Non bastassero lo spavento e la sfiducia ingenerati dal fatto che perfino chi porta una divisa e ti dovrebbe difendere potrebbe essersi reso responsabile di uno stupro, le parole del sindaco di Firenze Nardella procurano un grande dispiacere. Non perché importi di Nardella, intendiamoci. Ma perché se un giovane uomo, in grado di reggere il peso della funzione di primo cittadino, pur condannando lo stupro delle studentesse americane di cui sono accusati due carabinieri è così inopportuno da cogliere l’occasione per dire che “è importante che gli studenti americani imparino che Firenze non è la città dello sballo”, rimproverando in sostanza le due ragazze di aver alzato il gomito e di essersi messe nei guai, ebbene, è la conferma che la lotta alla violenza sessista non sta funzionando. Che la missione è ben lontana dall’essere compiuta. Se non ha capito lui, saranno in tantissimi a non aver capito.

Conferma, dico, perché i dati recenti del Viminale ci hanno già detto che fra i numeri di tutti i reati, quello della violenza è praticamente l’unico a rimanere stabile. Una lettura ottimistica potrebbe suggerire che a essere stabile è il numero dei casi denunciati (punta di un mostruoso iceberg che resta sommerso). E quindi che le donne non smettono di denunciare nonostante l’archiviazione di gran parte delle denunce, nonostante vengano spesso lasciate sole anche dopo aver denunciato, nonostante alcune sentenze da anni Cinquanta. Di questi tempi sarebbe già una discreta notizia. Ma la vera sostanza è che la violenza non si ferma.

Un enorme baraccone, con tanto di kermesse, bambole, scarpette rosse, sagre paesane e feste in borgo, trasmissioni tv, business della formazione –che dà inopportunamente da mangiare anche a molti uomini- e scarsa attenzione o addirittura ostacoli frapposti al lavoro di centri di donne che operano sul campo da oltre trent’anni (martedì di fronte a Regione Lombardia un presidio di protesta, tutte le info qui.

Ma i risultati sono scarsi e nulli.

La lotta alla violenza va interamente ripensata. Come? Per esempio:

  1. aumentando i finanziamenti: recentemente la Spagna ha stanziato un miliardo di euro per la lotta alla violenza, riconosciuta come emergenza, qui siamo a un pugno di milioni
  2. favorendo i centri autogestiti da donne, nel rispetto della Convenzione di Istanbul, e riconoscendo che solo nella relazione con le altre una donna può riconoscere la propria libertà e riprendere in mano la propria vita
  3. facendo piazza pulita dei progettifici, spesso maschili, che cercano di intercettare fondi
  4. liberando la lotta alla violenza dall’invadenza dei partiti
  5. liberando la lotta alla violenza dai troppi uomini
  6. liberando la lotta alla violenza dalle questioni di opportunità politica: non deve capitare, come è successo in Svezia e recentemente ammesso, che la polizia tenga nascosti casi di violenza a opera di migranti “per non favorire il partito anti-immigrazione”
  7. riconoscendo l’importanza di una “filiera” femminile nella gestione dell’antiviolenza, non solo per quanto riguarda i centri, ma anche tra le forze dell’ordine e nell’esercizio della giustizia: trovarsi davanti una giudice non è in sé garanzia di una giustizia giusta, ma senz’altro incoraggia le donne a denunciare, perché della violenza che subiscono le donne vogliono parlare con donne

E’ solo qualche idea, per ripartire con il piede giusto.

 

 

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