Se c’è una cosa che mi dà l’orticaria sono le prescrizioni sul sesso nella terza età. Età che poi, paradossalmente, comincia proprio quando vedi che il sesso non è più un fattore esistenzialmente decisivo. Tutto avviene in modo molto dolce e progressivo: natura non facit saltus. Se mi ripenso, sui 13-14 anni, certe devastanti reazioni psicofisiche solo per un casuale sfioramento di mano da parte di un tale Roberto, un tipo cereo sempre vestito di nero…
Non mi sento propriamente nella terza età: sullo scivolo della seconda, diciamo. E non che vedendo Josè Mourinho, ad esempio, non mi renda conto… Ma niente di simile a quell’urto, a quell’intossicazione ormonale: un vero elisir per la pelle.
Meglio così, tutto sommato. Non vorrei mai diventare una di quelle mature e scutrettolanti signore. Se non fosse per certe prescrizioni medico-sanitarie travestite da sondaggi che ci obbligano a non perdere il ritmo: sotto le 4 volte al mese sei una disfattista. Una tra le ricerche più cretine che ho letto di recente sosteneva che il 40 per cento delle occidentali ha “problemi sessuali”, in particolare donne mature, che sperimentano un “preoccupante calo del desiderio”. Ma quel calo non è preoccupante per niente. Semplicemente il desiderio, trucco anti-estinzione dei nostri geni egoisti, ha esaurito la sua mirabile funzione. Non è più previsto che ci riproduciamo, tutto qui. Le aspettative eventualmente sono altre.
Non per bacchettonismo, sia chiaro. Frequentare teneramente il marito o il compagno –il cui andazzo ormonale è molto diverso dal nostro- è cosa buona e affettuosa. Mi spiace però che tante signore perdano tempo ed energie in manovre seduttive fuori tempo massimo, peraltro con risultati scarsi. Che si sentano perdute all’idea di non poter giocare più il magnifico gioco che le ha impegnate più o meno intensamente per un quarantennio.
Ci sono tanti altri giochi da cui, dal menarca in poi, abbiamo dovuto distoglierci, prese dal vortice della grande danza. Se ben ricordate ci divertivamo come pazze. Si potrebbe riprendere di lì, da quei giochi interrotti di bambine. E ricominciare a guardare con un certo sussiego “i maschi”. Come facevamo da piccole.

(pubblicato su Io donna-Corriere della Sera il 16 maggio 2009)

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