Dice il senatore Ignazio La Russa che quando si voterà -se si voterà- la legge sul doppio cognome, lui potrebbe proporre il voto segreto. Il voto segreto è l’escamotage classico grazie al quale nelle nostre istituzioni rappresentative non riescono a passare tutte quelle innovazioni -o azioni positive- che consentirebbero al Paese di liberarsi dal peso di quella questione maschile a cui è riconducibile il più della nostra arretratezza e perfino il nostro basso Pil: -12 punti, secondo l’Ocse, è questo il prezzo del nostro maschilismo feroce.

E’ capitato più volte sulla doppia preferenza di genere o sui meccanismi di riequilibrio della rappresentanza, e potrebbe capitare anche su questa storia del cognome: al riparo del voto segreto, senza metterci la faccia -vergogna più che eloquente- i maschi possono difendere trasversalmente, dal Pd a FI, i propri privilegi.

Europa o non Europa -che ci obbliga a rimuovere la discriminazione- a destra e a sinistra, l’impianto patriarcale della famiglia viene difeso a spada tratta, e il dibattito alla Camera sul doppio cognome, o sulla possibilità del solo cognome materno, viene rinviato a chissà quando.

Il fatto che ci siano “ben altri” problemi è una sciocchezza assoluta. Un voto non comporta la distrazione da tutto il resto. E tutto il resto -lo sviluppo zero, la natalità quasi-zero, l’invecchiamento record, l’incapacità di innovare, il Pil inchiodato- è legato a filo doppio ai colpi di coda di questo patriarcato che non vuole mollare, che non intende capire che è già morto.

 

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