Serie: tutto per i ragazzi, restituiamo loro almeno parte del debito mostruoso che gli abbiamo caricato sulle spalle.

1. Ha ragione Ivan Lo Bello, vicepresidente di Confindustria, quando chiede “di introdurre tirocinii e praticantati durante i corsi universitari, visto che oggi i nostri ragazzi incontrano il lavoro mediamente tre anni più tardi rispetto ai loro colleghi europei” (Corriere di ieri).

Intenderei la cosa in senso molto ampio: non solo, per esempio, stage in uno studio legale per chi vuole fare l’avvocato o in uno studio di architettura per chi intende fare quel mestiere, ma esperienze lavorative in senso lato, preferibilmente convertibili in crediti universitari, per sperimentare il lavoro in sé, e per verificare sul campo se la scelta di studio è stata quella giusta, rendendo possibili eventuali correzioni di rotta con piani di studi molto flessibili e tagliati su misura. Se, poniamo, uno studente di legge scoprisse in corso d’opera che la sua vera passione è la ristorazione -esagero- potrebbe orientare il suo piano di studi in senso commercial-gestionale, completare il triennio in studi giuridici e poi dedicarsi pienamente ad apprendere la sua professione. Perché poi ritrovarsi a fare il lavoro sbagliato è quasi peggio che fare il matrimonio sbagliato, oltre che garanzia di sicuro insuccesso e perdita secca per la comunità. E’ a vent’anni, e non a trenta, che uno impara bene un mestiere, e incastrarsi fino a 27-28 in una lunga teoria di master e contromaster non può essere la strada per tutti.

2. Sogno da tempo hub creativi permanenti nelle nostre città, dove le idee in embrione dei ragazzi possano incontrare liberamente l'”how to do it” e l’esperienza degli adulti, con relativi incubatori di progetto e d’impresa, microcredito e debito d’onore, convenzioni con aziende, canoni agevolati o comodati per l’affitto di spazi ecc. ecc.

Cosa dite? Ci si prova?