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Donne e Uomini, Politica, questione maschile Settembre 5, 2013

I nuovi astenuti sono del Pd

 

Festa del Pd a Milano: sul palco una per caso (io). (foto Mercedes Lanzillotta)

I sondaggi (qui quello di Swg)  restituiscono un Pdl primo partito, lieve ascesa di Grillo, calo del Pd (Scelta Civica in via di estinzione). Sempre enorme la quota di astenuti-indecisi: quelli di febbraio, a cui si aggiunge una cospicua quota di delusi del Pd, valutata intorno al 5 per cento, traditi dalle larghe intese, 101 e da tutto quello che sappiamo. La vera notizia del sondaggio è che la forbice tra cittadini e “politica” (chiamiamola così) non smette di allargarsi.

Interessante il fattore Letta (cresce la fiducia nel premier, che insidia il passepartout Renzi). Anche se solo Matteo Renzi, secondo altri sondaggi, porterebbe in dote quel 5-6 per cento in più che consentirebbe al centrosinistra di vincere con ampio margine (e quindi a Franceschini, Fioroni, Veltroni e a tutti gli altri sostenitori dell’ultimo minuto di avere qualche chance di sopravvivenza), riportando a casa parte dei transfughi e rubando un po’ di consensi al centrodestra.

Salvo variazioni da un giorno all’altro –la situazione è estremamente volatile- lo scenario è questo.

Quello che non cambia è l’idea vecchia, berlusconiana, televisiva, commerciale del partito come emanazione di un carisma (?) individuale. Non c’è un solo partito (Pdl, 5 Stelle e, a breve, anche il Pd di Renzi) che possa sopravvivere alla caduta del suo leader. Ieri ho fatto l’esperienza di coordinare un dibattito alla festa del Pd di Milano, e nonostante i miei sforzi i contenuti sono rimasti decisamente sullo sfondo, con le facce (quella di Renzi) in primo piano.

Quello che non cambia è una politica che resta un gioco saldamente maschile, nei suoi tempi, nei suoi modi e nei suoi protagonisti: l’ingresso di molte più donne nelle istituzioni rappresentative non ha prodotto alcun cambiamento significativo. Al dibattito di ieri c’erano 8 uomini a confrontarsi, giusto io a coordinare il dibattito e a fare da foglia di fico. Non mi sarei prestata, se l’avessi saputo per tempo.

Finché questo non cambia, non cambierà nulla.

Ne parleremo sabato 7 alle ore 15 al Festivaletteratura di Mantova, con Annarosa Buttarelli e Stefano Rodotà, a partire da “Sovrane”, nuovo libro di Buttarelli.

Politica, Senza categoria Gennaio 13, 2013

Houston, qui Ohio. Abbiamo un problema

Da quando vivo a Milano, cioè dalla nascita, ho sempre visto la sinistra, e in particolare tutta la filiera dal Pci al Pd, rimbalzarsi l’oggetto non identificato “Lombardia” come una patata bollente. Capita un po’ come -posso dire?- nei giornali: quelli meno graditi ai direttori, o ritenuti meno bravi, o meno protetti, mandati un po’ miopemente al confino nell’online. Senza pensare che l’online sta diventando, com’era ampiamente prevedibile, il reparto strategico.

Ecco, la Lombardia per la sinistra è un po’ così. A parole importante, importantissima, strategica. E del resto tutte le cose politicamente rilevanti sono sempre cominciate qui, compresa l’ultimissima svolta arancione. Ma a uno sguardo romano, la Lombardia e Milano restano totalmente incomprensibili. A parole, l’Ohio. Nei fatti, la provincia dell’impero. Eventualmente luogo di confino, dove piazzare qualche candidatura imbarazzante. Gli stessi funzionari lombardi, appena possono, tentano la fuga a Roma: in tanti stanno andando in Parlamento, lasciando sguarnita la prima linea e dando l’idea di non crederci. Ci aveva pensato anche il segretario regionale Maurizio Martina, che poi però ha cambiato idea (o gli hanno suggerito di cambiarla). Ma forse a spiegare tante cose basta il fatto che ci abbia pensato, a  operazione Ambrosoli aperta.

Leggo che perfino il Wall Street Journal e il Financial Times si occupano di noi: qui si gioca una partita decisiva per gli eventuali Stati Uniti d’Europa, o anche per quelli disuniti. Ma il fuggi-fuggi generale fa ritenere che a sinistra quei giornali non li leggano, e dà il senso di una smobilitazione preventiva.

Il centrodestra, ben più radicato territorialmente -che cosa sia la Lombardia, Maroni e i suoi colleghi lo sanno invece molto bene -è dato più avanti: sia alle regionali, dove se non ci fosse l’impuntamento di Albertini, la partita sarebbe bell’e chiusa, sia al  Senato, date un’occhiata a questo sondaggio . E le due partite si giocano insieme. L’incredibile rimonta di Berlusconi è guardata con sconcerto, disprezzata come “fatto mediatico”, in sostanza solo “virtuale”. “Gli italiani non saranno così imbecilli”, si dice. “Non avranno la memoria tanto corta”. E invece a quanto pare ce l’hanno. O meglio -ed è un fatto, mica un fattoide, con cui si devono fare attentamente i conti- forse non bastano i pur freschi ricordi di mazzette, corruzione, ndrangheta a spostare i lombardi a sinistra.

Forse ci vorrebbero buone idee, che senz’altro ci sono, ma stentano a circolare. Forse servirebbero più coraggio e meno ambiguità, e un’idea diversa e meno ottocentesca dei cosiddetti “moderati”. Forse ci vorrebbe un maggior numero di facce che rappresentano con immediatezza le nuove e buone idee, e si dovrebbe saper parlare alla “pancia” degli elettori, intendendola non come i più bassi istinti, ma come il robusto buon senso di un  popolo, usando parole semplici e buone come il pane. Forse si sarebbero dovuti schierare qui i propri talenti migliori, mix tra territorio reale e visionarietà, evitando di collocare certi scarti azotati di Roma: perché oggi gli elettori aguzzano lo sguardo, umiliati dal Porcellum vogliono conoscere anche il numero di scarpe di chi votano.

L’idea è quella di trovarsi su un taxi impazzito, con il tassametro che viaggia alla velocità della luce. E alla fine del viaggio potrebbe esserci il blocco nordista, dal Piemonte al Veneto. Il che significa secessione sostanziale. Siamo al fondo di un enorme imbuto, e tutto accelera all’impazzata. Può capitare di tutto, da un giorno all’altro.

Mi torna in mente un’amica, importante politica del Pci che poi diventò anche ministra, a cui un giorno -ormai milioni di anni fa- segnalai i primi sommovimenti leghisti, dicendole -conosco la mia gente- che quella era una cosa vera, da osservare con attenzione. Mi guardò con un sorriso di compatimento: “Sai che ti voglio bene. Non dirle in giro, certe stupidaggini”.

Io le mie stupidaggini, qui dall’Ohio, continuo a dirle. Fra cui questa: la sinistra ha ancora tempo. Ma ne ha poco.