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stefano rodotà

Donne e Uomini, Politica Settembre 29, 2013

Sovrane e libere dal potere

Ogni anno a Katmandu, Nepal, nel corso di una solenne cerimonia, la dea-bambina Kumari è chiamata a rilegittimare con la sua superiore autorità il potere del Presidente della Repubblica laica.

Non è raro che sia una fanciulla a incarnare l’idea di una sovranità ben più alta di ogni potere. Una vergine, ovvero non ancora compromessa con l’ordine simbolico maschile, capace di un’autorità che non è dominio e di una potenza che non è violenza. Come la “nostra” Maria, come Agata e le altre sante celebrate e blandite con processioni e “cannalore”.

Nel suo ardente “Sovrane” (il Saggiatore, pp. 238, € 18,00) la filosofa Annarosa Buttarelli ragiona su quest’altra idea di sovranità, ben più antica della potestas che ha orientato l’assolutismo monarchico e la democrazia rappresentativa. Idea che i riti, prevalentemente maschili, custodiscono e a un tempo esorcizzano: finita la festa, gabbate le sante, che sono rimesse a tacere.

Si tratta invece, a questo punto critico della storia del mondo, di onorare definitivamente il debito con le “sovrane” lasciandole parlare, e fare. Di intraprendere un nuovo inizio della convivenza umana che tenga conto della differenza femminile.

Si tratta di “ripartire dalle origini dei processi e, se queste origini si rivelassero infauste, trovare la forza e l’intelligenza necessaria per crearne altri differenti”. Cominciando con il “togliere definitivamente dalla rimozione ciò che è accaduto del 403 a. C. ad Atene”, anno e luogo di nascita della democrazia: ciò che lì fu rimosso è il due che siamo, uomini e donne ritenute “parenti acquisite” e rinchiuse nel privato. Non aver tenuto conto dei corpi e dei pensieri delle donne, e della fonte della loro autorità, è ragione di ogni altra ingiustizia, che non può essere sanata se non confidando in una “conversione trasformatrice”.

Nel saggio, scritto con arendtiano “amor mundi” e con l’intento di orientare l’azione politica qui e ora, molti esempi di sapienza al governo: Cristina di Svezia, Elisabetta I d’Inghilterra, Ildegarda di Bingen. Inaspettatamente, anche la derelitta Antigone: sovrana, lei? e di che cosa? In lei il principio di sovranità si mostra purissimo nell’amore radicale per una verità che esiste “da sempre: la vita con le sue leggi e la sua trascendenza, le relazioni di cui abbiamo bisogno per vivere e la condizione umana calata in un cosmo che impone spesso un suo ordine”. Antigone non contro la legge, ma sopra –sovrana-, nell’ordine di ciò che è “eterno, universale e incondizionato” (Simone Weil), immersa nel mistero della “struttura che connette”, come la chiamerà Gregory Bateson, e da cui la politica di oggi sembra voler prescindere.

La logica inclusiva della parità e delle quote, scrive Buttarelli, è ben poca cosa: la posta in gioco “non sono i posti di potere”, ma “la decisa dislocazione della sovranità dal potere. In particolare, le donne si mostrano estranee al concetto di rappresentanza, per affidarsi alla pratica delle relazioni reali. Portare la sapienza al governo significa portarvi questa competenza relazionale e attenersi in ogni atto al primato della vita.

Due esempi di questo governare che non è rappresentare: la vicenda delle operaie tessili di Manerbio, Brescia, che tra gli anni Ottanta e Novanta affrontarono la crisi della fabbrica rifiutando la rappresentanza sindacale e portando l’amore –tra loro stesse, per i loro prodotti, per chi li comprava- al tavolo di trattativa. E quella di Graziella Borsatti, sindaca a Ostiglia, Mantova, tra il 1991 e il 2004, che saltando l’astrazione della rappresentanza e mettendo in campo relazioni contestuali e concrete, fece della sua giunta e di tutta la città una “comunità governante”, orientata dal proposito di “disfare il potere e agire il benessere”: primum vivere.

Presentando “Sovrane” al Festivaletteratura di Mantova, Stefano Rodotà si è detto colpito dalla sapienza di queste pratiche, ha parlato di “fondazione di un pensiero” e ha ammesso di avere “imparato molto”. Gli rispondono idealmente, invitando a una nuova politica da subito, le parole con cui Annarosa Buttarelli chiude il saggio: “Se il meglio è accaduto a Brescia e a Ostiglia può accadere ancora, oggi e ogni volta che sarà necessario”.

(pubblicato oggi su La Lettura-Corriere della Sera)

Donne e Uomini, Politica Settembre 10, 2013

Rodotà, Civati, le donne: dal dire al fare

Annarosa Buttarelli, autrice di “Sovrane, e Stefano Rodotà al Festivaletteratura di Mantova (tra loro, io)

Sabato al Festivaletteratura di Mantova, davanti a una platea affollatissima, ho avuto il piacere di presentare “Sovrane”, ultimo libro della filosofa Annarosa Buttarelli (ne parleremo qui diffusamente e presto). Insieme a me, a commentare le tesi esposte nel saggio, Stefano Rodotà. In platea, ad ascoltare, Pippo Civati. Due protagonisti della politica italiana (maschile), e non per caso proprio loro due: l’uno candidato pochi mesi fa alla presidenza della Repubblica (e ancora acclamato come presidente in pectore), l’altro attualmente candidato alla segreteria del Pd, entrambi ad ascoltare -finalmente- quello che aveva da dire su questioni come sovranità, democrazia, rappresentanza una donna impegnata da molti anni nella politica della differenza

Il libro di Buttarelli è un testo di intenso amore per il mondo, e quindi un libro squisitamente politico -perché la politica è amore per il mondo, è districare le nostre vite dal potere. E di grande fiducia in una conversione trasformatrice, in un ricominciamento politico a partire dal due che siamo, donne e uomini. Non aver tenuto conto di questo due e della differenza femminile secondo Annarosa Buttarelli è all’origine di ogni altra ingiustizia, che non può essere sanata se non in questa prospettiva. E’ vano sperare in un mondo più giusto e meno infelice senza pensare a un’idea di sovranità diversa da quella che orienta la democrazia rappresentativa, ovvero senza tenere conto delle donne, del loro pensiero, e della fonte della loro autorità. A questo pensiero, all’idea dell’esercizio di un’autorità che non coincida con l’esercizio del potere, di un dispositivo di regolazione della convivenza umana che non abbia a che vedere con la brutalità del dominio e dei rapporti di forza, il mondo della politica maschile resta ostinatamente sordo. Ed ecco invece alcune eccezioni a questa sordità.

L’attenzione pubblica di Rodotà alle tesi di Buttarelli ha avuto un forte impatto simbolico: si è trattato di un alto riconoscimento e di un omaggio -del tutto opportuni- al pensiero politico di una donna radicata nella differenza femminile. Rodotà ha riconosciuto la “debolezza dell’idea di sovranità”, si è detto “in debito” con la sapienza delle donne, ha affermato di avere “imparato molto”, ha parlato di “fondazione di un pensiero”, ha ammesso la necessità del “primum vivere”. Anche da Civati, frequentatore più assiduo del pensiero della differenza, parole di grande apprezzamento.

Si tratta però ora che questo pensiero venga metabolizzato e diventi finalmente carne viva della politica di questi uomini, che ne cambi geneticamente il linguaggio, che se ne faccia un’esperienza autenticamente trasformativa da cui siano impossibili inerziali ritorni indietro. Si tratta che questi uomini che sanno ascoltare sappiano anche assumere fino in fondo un pensiero realmente in grado di infrangere i codici di una politica sterile, scadente e senza prospettive.

Si tratta di essere pronti a un salto quantico. A un salto di civiltà. Niente meno di questo.

Stiamo a vedere.

 

 

Donne e Uomini, Politica, questione maschile Settembre 5, 2013

I nuovi astenuti sono del Pd

 

Festa del Pd a Milano: sul palco una per caso (io). (foto Mercedes Lanzillotta)

I sondaggi (qui quello di Swg)  restituiscono un Pdl primo partito, lieve ascesa di Grillo, calo del Pd (Scelta Civica in via di estinzione). Sempre enorme la quota di astenuti-indecisi: quelli di febbraio, a cui si aggiunge una cospicua quota di delusi del Pd, valutata intorno al 5 per cento, traditi dalle larghe intese, 101 e da tutto quello che sappiamo. La vera notizia del sondaggio è che la forbice tra cittadini e “politica” (chiamiamola così) non smette di allargarsi.

Interessante il fattore Letta (cresce la fiducia nel premier, che insidia il passepartout Renzi). Anche se solo Matteo Renzi, secondo altri sondaggi, porterebbe in dote quel 5-6 per cento in più che consentirebbe al centrosinistra di vincere con ampio margine (e quindi a Franceschini, Fioroni, Veltroni e a tutti gli altri sostenitori dell’ultimo minuto di avere qualche chance di sopravvivenza), riportando a casa parte dei transfughi e rubando un po’ di consensi al centrodestra.

Salvo variazioni da un giorno all’altro –la situazione è estremamente volatile- lo scenario è questo.

Quello che non cambia è l’idea vecchia, berlusconiana, televisiva, commerciale del partito come emanazione di un carisma (?) individuale. Non c’è un solo partito (Pdl, 5 Stelle e, a breve, anche il Pd di Renzi) che possa sopravvivere alla caduta del suo leader. Ieri ho fatto l’esperienza di coordinare un dibattito alla festa del Pd di Milano, e nonostante i miei sforzi i contenuti sono rimasti decisamente sullo sfondo, con le facce (quella di Renzi) in primo piano.

Quello che non cambia è una politica che resta un gioco saldamente maschile, nei suoi tempi, nei suoi modi e nei suoi protagonisti: l’ingresso di molte più donne nelle istituzioni rappresentative non ha prodotto alcun cambiamento significativo. Al dibattito di ieri c’erano 8 uomini a confrontarsi, giusto io a coordinare il dibattito e a fare da foglia di fico. Non mi sarei prestata, se l’avessi saputo per tempo.

Finché questo non cambia, non cambierà nulla.

Ne parleremo sabato 7 alle ore 15 al Festivaletteratura di Mantova, con Annarosa Buttarelli e Stefano Rodotà, a partire da “Sovrane”, nuovo libro di Buttarelli.

Politica Aprile 21, 2013

Pd: sconnessione completata

Sentendo tanti commentatori parlare di fatto “storico” (il Napolitano bis), e poi gli applausi, la soddisfazione, le pacche sulle spalle, i visi distesi, insomma ce l’abbiamo fatta, si complimenta pure Obama, ora si farà questo cavolo di governo comme il faut, ovvero larghe intese, ovvero l’inciucione, cvd (e se Grillo non ci sta, be’: meglio così, era l’effetto che volevamo ottenere).

Vedendo dall’altra parte la rabbia del popolo pd tradito che l’inciucio non lo voleva, e che esplode liberandosi in rete, troppo a lungo trattenuta, e la piazza romana, soprattutto Pd e M5S, tutta gente che pensa invece che di storico c’è solo che il corso della Storia è stato bloccato, e possibilmente un po’ invertito, con l’unica logica di rimandare la fine dei pochi contro l’interesse dei molti, di durare ancora un po’, un anno, due, poi si vedrà (non ascoltare ‘sti caxxi di cittadini, non andare in rete, tappati le orecchie, fai come le tre scimmiette e vota).

E il “fantasma” di Rodotà, che per tantissimi era diventato il simbolo della svolta -sì, anche per chi non ha mai letto i suoi saggi- e tutti che sono ancora lì a chiedersi stupefatti perché il Pd non l’ha sostenuto (elementare, Watson: power, money) e che d’ora in avanti perseguiterà i dirigenti piddini come il fantasma di Banquo perseguita Macbeth.

Be’, vedendo tutto questo direi che il programma di sconnessione tra politica e cittadini è completato, la corda si è rotta, con particolare riferimento al Partito Democratico, il più sconnesso di tutti.

In molte città oggi il Pd organizza segreterie d’urgenza e incontri con i circoli, un po’ come provare a rimettere insieme i cocci di un vaso andato in frantumi con una colla da bambini, acqua e farina.

Il peggio deve ancora venire. Per il Pd di sicuro.

 

Politica Aprile 20, 2013

“A congresso subito”: parla Puppato

Laura Puppato in treno, sta rientrando in Veneto per una domenica in famiglia. La segreteria del Pd si è appena dimessa in blocco.

La prima cosa che le chiedo è come ha votato nell’ultimo scrutinio.

Ho tentato in tutti i modi di portare il Pd su Rodotà. Anche dopo che il nome di Prodi è stato bruciato, ed è stato un grave errore, perché il profilo internazionale della sua candidatura era molto interessante. Non ci sono riuscita. Alla fine ho votato Napolitano“.

Chi ha affossato Prodi?

I dalemiani, in blocco. Una parte di mariniani, per senso di rivalsa. Quanto ai renziani, Matteo Renzi dice di aver dato un’indicazione chiara e univoca, ma probabilmente alcuni tra loro hanno colto l’0ccasione per dare la scossa definitiva a Bersani“.

Qual è stato il vero ostacolo alla candidatura Rodotà?

Proprio l’atteggiamento oltranzista dei 5 Stelle. Anzi, di Grillo. Rodotà era disponibile a ritirarsi per far convergere i voti su Prodi, molti dei 5 Stelle la valutavano come un’ipotesi ragionevole, ma poi è arrivato il niet di Grillo. Il suo vero obiettivo è la distruzione del Pd. Credo che oggi Rodotà sia dispiaciuto del fatto di non aver ritirato la sua candidatura. Il nome di Prodi era l’unica possibilità per evitare il governo a larghe intese. E invece, purtroppo, il bene del Paese è scivolato il secondo piano. Ognuno ha condotto la sua battaglia. Hanno vinto i personalismi, lo sfascimo, il tanto peggio-tanto meglio“.

Che cosa capiterà al Pd?

Nichi Vendola dice che sarebbe bene anticipare i congressi di partito a maggio. Credo abbia ragione. Non possiamo aspettare. Ma la cosa prioritaria è definire in modo chiaro punti di programma e principi condivisi. Non possiamo più permetterci di ridiscutere ogni volta daccapo su qualunque questione. Il segretario andrà scelto sulla base di intenti chiari e condivisi“.

Ha già in mente un nome per la segreteria?

Onestamente non ci ho ancora pensato“.

Pensa che ci sia un rischio concreto di scissione?

Sarei disonesta se dicessi di no. Ma credo che quella che giudico la parte migliore del Pd tenga molto al fatto che il partito non si divida. L’altro giorno, per consolarmi, pensavo che la Chiesa è riuscita nel rinnovamento, partendo da problemi non meno gravi dei nostri. Perché non dovremmo farcela noi? Io mi sento un po’ come Don Milani, che la Chiesa non l’ha mai lasciata. Pur con tutti i problemi, con tutte le criticità, voglio continuare a far parte del Pd“.

Politica Marzo 3, 2013

Un governo “a progetto”: parla Civati

 

Se un dialogo ci fosse, il neodeputato Giuseppe Civati detto Pippo sarebbe uno dei pochi rappresentanti del Partito Democratico a poter dialogare con il Movimento 5 Stelle: per oggettiva convergenza su molti temi, e per avere da sempre considerato i grillini interlocutori politici a pieno titolo. La sua ipotesi è quella di un “governo a progetto” appoggiato dai 5 Stelle.

“Non si può pensare di procedere con i soliti schemi” dice. “Ovvero: prima si trova una maggioranza a tavolino e poi la si riempie di contenuti. Il quadro si è rovesciato. Meglio, è stato rovesciato dagli elettori. Non essendoci una maggioranza chiara, si individuino le priorità, ovvero quei punti che escono con maggiore chiarezza dal voto, e si discutano con la massima trasparenza. Se l’accordo su quei 5 o 10 punti si trova, allora c’è anche una maggioranza per fare un governo. Mi pare invece che il Movimento 5 Stelle mitizzi un po’ l’idea della “fiducia”. Dare la fiducia a un governo non significa sposarsi, significa fare un accordo a termine. Giusto per il tempo che serve a portare a casa le riforme condivise. Alla fine si tirano le somme, e si vede come andare avanti”.

Sta parlando dei punti di Bersani?

Sto parlando dei miei punti. Pubblicati e ampiamente argomentati un anno fa, e non il giorno dopo le elezioni: legge sul conflitto di interessi, nuova legge elettorale, legge contro la corruzione, riduzione delle spese militari, cancellazione dell’Imu sulla prima casa fino ai 500 euro, reddito di cittadinanza, revisione della spesa, riforma del sistema bancario, sostegno all’economia con incentivo al microcredito e abbassamento delle tasse su chi lavora e produce, e ovviamente riforma della politica, con riduzione di compensi e indennità per parlamentari e ministri e tetto massimo per gli stipendi dei manager”.

Non mi pare siano diventati centrali nella campagna del Pd.

“Nemmeno a me, purtroppo. Ma su buona parte di questi punti, se non su tutti, con i 5 Stelle la convergenza c’è”.

C’è consapevolezza, nel Pd, degli errori commessi nella gestione del patrimonio-primarie?

“Molti hanno capito. Altri invece sostengono di non aver condiviso l’impostazione della campagna elettorale: curiosamente proprio quelli che sono andati di più in tv, e che questa campagna l’hanno fatta in prima linea… E poi ci sono quelli, come me, che hanno tentato di lanciare messaggi “stellari”, con scarso successo”.

Oggi la sua impostazione è condivisa nel partito?

“Molto, tra gli elettori. Tra i dirigenti le posizioni sono le più varie. I più giovani sono convinti della necessità di un progetto alto e a termine. Per il resto si va dal Monti-bis, al governo del Presidente, all’ “inciucione” Pd-Pdl: e se i toni del confronto continueranno a essere quelli di oggi, il rischio che si concretizzi questa ipotesi è piuttosto alto”.

Che segnali arrivano dai 5 Stelle?

“Vedremo l’esito dei loro incontri. Sostanzialmente c’è una tendenza costruttiva e una più distruttiva, tanto peggio-tanto meglio. Ma se si dovesse tornare al voto, l’esito sarebbe insondabile: i 5 stelle potrebbero fare il pieno oppure ridimensionarsi. Potrebbe vincere Berlusconi. Oppure noi… Il quadro è molto mobile. Per questo dai 5 Stelle mi aspetto segnali chiari, e massima serietà: dicano che cosa intendono fare. Anche solo per cambiare la legge elettorale un governo serve”.

In che tempi si chiarirà il quadro?

“Nel giro di un paio di settimane, suppongo. Quando ci vedremo per la prima volta in Parlamento, il 15 marzo, sapremo dove si va a parare. Se tutti rimangono fermi sulle loro posizioni, il presidente Napolitano darà un incarico in base alla congruità dei programmi”.

Si fa il nome di Giuliano Amato

“Poi lo voglio vedere tagliare i costi della politica, con una pensione che supera i 31 mila euro al mese!”.

Me ne fa qualche altro?

Fabrizio Barca. O Stefano Rodotà. Entrambi molto stimati. Ma io penso che il primo a provarci dovrebbe essere il leader dello schieramento che ha vinto le elezioni, come capita in ogni Paese civile. Ovvero Pierluigi Bersani”.

Qualcuno auspica l’incarico a un giovane o a una donna, come segno di forte discontinuità.

“Purché chiunque venga incaricato dimostri coraggio e senso di responsabilità. E non faccia prevalere ragionamenti di convenienza personale, o la paura di essere bruciato”.

Si riferisce a Matteo Renzi?

“Mi riferisco a chiunque, uomo o donna, sia incaricato dal Presidente. In sostanza, tutto ruota intorno a due cardini: niente snobismi nei confronti di nessuno; e un po’ di rigore da parte di tutti gli attori, altrimenti si rischia di dover tornare al voto. E ribadisco: a vantaggio di chi è tutto da vedere”.