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ambiente, economics, Politica Maggio 30, 2012

Un Paese che trema

Partecipato ieri sera a un dibattito a Milano. Un po’ di Pd, un po’ di giunta arancione, Sant’Egidio, e così via.

Fortemente impressionata dal fatto che, a parte Sant’Egidio (e le cose che ho detto anch’io, si parva licet), parlando delle possibili vie d’uscita in vista del 2013 si è discusso sostanzialmente di combinazioni e alleanze, insomma di come sopravvivere al terremoto che scuote partiti e istituzioni, glissando sul tema del ricambio, non esprimendo contenuti e visioni.

L’idea è che gran parte delle energie nella vita interna dei partiti continuino a essere spese in questo modo, nella dialettica tra correnti, nella lotta per l’attribuzione di posti e posizioni, e che il programma sia una specie di prestampato che viene tirato fuori dal cassetto all’ultimo, eventualmente aggiornato con qualche trovata dell’ultim’ora.

Una volta in un dibattito ho domandato a un’esponente di primissimo piano di un grande partito quale fosse la sua visione, e la risposta è stata “la Costituzione”. Perfetto, ma la domanda era un’altra.

Io, per esempio, che non ho come obiettivo salvare un partito, ma salvare, per dirla alla buona, il nostro Paese che trema e il futuro dei nostri figli, garantendo al maggior numero la possibilità di vivere decorosamente e meno infelicemente possibile , tengo nel mio orizzonte l’idea di un Paese che possa costituire un’avanguardia nel mondo dal punto di vista della riconversione energetica e ambientale -la Biosphere Valley di Jeremy Rifkin- e un modello di sviluppo che abbia al centro la bellezza e la generosità del territorio, l’abbondanza di testimonianze culturali, un’elevata qualità di vita basata sulle relazioni e non sul consumo. Magari è un’idea bislacca, ma è pur sempre un’idea.

Come si pensa di poter salvare qualcosa -il Paese, innanzitutto, ma anche i partiti e le istituzioni- senza mai esprimere un solo contenuto?

Visione e innovazione: come si può pensare di scamparla senza questo?

ambiente, economics, Politica, TEMPI MODERNI Febbraio 24, 2012

Beati noi ultimi (potremmo essere i primi, e i più verdi)

Noi che siamo in fondo a svariate classifiche internazionali, abbiamo oggi la grande opportunità di diventare i primi.

Lo dice Alex Roe, direttore di Italy Chronicles: Italy Should Be Number One, nel senso di prima economia europea, se puntasse su territorio, ambiente, arte, bellezza, qualità della vita.

Lo dice Jeremy Rifkin, che dirige la Foundation ofi Economic Trends di Washington, ed è consulente di vari governi europei: potremmo diventare la Biosphere Valley del mondo, alla testa della rivoluzione energetica ed ambientale. Abbiamo tutto cio’ che serve per diventare i primi.

Lo dice, indirettamente, perfino Bill Gates, fondatore di Microsoft, che parla dell’agricoltura come motore di innovazione planetaria: e noi di agricoltura ce ne intendiamo da alcuni millenni, e resiste, come dice il Censis, il nostro “scheletro contadino“.

A proposito di scheletri: l’altro giorno ne è affiorato uno, sepoltura di epoca tardo romana, a Milano, accanto alla Basilica di Sant’Ambrogio, dove si scava per realizzare un parcheggio che preoccupa non solo i residenti, ma anche la comunità internazionale. Le tombe recuperate in quel luogo sono finora una novantina. E’ il cimitero dei martiri cristiani. Lì Ambrogio volle edificare la sua basilica.

Ma le ruspe non si fermano. Il comune ha bloccato la realizzazione di altri parcheggi, ma di quello, inspiegabilmente, no. Eppure esisterebbe una clausola secondo la quale il Comune non sarebbe tenuto a pagare penali alla ditta costruttrice in caso di ritrovamenti archeologici. Ditta costruttrice che fa capo a Claudio De Albertis, presidente dei costruttori, re del cemento, recentemente e inspiegabilmente incoronato presidente di Triennale, prestigiosissimo ente milanese (lunedì in consiglio comunale Marco Cappato dei radicali e David Gentili del Pd chiederanno che il sindaco Pisapia e l’assessore alla Cultura Boeri intervengano “per impedire che un luogo simbolo della cultura e della religione subisca un atto di empietà”).

Questa vicenda, insieme a quella di Triennale, ha un forte valore simbolico e indica in che direzione si sta muovendo la giunta di Pisapia.

Che cosa c’entra con quello che dicevamo sopra? Che cosa c’entra con Rifkin, Bill Gates e via dicendo? C’entra moltissimo. Perché Milano, di quella rivoluzione della bellezza e dell’ambiente, di quel nuovo modo di guardare al territorio, dovrebbe essere l’Hub, e per almeno tre ragioni:

1. Milano è sempre stata laboratorio politico, e la cosiddetta “rivoluzione arancione” si era presentata anche -forse soprattutto- come una rivoluzione verde. Promessa mantenuta in modo intermittente.

2. Milano è sempre stata la piazza del mercato di quella che è la regione più agricola d’Italia, e per questo la più ricca.

3. A Milano si farà Expo, proprio sui temi della nutrizione, ma l’illuminato masterplan sugli orti planetari sembra cedere ogni giorno di più alle logiche cementizie.

In sintesi, a Milano è in corso un braccio di ferro tutto politico -anche, purtroppo, all’interno della giunta arancione, che scarseggia in visione – tra Cemento e Territorio (agricoltura, ambiente, bellezza, arte, energie rinnovabili). E’ qui che potrebbe delinearsi una nuova idea di sviluppo e un nuovo modello di crescita per il Paese- E’ qui che potremmo (ri)cominciare a essere The Number One.

P.S. E’ in uscita per Chiarelettere “Green Italy” di Ermete Realacci. Lo leggo e poi vi dico.

 

ambiente, esperienze, Politica, tv Gennaio 15, 2012

Pisapia e la periferia

via padova, milano

Molto efficace il sindaco di Milano Giuliano Pisapia intervistato ieri sera da Fabio Fazio a “Che tempo che fa”.

Ottimo che sobriamente ma fermamente Pisapia abbia ribadito la sua intenzione di istituire registri delle coppie di fatto, sperando che all’indubbio valore simbolico della scelta -raddoppiato dal fatto che questa decisione per una città come Milano significa l’apertura di una breccia definitiva- si affianchino alcune decisioni di valore pratico, come la possibilità di accedere alle graduatorie per le case Aler. Ottimo che l’abbia annunciato parlando dell’imminente visita del Papa, come a dire che a Milano c’è posto per tutti: questo principio di accoglienza, che è il cuore della laicità, è anche un tratto identitario irrinunciabile della nostra città, che è sempre stata questo, nei secoli dei secoli.

Ottima, infine, la fermezza sull’area C e la limitazione del traffico. Non c’è più alcuna ragione di attendere, domani si debutta, fra 6 mesi si farà un bilancio, secondo la volontà inequivocabilmente espressa dalla maggioranza dei milanesi in un referendum.

Pisapia parlava a una platea nazionale, non solo cittadina, e la sua pacata determinazione sarà senz’altro stata apprezzata dagli “extramilanesi”.

Avrei invece da dire sull’uso del termine “periferie”, che io abolirei tout court dal lessico politico. Il sindaco ha detto che gli assessori “vanno nelle periferie”, che “internet gratuito non sarà solo per i giovani, ma anche per gli anziani e in periferia” (dove peraltro abitano i giovani, non potendosi certo permettere il centro storico), che i provvedimenti sul traffico renderanno “la città più vivibile anche in periferia”.

Io sono convinta che le cose cambiano fuori solo quando fai spazio al nuovo dentro di te, e le parole contano moltissimo. Rinominare la città i termini diversi da “centro” e “periferia”, ovvero in una prospettiva policentrica, in cui cioè ogni quartiere ha la sua vocazione, il suo genius loci, il suo cuore pulsante, il suo proprio centro, la sua bellezza, è un passaggio decisivo per cominciare a vedere e a costruire la città nuova. Se lo fa il primo cittadino impareranno a farlo e ne beneficeranno anche tutti gli altri cittadini, uscendo da una logica “centripeta”, non sentendosi più esclusi dal centro storico ma attratti dal centro dei loro quartieri, imparando ad amarli di più e rendendoli più belli. Se dai corso alla visione, quella diventa vera.

Valga l’esempio a via Padova, diventata suo malgrado il simbolo di tutte le “periferie” -a tre fermate di metrò dal Quadrilatero della moda!- e che con la sua vitalità, i suoi traffici, i suoi suoni e i suoi odori sembra un porto di mare. Ti pare che ci sia una banchina con pescherecci e cargo attraccati, lì dietro! (e invece c’è solo il naviglio Martesana).

ambiente, Corpo-anima, lavoro, Politica Gennaio 13, 2012

La vita al primo posto

Iscrivo l’orribile episodio di ieri a Milano, il vigile urbano Niccolò Savarino deliberatamente travolto e ucciso da un Suv che ha trascinato lui e la sua povera bicicletta per trecento metri, nel tessuto simbolico della guerra che si sta combattendo tra le auto e i viventi.

Le automobili fanno ammalare e uccidono, deturpano il volto delle nostre città e le anime delle persone, rendono la convivenza incivile, ci costano infinitamente di più di quanto rendano.

E’ arrivato il momento della mano ferma e di una svolta radicale. I provvedimenti sull’area C, confortati dall’esito chiarissimo di un referendum, che limitano fortemente il traffico privato nel centro storico -perfettibili e aggiustabili, dopo una necessaria fase di sperimentazione, e progressivamente allargabili a tutte le altre zone, in una prospettiva di città policentrica– devono soprattutto dimostrare che senza auto, o con meno auto possibili, si vive benissimo. Anzi, si vive meglio, la vita torna al primo posto, esattamente dove deve stare.

Va in questa direzione il provvedimento adottato dall’assessora al Personale e al Benessere Chiara Bisconti, che introduce la flessibilità nell’orario di ingresso per i quasi 16 mila dipendenti del Comune: il traffico urbano si riduce soprattutto in questo modo, e speriamo che l’esempio virtuoso sia seguito da un grande numero di aziende metropolitane.

Quando si parla di Milano come laboratorio politico io penso soprattutto a fatti come questi.

ambiente, Politica Dicembre 16, 2011

La macumba dei tassisti

Ieri sera intorno alle 20.15 in largo Treves a Milano ho fraternizzato con altri cittadini, una decina, in coda per un taxi: sapete com’è, la nebbiolina, le luminarie, il freddo, l’aria natalizia… E’ stato carino. Nel frattempo di taxi non ne sono arrivati, erano quasi le nove, mio marito e io abbiamo salutato i compagni di sventura e siamo andati a prendere il metrò. Era una serata normale, non c’erano fiere o altre kermesse, semplicemente a Milano i taxi, oltre a essere ancora un lusso causa elevate tariffe, non sono sufficienti. Ma provate a dirlo ai taxisti, e vi copriranno di maledizioni. Provate a dirgli che a New York con 5-7 dollari ti fai tutta Manhattan, e che in giro ci sono più taxi che auto private, idem a Londra e nella gran parte delle metropoli, e sarete oggetto di una macumba. Ogni volta che ne ho parlato con un tassista, la risposta è stata immancabilmente: “Ma a New York è diverso. A Parigi è diverso”. Certo, nessun dubbio, è diverso.

Il governo Monti ha dovuto rinunciare a buona parte dei suoi progetti anticorporativi. Non so se rischierebbe la sfiducia a causa dell‘ira tassinara. So per certo che i trasporti pubblici sono una questione strategica, specialmente in una città che si ammala a causa del trasporto privato.

Spero che ci siano ancora margini per vincere questo odioso braccio di ferro tra interessi particolari e interesse generale.

ambiente, economics, lavoro, Politica Dicembre 13, 2011

Soldi verdi

Due notizie che potrebbero scapparvi, e che invece la dicono lunga sul nostro possibile modello di crescita.

Nonostante la crisi nerissima, secondo le proiezioni questo Natale il made in Italy alimentare registrerà un fatturato che per la prima volta supera i 2,5 miliardi di euro, con ordinazioni da tutto il mondo.

L’altra notizia  riguarda il complesso dei parchi e delle aree protette del nostro paese, che copre quasi 6 milioni di ettari comprese le aree a mare, il 10 per cento del territorio italiano. Ebbene, il pur minimo investimento di 70 milioni l’anno arriva a rendere 6-7 volte tanto. Un potenziale straordinario volano economico.

Dipendesse da me, saprei cosa fare e dove investire risorse, quale ricerca e quale formazione intraprendere. E come fare fruttare i quattrini di Expo. Ma vedessero loro.

ambiente, Politica, salute Novembre 26, 2011

Con il pugno di ferro

Milano non è Londra, e non è Parigi. La pur severa congestion charge londinese da noi sarebbe insufficiente, perché qui non c’è nessun vento a spazzare l’aria, il mare è lontano, gli inverni sono poco piovosi, stiamo nel bel mezzo di un’enorme conca e siamo una metropoli che produce, oltre a tutto il resto, una marea di variegati inquinanti.

Cari amici di altrove, ve lo dico ogni anno: aiuto, non respiriamo più. Pizzica il naso e la gola, il diaframma si blocca per autodifesa, passeggiare è impossibile, andare in bici significa fare il pieno di veleni. Senti che ti stai ammalando. Di smog si muore davvero.

L’auto a benzina e a gasolio è un lusso che a Milano non ci possiamo più pemettere. Le misure devono essere durissime e coraggiose, e non possono riguardare solo il centro storico, che qui è davvero piccolo. Pedonalizzazione del centro e isole pedonali estese in tutti i quartieri. Incentivi per miniauto elettriche. Multe salatissime, spaventose, per condomini e negozi super-riscaldati (c’è da sentirsi male per il caldo, in certi ambienti): è inverno, assurdo pretendere di stare in t-shirt, che la gente si infili un maglione. Creazione di polmoni verdi un po’ ovunque, piantumazione di tutte le aree piantumabili, gli alberi fanno un ottimo lavoro. Investimento di molte risorse sul trasporto pubblico. Taxi a tariffe accessibili.

Inutile continuare a rilevare il tasso di polveri, biossidi e tutto il resto. Non riusciamo a respirare, tanto basta. Le cose da fare sono queste, inutile girarci intorno.  E vanno fatte al più presto. Con il pugno di ferro.

ambiente, Politica Novembre 24, 2011

Italia, Macchina del Fango

L’Italia sta smottando tutta insieme. E’ l’effetto congiunto del nuovo regime pluviale, e del fatto che i nodi degli interventi -o non interventi- sul territorio (in particolare l’abbandono dell’agricoltura, ovvero la fine della cura della terra) stanno arrivando al pettine simultaneamente. E’ un effetto impressionante, apocalittico, biblico. Metafora fin troppo facile di tutti gli altri smottamenti spirituali e materiali che stiamo vivendo.

Il nostro Paese è diventato la Macchina del Fango.

Il neoministro dell’Ambiente Corrado Clini dev’essere un tipo impaziente. Probabilmente si deve al fatto che è stato per decenni nel backstage, e ora ha finalmente l’occasione di dire quello che pensa. Dopo le sue esternazioni a 360 gradi appena 24 ore dopo la nomina, ora dice che per le zone a grave dissesto idrogeologico non c’è altra soluzione che “svuotarle” e trasferire altrove abitazioni e imprese. Rimedio forse anche più apocalittico del problema. Il fatto è che, tanto per dire, l’84 per cento dei comuni del messinese è a rischio, e il 100 per cento di quelli della Calabria. Su 6633 comuni italiani, fuori pericolo è solo il 18 per cento.

Mi domando -e vi domando- se la strada sia questa. Mi domando se il ministro Clini sia in possesso di questi dati.

ambiente, Politica, Senza categoria Ottobre 31, 2011

Strage in Liguria: c'entrano le dighe?

Traggo dal Secolo XIX:

«Pretendiamo certezze: abbiamo diritto ad avere la prova provata sul corretto utilizzo delle dighe di Giaredo, nel comune di Pontremoli e di Teglia, nel comune di Mulazzo. Quando e come vengono effettivamente aperte, la consistenza del flusso d’acqua che viene immessa sul letto del fiume e non solo»: firmato Umberto Galazzo. Il sindaco di Ameglia insieme ai residenti di Fiumaretta, Bocca di Magra e Cafaggio, le zone più colpite dalla “doppia esondazione” degli scorsi 23 e 25 dicembre, guardano a monte, da dove scende il fiume, e vogliono vederci chiaro.

«Lungo il corso del fiume Magra _ scrive il sindaco _ in Toscana, le dighe di Giaredo (120mila metri cubi d’acqua di portata) e Rocchetta (5milioni), gestite da Edison sono regolate da una circolare della Presidenza del Consiglio (19 marzo 1996): quella circolare va cambiata, è stata pensata più in funzione della sicurezza degli impianti che non degli abitanti a valle. In base ad essa e al Piano Diga, si deduce che l’apertura della diga avviene in questo modo: raggiunto un certo livello identificato come massimo, tanta acqua entra, altrettanta viene scaricata. Quantità che ci dicono non essere significative, che però in un momento di piena andrebbero evitate. Detto questo, al di là del metodo che noi non condividiamo, siamo certi che questo protocollo sia stato rispettato? Anche perché consultando i livelli degli idrometri ora per ora durante la notte del 24 dicembre, anche che da profani qualcosa non ci torna. Chiedo che sia modificata la circolare e conseguentemente i piani diga, in modo che non si generino sovrapposizione di effetti tra la piena del fiume in corso per cause naturali e l’acqua che fuoriesce dalla diga: per evitare ciò, essendo le previsioni meteo molto precise, proponiamo la riduzione dell’altezza del bacino, con conseguente apertura della diga al momento del ricevimento della cosiddetta “allerta 1″»

Aggiungo io: gli abitanti di Aulla e di altri comuni colpiti dalla bomba d’acqua parlano di una massa enorme arrivata all’improvviso. Alcuni sospettano che qualcuna di queste dighe sia stata aperta di colpo, con effetti rovinosi e tragici. Non pioveva da molte ore, e quella spaventosa quantità d’acqua non sembrerebbe giustificata. Nonostante gli abitanti della bassa Lunigiana siano abituati alle esondazioni del Magra, nessuno si aspettava un evento così repentino. 

L’ipotesi tuttavia non varrebbe per la catastrofe sull’altro versante del golfo di La Spezia, in Val di Vara e alle Cinque Terre.

AMARE GLI ALTRI, ambiente, Donne e Uomini, economics, Politica Settembre 28, 2011

Il Paese del Wellness

Non sono Mario Monti, o Prodi, non sono Mario Draghi e nemmeno Rosy Bindi. Sono niente di niente, solo una donna che si dà la libertà di pensare e di comunicare quello che ha pensato, e a cui interessa più la nostra casa comune che la sua propria. E che ha bisogno di capire di che cosa stiamo parlando quando parliamo di economia, che cosa si intende per crescita, ad esempio, e per sviluppo. Una che, come quasi tutti -salvo quei pochi che della confusione si giovano e speculano, facendo ballare il resto del mondo-, vorrebbe sapere da che parte spingere per andare incontro al meglio, per noi e soprattutto per i nostri ragazzi.

E allora quando penso al nostro paese, penso due cose: che ce la faremo, ce l’abbiamo sempre fatta, purché cresca il numero di donne e uomini di buona volontà che impegnino le loro energie e il loro desiderio in questa direzione; e che si deve accettare il nuovo che arriva, nel suo bene e nel suo male, e aprirgli la strada. Mi immagino un paese, è quello in cui vorrei vivere, in cui penso che convenga vivere, e provo a raccontarvelo. Se tu sai quello che vuoi, se lo vedi, se lo pratichi, è come se lo mettessi già al mondo -la mia diletta Mary Daly parlava di “campi morfogenetici” ingenerati dal desiderio-.

Io la vedo così: un paese che ha come risorsa non il petrolio, non l’oro, ma il bene della bellezza in tutte le sue forme. Un piccolo paese a cui la Provvidenza, se ci credete, ha dato il compito di testimoniare il qualis, più che il quantum. E’ questo che ci viene bene, è questo che il resto del mondo viene a cercare qui, senza dubbio: la bellezza naturale e artistica nella sua stupefacente varietà, la capacità di trasformare la materia in bellezza, il piacere, la dolcezza di vita che ne viene.

Di questo potremmo avere il privilegio di vivere. Di bellezza, di wellness. E’ in questa risorsa che dovremmo investire. E’ a questo, in tutte le sue declinazioni, che dovremmo preparare le ragazze e i ragazzi. A valorizzare, a produrre, ad amministrare bellezza in tutte le sue declinazioni. Agevolando in ogni modo l’apprendistato delle nostre belle arti. Favorendo e sostenendo la libera impresa in tutti i settori che hanno a che vedere con questa risorsa, dal turismo alle attività culturali, all’agricoltura, all’enogastronomia, all’artigianato. Creando tutte le infrastrutture necessarie. Finanziando ricerca, anche biomedica, che abbia a che vedere con la sana alimentazione, con il buon vivere (per es. nel settore della medicina preventiva e antiaging).

Insomma, ne ho dette solo alcune e in ordine sparso, per capirci. Volendo, qui ci sarebbe l’embrione di un programma di sviluppo. Ma finché le dico solo io… Sarebbe bello che la politica della rappresentanza -o politica seconda-, con la più ampia convergenza, assumesse se non proprio questa visione, che mi convince molto, quanto meno UNA visione, facendone il goal del lavoro di ricostruzione che ci tocca, come ci toccò dopo la guerra, la stella polare di quel “retto vivere” invocato dalla Chiesa, esortazione a cui tutti dobbiamo corrispondere, a cominciare naturalmente da chi si è assunto le più onerose responsabilità pubbliche e che la retta via l’ha del tutto smarrita.

Temo che per tutto questo servirà un rinnovamento radicale -non parlo solo di alternanza politica, oggi sarebbe troppo poco– una nuova classe di amministratrici e amministratori, capaci di assumere una visione -io la mia modestamente l’ho presentata qui- di renderla chiara a tutti, il che sarebbe già un grande passo, e di agevolare la sua materializzazione.

E credo che Expo 2015, evento sul quale vi invito a porre la massima attenzione, potrebbe costituire il laboratorio del nostro Paese nuovo.