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legge elettorale

italia, Politica, questione maschile Luglio 13, 2015

Lo “sgarro” di Emiliano alle donne di Puglia

Salvatore Negro, macho-assessore pugliese al Welfare. Le associazioni femminili chiedono che Emiliano gli revochi il mandato

Mi dicono che anche in Puglia si usa dire “sgarro”. Quindi uso questo termine per qualificare la scelta di Michele Emiliano, presidente di quella regione, che ha deciso di affidare l’assessorato al Welfare a un signore, tale Totò Negro, Popolari, molto noto per la sua strepitosa misoginia politica, vero campione della questione maschile che tiene paralizzato il nostro Paese. Il fatto è che l’assessorato al Welfare è quello che gestisce gli organismi di parità, il garante di genere e attua le politiche di conciliazione. Ora, si può anche discutere se tutto questo armamentario istituzionale sia effettivamente utile per migliorare la condizione delle donne pugliesi, ma non c’è alcun dubbio che l’eventuale speranza è vanificata dall’incarico al signor Negro.

Il quale, quando qualche tempo fa molte associazioni di donne raccolsero 30 mila firme in tre mesi perchè nella legge elettorale si introducessero meccanismi correttivi come la doppia preferenza di genere, le liste 50/50 e l’inammissibilità delle liste che derogassero a questi principi, fu tra i più attivi propugnatori del voto segreto (qui come andò) richiesto unicamente allo scopo di poter bocciare la proposta senza neanche metterci la faccia. E non pago di questo, disse: “Prima di pensare di risolvere il problema della partecipazione delle donne alla vita pubblica e alla politica imponendo per legge il 50 e 50 nessuno ha posto l’accento sulle condizioni reali.  Provo a immaginare una madre di famiglia, una donna della provincia di Lecce, del profondo Sud, di Leuca o di Foggia, che deve lasciare a casa i figli, oppure gli anziani che deve accudire, perché non siamo in grado di fornire servizi idonei… Dovete dimostrare di avere maturità per stare in questo Consiglio regionale“.

Le proposte di azioni positive ripasseranno successivamente in Consiglio in forma di emendamenti. Michele Emiliano, in qualità di segretario regionale del Pd, minaccerà i contrari di non-ricandidatura. Ma il voto segreto -un’altra volta- consentirà ai maschi cecchini una seconda bocciatura.

Con un’astuta operazione cosmetica, lo scorso 8 marzo Michele Emiliano annuncia che in tutte le circoscrizioni per le elezioni regionali ci sarà una donna capolista. Come ampiamente prevedibile l’operazione è fallimentare. Il centrosinistra non elegge una donna che sia una, passa una sola consigliera per il centrodestra e quattro per i 5 Stelle. Il solito immutato schifo, indegno di qualunque Paese civile. Non bastasse il disastro, ecco lo sgarro alle donne di Puglia: dopo aver nominato 2 assessore esterne e avere invano cercato di coinvolgere le 5Stelle, che opporranno uno sdegnoso rifiuto, Emiliano decide di assegnare il Welfare al suddetto Negro, che è come dire affidare la banca del sangue a un vampiro.

Le associazioni delle donne tornano a mobilitarsi, a raccogliere firme contro questa assurda decisione politicista, che rivela la sostanziale indifferenza di Emiliano alla questione. E lui assicura, solenne:

L’assessore Negro, come ogni altro assessore da me nominato, è tenuto a dare esecuzione al programma del centrosinistra nei minimi dettagli, rispettandone l’ispirazione sotto il diretto controllo dell’intera giunta e mio personale. Capisco l’ansia delle associazioni firmatarie del documento di vedere realizzati i loro obiettivi e la faccio mia. Dopo gli scempi del passato con riferimento alla parità di genere ed alla legge elettorale è chiaro che l’intera giunta, compreso l’assessore Negro, avverte la necessità di lasciarsi alle spalle quel passato che ha tradito le aspettative di tutti coloro che credono nel diritto a vivere avvalendosi di identiche opportunità di vita“.

Ma le donne di Puglia non ci cascano più, e raddoppiano la mobilitazione, chiedendo la revoca del mandato a Negro.

p.s. Inevitabile riflessione, dopo molte delusioni: ma non varrebbe la pena di mollarli e lasciarli soli, nelle loro giunte e nei loro consigli vergognosamente monosex, ad avere la faccia che hanno, non solo in segreto ma anche in pubblico?

Politica Febbraio 16, 2014

Showdown Pd: potrebbe essere andata così

Se aveste visto il viso raggiante di una vecchia deputata, giovedì 13 in direzione Pd, subito dopo lo scannamento della “giraffa” Letta… Un’inutilissima signora alla sua QUINTA legislatura che presumendo di non vederne una SESTA, sta cercando di tirare almeno fino al 2018. Sarà interessante vedere che cos’altro escogiterà per non tornare a casa.

La manovra di palazzo così poco renziana per il governo Renzi è l’esito, come si dice con un’espressione insopportabile, del “combinato disposto” della volontà dei “poteri forti” (altra espressione antipatica, ma rende); dell’ambizione fuori misura del giovane candidato premier -forza ma anche grave limite-; e della somma degli interessi particolari dei singoli parlamentari: pur con onorevoli eccezioni, questo è il Parlamento più autoconservativo della storia repubblicana, pericoloso mix di rottamandi e miracolati. Chiunque o qualunque cosa consenta di non tornare alle urne se lo/la voteranno. Il che non è tranquillizzante.

Potrebbe anche essere andata così: caro Matteo, vuoi portartelo a casa, il tuo Italicum? perché sulla legge elettorale possiamo farti vedere i sorci verdi e farti andare rapidamente a sbattere. E allora vai a fare il premier e portaci fino al termine della legislatura, senza se e senza ma. E molla un po’ il partito: a quello penseremo noi.

Ma il seguito della storia potrebbe essere questo: che prima o poi -io dico poi, vedrete che cercheranno di farla scivolare in fondo all’agenda- la stramaledetta legge elettorale la faranno, e il Matteo, forte di questo e magari di qualche altro risultato consolidato, alle urne deciderà di andarci. Perché con l’alleanza che si ritrova l’idea di tirare il 2018 è pura fantascienza. Sempre che una maggioranza, per quanto traballante, riesca a metterla in piedi. 

Nel frattempo speriamo ci sia ancora un Paese da governare.

Aggiornamento ore 23.00: Richetti a Ballarò conferma il mio ragionamento sul “ricatto” dei parlamentari a Renzi:

“Chissà il parlamento quando avrebbe rilasciato la legge elettorale”.
Ovvero: o ci garantisci fino al 2018 o ti mandiamo a sbattere.

Che brave persone, che senso del Paese!

Donne e Uomini, Politica, questione maschile Gennaio 30, 2014

Camera dei Deputati: le donne come punching-ball

Ieri alla Camera

Nella bagarre seguita alla “tagliola” applicata ieri dalla presidente della Camera Laura Boldrini sulla questione Imu-Bankitalia (metodo quanto meno avvilente, se posso dire), il questore di Scelta Civica Stefano Dambruoso ricorre alla forza fisica contro Loredana Lupo, deputata del M5S. Uno schiaffo, dice lei. Lui nega, ammettendo “al massimo un contatto fisico per bloccare un’aggressione alla presidente Boldrini”: fatevi direttamente un’idea guardando il filmato. Secondo un tweet di Giulia Sarti, collega di Lupo, Dambruoso avrebbe anche chiosato il suo gesto dicendo: “Nella mia vita ho picchiato tante donne, non sei la prima“. Dambruoso nega anche questo.

Nel frattempo un deputato 5 Stelle, Massimo Felice De Rosa, 35enne di Cormano, Milano, formazione ambientalista, faceva irruzione per protesta in Commissione Giustizia. Invitato a un atteggiamento più consono, secondo le deputate Micaela Campana e Alessandra Moretti avrebbe appellato le colleghe Pd dicendo loro che erano lì solo grazie al fatto di aver elargito sesso orale (lui l’ha detto in un altro modo). Manifestando, se le cose sono andate in questo modo, una sua non troppo recondita fantasia sessuale adolescenziale, insieme a una violenza che non ci si aspetterebbe da chi lotta per lo stop al consumo di territorio e in difesa dell’ambiente.

La deputata piddina Veronica Testori, presente alla scena, la racconta così: “A un certo punto i 5 Stelle volevano entrare tutti in aula, dove era in corso la seduta. Ma quell’aula è molto piccola. Siamo stati costretti a sospendere i lavori e abbiamo cominciato a discutere piuttosto animatamente. Finché De Rosa non ha perso il controllo e lasciando l’aula ha detto: “Voi siete qui solo perché fate dei p…””.

Non risulta al momento che si sia scusato con le colleghe.

Sia De Rosa sia Dambruoso saranno querelati (Lupo in verità ci sta ancora pensando). E se i fatti saranno accertati, l’augurio è che siano adeguatamente puniti.

Resta che -sempre che i fatti vengano accertati- quando si alza la tensione tra maschi (ci sono anche donne, lì, ma trattasi di istituzioni maschili), viene pavlovianamente scaricata sulle donne “del nemico”, con allusioni verbali a una scena rettile di dominio violento e sprezzo sessuale. Freud diceva che nel nostro inconscio passeggiano i dinosauri, e ieri si è visto piuttosto bene.

Le donne che fanno parte di queste istituzioni -tutte insieme, senza distinzione di schieramenti e/o correnti- dovrebbero duramente stigmatizzare quanto è avvenuto e non farsi nemmeno sfiorare dalla tentazione di difendere misoginamente i “propri” uomini. Specie in un momento politico come questo, in cui (vedi la prima pagina di “Il Giornale” di oggi: “Renzi ha le palle”) si torna a celebrare una politica virilmente muscolare, decisionista e cazzuta. E tra una “tagliola”, uno spintone e una volgarità da bar biliardo (e l’indimenticabile “boia chi molla” del 5Stelle Angelo Tofalo), le donne rischiano un arretramento sia nei numeri (nella bozza dell’Italicum, si parla un generico 50/50 nelle liste ma al momento non si prevede il principio dell’alternanza tra i sessi: dispositivo, quindi, inefficace), sia nelle logiche politiche.

In tempi tanto difficili abbiamo bisogno di decisioni responsabili, non di decisionismi. Di autorità e di competenza, non di prove di forza. Serve rete, non uomini soli al comando.

Una giornata davvero orribile, quella di ieri.

Aggiornamento: mi tocca segnalare la luminosa battuta di Angelo Cera parlamentare di Scelta Civica, secondo il quale «alcune deputate del MoVimento 5 Stelle sono delle esagitate. Consiglio loro di trovarsi un fidanzato». In poche parole un pene come trattamento contro l’isteria. Oggi in aula non solo la legge elettorale, ma anche la questione maschile.

 

 

Donne e Uomini, Politica, questione maschile Gennaio 23, 2014

50/50: una furbata “italica”

Uno può anche non essere d’accordo sul 50/50 allo scopo di femminilizzare i luoghi dove legifera o si decide -o almeno in liena teorica si dovrebbe decidere-, dai board aziendali al governo alle istituzioni rappresentative. Ma se il principio lo si assume, lo si fa davvero.

Vendere il 50/50 nelle liste bloccate dell’Italicum come un’effettiva femminilizzazione del Parlamento non è onesto. Che sia farina del sacco di Renzi, o di Berlusconi, o di entrambi, o che l’idea sia venuta in extremis ad Alfano, il giochino è piuttosto puerile.

Lo spiega bene l’amica Cinzia Romano, di cui sintetizzo il post:

“La nuova legge elettorale all’articolo 14 ter, comma b, afferma che le liste di candidati nei vari collegi dovranno essere formate da metà uomini e metà donne, pena la loro esclusione. Ma non è affatto detto che tale presenza la ritroveremo in Parlamento, anzi.

Si prevede infatti che, “non possono esservi più di due candidati consecutivi del medesimo genere”. Tradotto: se ai primi due posti in lista ci sono maschi, al terzo dovrà esserci una femmina. Che con ogni probabilità resterà fuori, visto che nella stragrande maggioranza dei collegi saranno i primi due candidati in lista di ogni partito ad essere eletti. E solo nei collegi più grandi, al massimo, si potrà sperare di eleggere un 30% di donne.

Al di là del giudizio che ciascuna e ciascuno dà sulla legge elettorale (liste bloccate più o meno lunghe, nessuna preferenza etc), colpisce come l’enfasi sulle liste paritarie, 50e50 venga di fatto smentita e svuotata nello stesso articolo che pure la proclama. Che vieta (giusto) le candidature multiple ma non obbliga  i partiti all’alternanza uomo donna né tra i capolista (se pure ci fosse, maliziosamente sono portata a pensare che alle donne verrebbero rifilati i collegi “a perdere”) né soprattutto nelle liste, unico modo per garantire una soglia di rappresentanza vicina al tanto declamato 50%.

Le donne, attraverso oltre cinquanta associazioni, si sono ritrovate nell’Accordo di azione comune per la democrazia paritaria, che da anni si batte ed elabora proposte che con qualsiasi sistema elettorale, possano garantire quella parità tra uomini e donne nelle istituzioni come prescrive l’articolo 51 della Costituzione. E anche le Parlamentari tutte (dispiace la non adesione delle donne del Movimento 5 stelle e di Fratelli d’Italia) hanno fatto un patto analogo fra loro e con le donne del Paese. Anche le donne di Se non ora quando, che partecipano all’Accordo di azione comune per la democrazia paritaria, hanno fatto sentire la loro voce e le loro richieste.

Ancora più urgente la necessità per le elezioni europee che si svolgeranno a fine maggio. E’ venuta meno infatti la clausola (prevista solo per due tornate elettorale e quindi non per questa) che le liste garantiscano almeno la presenza del 30% per il genere meno rappresentato (le donne appunto) e in presenza di tre preferenze, nessun obbligo di “dividerle” tra i due generi come invece prescive la recente legge per le elezioni comunali che ha introdotto la doppia preferenza di genere. Una nuova legge per le Europee si impone quindi con urgenza, ancor prima di quella per il Parlamento”.

Come al solito, non puoi distrarti un attimo.

Arriva anche una presa di posizione dalle senatrici Valeria Fedeli (Pd), Alessandra Mussolini (Fi) e Laura Bianconi (Ncd)

“Il testo base di legge elettorale presentato nella serata di ieri, è del tutto deludente per quel che riguarda la rappresentanza di genere. Non viene, infatti, salvaguardato il principio antidiscriminatorio previsto dagli art.3 e 51 della Costituzione, articoli che sanciscono la pari dignità sociale dei cittadini e condizioni di eguaglianza nell’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive. Niente di tutto questo lo ritroviamo nel testo base del cosiddetto “Italicum”. Nonostante l’elemento positivo introdotto all’art.1, comma 9, ovvero l’inammissibilità delle liste che violano il principio di pari opportunità, la stravagante alternanza dei generi due a due maschera in realtà un ritorno al passato cancellando di fatto l’ unico elemento capace, come è noto, di garantire una reale rappresentanza.”
“Stando così le cose, per rendere realmente efficace il principio di pari opportunità nella rappresentanza politica è necessario introdurre un vincolo all’alternanza di genere uno a uno nelle liste e la medesima alternanza nei capilista. Immaginiamo, infatti, che andando a votare con questa legge risulteranno eletti soltanto i primi due nomi in lista, se non addirittura solo il primo. Insomma, quella presentata ieri è una formula del tutto inadatta con la quale rischiamo di perdere l’occasione di un cambiamento profondo: una democrazia realmente paritaria attraverso una legge elettorale che garantisca l’equità di genere”.
Qui la petizione da firmare, donne e uomini.

 

 

Politica Gennaio 22, 2014

Preferire le preferenze?

Ovvio che per i segretari di tutti i partiti le liste bloccate -ovvero niente preferenze– siano a dire poco una gran comodità. Meno ovvio che oggi molti eletti delle minoranze dei partiti, gente che finché è stata in maggioranza per le preferenze non ha mai manifestato alcuna passione, adesso le spasimino e siano pronti a dare battaglia: sanno bene di non poter godere del sostegno delle segreterie, e che se hanno una chance di rientrare è per quella strada.

Contrariamente a quanto si potrebbe credere l’espressione di preferenze non è affatto un dispositivo universale: nel mondo non sono molti i sistemi elettorali che la prevedono. Ma va anche detto che nel nostro Paese si esprimono preferenze sia alle elezioni amministrative sia alle europee: solo alle politiche, con il Porcellum, e ora con l’approvando Italicum, le liste sono bloccate.

Vero che lo strumento delle preferenze è molto ambiguo, impone ai candidati campagne elettorali costose e fratricide, tagliando fuori chi non se le può permettere -vale in particolare per le donne, in genere meno danarose degli uomini- o chi rifiuta di “investire” grandi somme di denaro lasciando intendere di contare su un ottimo rendimento futuro. E favorisce invece chi è ricco, o chi è sostenuto da lobby, gruppi di potere, clientele o perfino da organizzazioni criminali a cui una volta eletto dovrà rispondere. Ma è vero anche che una larga fetta dell’opinione pubblica intende oggi la possibilità di esprimere preferenze come una restituzione obbligatoria, indispensabile per una ripresa di dialogo con la politica “traditrice”, e come presidio contro il rischio che i nominati si ritrovino a rendere conto esclusivamente ai loro “benefattori”.

Il segretario del Pd Matteo Renzi dà la colpa a Silvio Berlusconi e al suo categorico “niet” sulle preferenze, e si impegna a garantire almeno per la sua parte politica il correttivo delle primarie (alcuni propongono di renderle obbligatorie per legge e per tutti i partiti). Non si può tuttavia sostenere che il risultato delle primarie, già sperimentate alle ultime politiche, sia stato entusiasmante, avendo favorito cordatine, padroncini di tessere e signorotti locali ai danni di possibili candidature civiche. Premiando quindi la fedeltà al partito ai danni del merito, con il risultato di selezionare una classe politica largamente incompetente, salvo onorevoli eccezioni.

Le questioni da considerare, quindi, sono parecchie. Non ultime le perplessità espresse da vari giuristi e costituzionalisti sul fatto che liste bloccate, ancorché brevi -5 o 6 candidature- interpretino lo spirito della sentenza recentemente espressa dalla Corte Costituzionale, e siano al riparo da eventuali nuovi ricorsi.

Fatta la somma di tutto questo, come la vedete?

Comunque votiate: siete per le preferenze? vi “basterebbero” primarie? o la questione non vi pare rilevante?

Se l’Italicum passasse così com’è, con liste bloccate, l’indizione o meno di primarie  sarebbe per voi un fattore decisivo per la scelta del partito da sostenere?

 

 

 

 

 

 

Politica Gennaio 17, 2014

Anche nel “modello Spagna” niente preferenze

Che per parlare di legge elettorale Berlusconi e Renzi si vedano al bar, al ristorante o alla Camera, che lo facciano a porte chiuse, in streaming o in mondovisione, che si telefonino o si twittino, è altamente probabile che la quadra sarà trovata sul cosiddetto modello spagnolo, più o meno rivisitato.

Vediamo come funziona: sono individuate 118 piccole circoscrizioni. Ogni circoscrizione elegge 4-5 deputati e la soglia di sbarramento è al 5 per cento. Chi vince gode di un premio di maggioranza del 15 per cento. Il risultato è un bipartitismo con sfumature “federalistiche”, che tiene cioè in conto le liste minori regionali mentre disincentiva le formazioni minori nazionali.
Per applicare questo modello in Italia si dovrebbero ripartire le attuali circoscrizioni in tante circoscrizioni provinciali autonome.
Le liste però, per quanto “corte”, anche qui sono “bloccate”: cioè niente preferenze da parte degli elettori, come negli ultimi terribili anni di Porcellum. Anche se almeno in linea teorica dovrebbe esserci una relazione più stretta tra territori e candidati e non capiterebbe, come è capitato, che un toscano venga candidato in Calabria e un romano in Sicilia.

La Corte Costituzionale ha sì bocciato le liste bloccate del Porcellum, ma non ha escluso la possibilità di liste chiuse “corte”.

Oggi i commenti degli editorialisti si concentrano su svariati temi, quasi sempre dal punto di vista della politica: le spinte dei “proporzionalisti” che non intendono sparire dalla scena, il rischio di franchi tiratori che farebbero cadere la proposta in Parlamento, e così via. Non mi pare che si stia dando sufficiente rilievo al fatto che anche in questa ipotesi di legge elettorale, le liste, per quanto brevi, sarebbero comunque bloccate. E forse gli elettori non la prenderebbero benissimo.

L’impossibilità di esprimere preferenze è largamente intesa come la radice della gran parte dei mali della politica, ragione prima del mancato rinnovamento e del consolidarsi della Kasta. Non è detto che tutti i problemi nascano di qui -le preferenze comportano una dannosa e dispendiosa lotta fratricida interna, oltre al rischio concreto di clientelismi- ma un’amplissima parte dell’elettorato italiano tende a vederla in questo modo. E anche a causa dell’orripilanza del Porcellum intende la restituzione della possibilità di scegliere direttamente i candidati -e le candidate- come una restituzione di sovranità.

Vi è quindi il rischio -sottovalutato, mi pare- che un modello elettorale che riproponga candidati scelti dai partiti e liste bloccate sia pure brevi e “territorializzate” produca un plus di disaffezione, ammesso che più di così sia pensabile.

Un correttivo possibile -ammessa una praticabilità, per circoscrizioni tanto piccole- sarebbero primarie per l’individuazione dei candidati. Primarie davvero aperte, però, e non riservate agli iscritti ai partiti, governati da signori e signorini delle tessere: la toppa, in questo modo, sarebbe peggio del buco. Allora tanto vale che a scegliere siano i capicorrente, senza scomodare gli elettori.

 

 

 

 

Politica Ottobre 8, 2013

Porcellum: stavolta @bobogiac non va lasciato solo

Il governo delle ri-larghe intese si re-incaglia sulla maledettissima Imu, e di riforma della legge elettorale (entro ottobre, aveva assicurato Letta) sostanzialmente non si parla già più. Napolitano ha chiarito che non ci rimanderà al voto con quell’obbrobrio anticostituzionale: ergo, l’obbrobrio funziona ottimamente da diga contro il rischio di scioglimento delle Camere e di nuove elezioni, e sarà fatto fuori, se lo sarà, solo all’ultimissimo minuto.

E’ chiaro anche a un bambino che i partiti non hanno alcun interesse a rinunciare al potere, scippato ai cittadini, di decidere chi entra in Parlamento. Potere che cercheranno almeno in parte di conservare anche con una nuova legge. C’è un’intera classe politica, veterani e miracolati, che rischia di perdere definitivamente il posto, compresa quella Anna Finocchiaro che diede del “prepotente” al suo compagno di partito Roberto Giachetti, il quale per cambiare il Porcellum intraprese vanamente uno sciopero della fame: fu lo stesso Pd a non sostenerlo. Ieri sera Roberto Giachetti (su Twitter @bobogiac) ha ricominciato a digiunare per quello stesso obiettivo (qui l’intervista al team di Report). Nonostante la procedura d’urgenza in Senato” ha spiegato “si è ancora fermi alle audizioni. Sul piano parlamentare le ho tentate tutte ma le mie iniziative sono risultate inefficaci”. Di nuovo l’ineffabile Finocchiaro: “Agitare bandierine senza misurarsi con la necessità di approvare una legge che sia condivisa il più possibile é un esercizio sterile”. Altri esponenti del Pd invece, dai candidati segretari Cuperlo e Civati, a Ermete Realacci e Michele Anzaldo, raccolgono l’invito non-violento di Giachetti a chiarire la posizione del partito e ad accelerare i tempi della riforma. Per il 31 ottobre Roberto Giachetti ha anche indetto in tutta Italia il ‘No porcellum day’.

L’abolizione del Porcellum avrebbe un grande valore sostanziale e anche simbolico, segnando insieme alla caduta di B. la definitiva chiusura di una fase politica. Poter scegliere chi rappresenta e governa il Paese è decisivo, anche se i cittadini sfiniti da mille problemi materiali potrebbero ritenere che le priorità siano ben altre. Di questa relativa disattenzione i partiti stanno largamente approfittando.

Cambiare la legge elettorale fa parte delle priorità. Stavolta Roberto Giachetti non va lasciato solo. Scrivete @bobogiac per sostenerlo.

 

Politica Giugno 6, 2013

Altri “saggi”: signori, non ci siamo

Tutti sappiamo che quando vuoi davvero fare una cosa, la fai. Non hai bisogno di un’infinità di mediazioni. E se vuoi cambiare la legge elettorale, se vuoi passare dal bicameralismo a una camera sola, etc. etc., lì nelle nostre istituzioni rappresentative c’è già abbastanza gente per farlo, senza necessità di organismi ulteriori e pletorici. Basta la volontà politica.

Puoi mettere in piedi qualunque organismo e meccanismo per realizzare qualunque cosa. Ma se invece di quella cosa ne vuoi un’altra, o non ne vuoi nessuna, difficilmente arriverai a un risultato.

L’organismo dei 35 saggi più un’altra trentina di annessi per realizzare le riforme costituzionali, “esternalizzando” in qualche modo il servizio come si fa in tante aziende, o anche assumendo dei “badanti” per i nostri parlamentari minorenni, sembra solo un modo “per prendere tempo”, o anche per perderlo, come dichiarò Valerio Onida, già membro del primo comitato dei 10 saggi, e ora anche dei 35: a quanto pare, che sia utile o del tutto inutile ricoprirlo, anche al ruolo di saggio non si rinuncia volentieri. E sembra anche un modo per malcelare una evidente mancanza di volontà politica.

Perché poi alla fine di quello che dicono i saggi alla politica importa poco o niente: i 10 saggi di Napolitano erano contro l’elezione diretta del capo dello stato e per il mantenimento del finanziamento pubblico ai partiti. E come si è visto, si va in tutt’altra direzione.

Ma la politica di queste questioni da saggi non ne vuole proprio sapere: l’altro giorno il neosegretario del Pd Epifani l’ha proprio detto, meglio tenersi fuori “dalla mischia del dibattito sulle riforme”.

Il simbolico di tutta questa “saggezza” collaterale è abbastanza disastroso. E sembra dire: a) che quelli che sono stati eletti, e che noi paghiamo, non sono abbastanza saggi né hanno studiato a sufficienza per cavarsela da soli in questo compito politico: e allora viene da chiedersi perché diavolo abbiano voluto farsi eleggere b) che noi cittadini non siamo saggi per niente, avendo mandato in Parlamento gente così poco saggia c) che anche le donne sono sagge, sì, ma molto meno degli uomini: per l’esattezza, si contano in media circa 3 donne sagge ogni 7 maschi.

In sintesi, il risultato di tutto questo proliferare di saggezza è una crescita ulteriore del dubbio sull’effettiva utilità delle istituzioni rappresentative.

Anche perché per le riforme vere, quelle di cui abbiamo seriamente urgenza, basterebbe applicare sul serio la Costituzione, anziché lambiccarsi su come riformarla. Lì c’è già scritto tutto quello che si dovrebbe fare.

Qualche esempio: art. 9 la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione (e invece perdiamo 250 mila ettari di suolo ogni anno). Art. 13: è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà: vedi infatti la sentenza sul caso Cucchi. Art. 31: la Repubblica protegge la maternita’, l’infanzia e la gioventù: tipo le dimissioni in bianco. Art. 38: ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale (oggi lo chiameremmo reddito minimo di cittadinanza). Art. 54: i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore (sì, ciao). Art. 81: lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio (a proposito di debito pubblico).

Le indicazioni del Costituenti ci darebbero da lavorare per un’intera legislatura. Altro che saggi.

 

 

 

Politica Maggio 16, 2013

Ammazzare subito il Porcellum

 

Sento tantissim* che, come me, non riescono nemmeno più a guardare i talk politici. Che devono proprio forzarsi, per resistere alla tentazione dello zapping. Siamo sotto la pressa da troppo tempo. Ma forse ci sono anche ragioni meno contingenti.  Forse è l'”antipolitica” è arrivata alle sue estreme conseguenze, la sensazione definitiva che di lì non verrà mai niente di buono.

Stamattina ho incontrato Vandana Shiva -presto qui un resoconto della nostra lunga conversazione- e le ho chiesto tra l’altro se a suo parere valga la pena, specie per noi donne, di fare la fatica che facciamo a star dietro a quella politica, per non dire la frustrazione di quando ci entriamo dentro.

Vandana conviene sul fatto che la crisi economica “ha rotto gli argini ed è diventata anche crisi della democrazia rappresentativa” Ma, dice anche con semplicità e nettezza, “non possiamo lasciare le istituzioni rappresentative nelle mani dei fascisti dice proprio così, ndr-. Dobbiamo esserci, dobbiamo partecipare a quella politica, donne e uomini”.

Disciplinatamente mi rimetto in riga. Per dire semplicemente questo. Che questo governo a larghissime intese si trova quotidianamente a dribblare ostacoli di ogni tipo. Che difficilmente si andrà oltre l’estate. Il che significa un’alta probabilità di voto nel prossimo autunno.

L’idea di tornare alle urne con il Porcellum è semplicemente agghiacciante. E la riforma della legge elettorale, che dai primi posti in agenda tende a scivolare sempre più in basso, è un’occasione di ricatto politico quotidiano.

Credo che tutti dobbiamo spingere perché la riforma torni tra le priorità politiche, e perché la legge venga finalmente cambiata, fosse anche con un semplice ritorno al Mattarellum. Credo che l’obiettivo numero uno, fino al raggiungimento, debba essere questo, garanzia minima anche per la più scalcagnata tra le democrazie.

Serve il massimo impegno di tutti, per portare a casa questo indispensabile risultato.

 

 

 

 

Politica Agosto 29, 2012

Allora meglio un Monti-bis

Assisto con disgusto, come voi tutti, al braccio di ferro sulla legge elettorale.

Se questo è lo stile -pensare prevalentemente ai c…i propri, ma proprio ai c..i propri soggettivi- e tenere inchiodato il Paese, com’è sempre successo su mille questioni, salvo poi chiamare l’Espertocrazia perché realizzi in 6 mesi e in modo necessariamente raffazzonato -vedi il decretone sulla salute- le riforme che attendono da decenni, se questa è la prova generale, be’ allora possiamo riporre ogni speranza.

Allora mi arrendo, allora meglio un Monti-bis, mi dico, e me lo dico per disperazione. Allora meglio un premier che goda in giro per il mondo di qualche credibilità: non possiamo fare a meno di questo, qui si propone per la premiership gente che non sa nemmeno spiaccicare due parole in inglese: perché anche per un cococo, per un cameriere che serve ai tavoli, per un tassista l’inglese è tassativo, ma per fare il premier a quanto pare è un optional. Ma un Monti affiancato da una squadra che svecchi la sua visione, la spinga fuori dai limiti dell’iperrealismo finanziario ed economicista, azzardi una diversa idea di crescita, faccia finalmente l’Italia. Una squadra con tanti giovani, e tante donne fedeli al proprio genere e al proprio buon senso.

Se si trovassero le mediazioni per concepire una simile Chimera, se si capisse come arrivarci salvando la democrazia, forse sarebbe la soluzione, almeno per il futuro prossimo. Non è più sopportabile da nessun* l’idea che si torni indietro, alle solite facce di sempre, al solito linguaggio, al solito fancazzismo, alle solite meline, alla solita corruzione, alle solite ruberie, alla solita incapacità politica, alla solita irresponsabilità, ai soliti privilegi, al solito monosex, al solito vecchiume, alla solita mancanza di visione, alla solita ignoranza delle cose, al solito egoismo.

No, davvero non è più sopportabile.

 

Aggiornamento, giovedì 30 agosto:

Ieri abbiamo assistito a un vero e proprio endorsement di Angela Merkel a Mario Monti. Concordato o meno, non so. Aveva il vago sapore di una minaccia: ovvero, ci fidiamo solo di lui, attenti a quello che fate. Sembra il preludio a una ricandidatura.

E’ strano che non si sia inteso il senso del mio post -come se sentissi che qualcosa era nell’aria, e infatti…-. Post scritto da una che non auspica affatto il Monti bis, ma sente che il clima sta montando in questa direzione. Soprattutto perché la gente non si fida dei partiti, è convinta che le cose, da male che vanno, potrebbero precipitare nell’assoluto peggio. E lo spettacolo offerto sul tema della legge elettorale dà drammaticamente ragione a questo timore.

Purtroppo sul fronte dei partiti, a parte la cavalcata di Renzi, non si vede nulla di nuovo. Qualcosa vedremo di sicuro nelle prossime settimane -anche non conoscere la soglia di sbarramento smorza ogni audacia-. Niente dalle donne –che delusione, Se Non Ora Mai Più-, nessun movimento da parte dei giovani, anche gli innovatori dei partiti esitano. Qualcosa vedremo di sicuro, la situazione è in costante movimento. Ma al momento, ribadisco: se la prospettiva è quell’angoscioso ritorno al passato -perché quegli stessi che non hanno fatto ciò che dovevano, ora miracolosamente dovrebbero farlo?- tanto vale che ci teniamo ancora per un po’ quello che abbiamo.