Qui di odiatori ce ne intendiamo eh, amiche e amici? Sono anni che ne vediamo e ne sentiamo di tutti i colori. Vero: l’agguato a gente malata (Caterina, e ora Bersani) fa particolarmente impressione, ma da queste parti non ci ha colto impreparati.

La chiamerei “guerra dei mondi”: tra il mondo degli ultracorpi di chi, a qualunque titolo, vive una super-esistenza -i politici, chi va in tv, chi scrive sui giornali o in rete o magari dei libri, chi conosce la gente giusta, chi ha un incarico di prestigio, o una seconda casa, senza troppe differenze tra chi ha ereditato dai nonni un bilocale a Recco e un gozzetto da pescatori e chi attracca con il suo ferro da stiro nel moletto privato della sua villa- e la sub-esistenza di chi è rimasto mera materia, di casa non ne ha neanche una, o sta faticosamente pagando un mutuo da 15 anni, ed è visibile a malapena ai suoi ringhiosi vicini di casa.

Mi pare infatti che la questione discriminante sia proprio quella, la Visibilità come prova di Esistenza: c’è un mondo dei Visibili e un mondo degli Invisibili. Per i quali la rete, libero accesso e costo quasi-zero, costituisce una formidabile occasione per confrontarti con la Kasta peer-to-peer e per accedere a quei 5 secondi di celebrità. A patto di strillare, di spararla più grossa che puoi, altrimenti resti imprigionato nella tua invisibilità pure lì. Del resto la politica televisiva degli ultimi anni è stato un vero e proprio master di bullismo.

Resto dell’idea che la rete sia uno straordinario strumento politico e di trasformazione, non saranno i conati degli haters a farmi cambiare opinione. E riconosco anche in me stessa, in particolare stamattina trovandomi nuovamente costretta a leggere di Tasi, Tares, Tirsu e Iuc, la tentazione di svuotarmi della rabbia rovesciandola con un semplice @EnricoLetta e clic. Ma ormai so bene che se lo facessi : 1. non cambierei nulla della situazione, restando nell’indifferenziato impolitico, cioè non trasformando il carburante della rabbia in azioni efficaci 2. questo provocherebbe solo ulteriore frustrazione e nuova rabbia, in un loop auto-intossicante.

Quindi non indugerei in inutili giudizi morali sull’hate-speech: mi limiterei solo a osservare che non serve a nulla, non trasforma nulla, non intacca le ragioni della rabbia, semmai ne alimenta altra, ingolfandoci. E proverei ad attenermi alle indicazioni della mia maestra Etty Hillesum: “Ogni atomo di odio che si aggiunge al mondo lo rende ancora più inospitale“.

 

 

 

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