale è anche questo: sfiancare l’iniziativa, infiacchire ogni baldanza, intorpidire i riflessi, ingenerare confusione, spezzare le reni a chi si è fatto illusioni di cambiamento, lasciarti lì a bagnomaria finché non sarà troppo tardi per qualunque “altra” cosa. Più o meno passivamente prenderemo atto delle loro decisioni, l’energia del cambiamento sembra rallentare e rifluire come un’onda. Loro in questo confidano. Sembra che siamo tornati a quella che Giuseppe De Rita (lo cito spesso: la sua intelligenza delle cose per me è una festa) chiama la nostra “flemma”, anzi “un mix di flemma ben visibile e d’orgoglio ben nascosto”.

“La flemma ci viene da antiche propensioni: alla sdrammatizzazione dei toni; all’adattamento come scelta strategica; alla permanenza di uno scheletro contadino che sa come vivere le avversità; ed anche al fatalistico «non fasciarsi la testa prima di cadere ». Ma è anche una flemma che riposa sul fatto che dal ’45 in poi questo sistema ha superato prove di enorme gravità; ha sempre mostrato una eccezionale tenuta sia alle crisi interne sia a quelle esterne; ha coltivato il primato dell’economia reale nei comportamenti dei suoi tanti soggetti di sviluppo; ha potuto contare per decenni su una grande coesione (nella dinamica fra gruppi e classi sociali, nei territori, nel micro delle relazioni umane). E si capisce allora come la relativa sdrammatizzazione dell’attuale crisi non sia un eterno ritorno della rimozione da scetticismo, ma sia piuttosto un silenzioso orgoglio di non esser poi così male in arnese come altri amano descriverci”.

Il fatto è che questo nostro “orgoglio ben nascosto” spesso si manifesta tutto d’un colpo e tutto insieme. Loro lo tengano ben presente e non si fidino troppo dell’attuale risacca. Che potrebbe essere solo un momentaneo ritiro dell’onda prima della frustata definitiva.

Non è che abbiamo scherzato.

 

 

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