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slavoj zizek

Donne e Uomini, Politica, questione maschile Ottobre 6, 2014

#Isis: tu non vuo’ fa’ l’amerikano. Ma il tuo capo sì

Dopo che un simpaticone di Isis ha risposto a un mio tweet con uno di quei deliranti proclami sugli infedeli eccetera, e dopo aver visto su Sky uno speciale su quella banda di orribili nazisti (piuttosto impressionante devo dire), tutti quei bambini (maschi) tirati su nell’odio per l’amerikano e con il kalashnikov a tracolla, ho pensato questo:

che l’american way of life, quel modo di vivere, consumare, stare al mondo inteso da noi occidentali, ma anche da loro orientali e medio-orientali, come il top e il max del progresso per un essere umano, quelle libere sorti e progressive hanno perso grande parte della loro attrattività. A quei ragazzi dà molta più soddisfazione e senso e identità pensarsi come nemici degli americani infedeli, ad Allah piacendo, che sperare di poter raggiungere prima o poi i livelli di libertà e di benessere delle democrazie del West. Salvo naturalmente usare le tecnologie del West, non solo le armi, ma soprattutto la rete, per terrorizzarci con teste mozzate poggiate sul dorso di infedeli in tuta arancione (io sono perché quelle immagini NON vengano diffuse, depotenziando l’operazione di propaganda). Ma il fine ultimo, dicevamo, non è più il raggiungimento di quella confortevole esistenza, che pur con tutti i suoi indubbi limiti mi pare decisamente preferibile a ciò che tocca agli uomini e soprattutto alle povere sorelle di quei Paesi, costrette a una vita che non è vita (altro che “dittatura della taglia 42”, cara Fatema Mernissi).

Intendiamoci: l’american way of life non sarà più attrattiva per la manovalanza, per quei giovani maschi esaltati che pensano alle loro future 22, 44, 55 vergini e fanno la ronda nelle città conquistate da Isis per vigilare sullo spessore del velo delle sorelle (se non è abbastanza spesso i fratelli vanno nel pallone), ma a quanto pare, visto le immagini che girano in rete -grandi alberghi, piscine, orologi svizzeri da decine di migliaia di euro- resta molto appealing per i capi di Isis. Il filosofo-psicoanalista Slavoj Zizek lo dice mirabilmente parlando di invidia “verso lo stile di vita dei non credenti” da parte di quei capi “profondamente infastiditi, incuriositi ed affascinati” dalla nostra civiltà.

Resta il fatto che la battaglia è in grande parte culturale. Dobbiamo saper vedere gli errori dell’Occidente, cosa però ben diversa dall’autodemolizione: difendo, per esempio, la democrazia, che pur con tutti i suoi acciacchi resta molto meglio di un califfato; difendo la nostra libera differenza sessuale, anche se i guai non ci mancano: senz’altro preferibile all’essere sepolte vive in bare di rayon. 

Bisogna saper parlare a quelle sorelle (nostre sorelle, di noi donne, non di Isis). Portargliele via una a una.

Il corpo di noi donne è al centro della contesa: ricordiamogli tutte che è NOSTRO.

Donne e Uomini, femminicidio, Femminismo, questione maschile Settembre 9, 2014

Vorrei un 13 febbraio contro i maschi malati di Isis. Ma il femminismo tace

Forse mi è sfuggito qualcosa, ma non ho sentito voci eminenti del femminismo italiano levarsi con decisione contro gli orrori perpetrati dai criminali di Isis. C’è uno specifico sessista di questi orrori: quei criminali sono tutti uomini (salvo le poche vestali autosessiste patologiche arruolate nella Brigata al Khansaa per vessare le proprie simili), e le donne vengono trattate come prede, stuprate, uccise, vendute come schiave.

In una bellissima riflessione pubblicata sul New York Times il filosofo e psicoanalista sloveno Slavoj Zizek, menzionando le “orge grottesche” delle gang di Isis “a base di rapine, stupri di gruppo, tortura e uccisione degli infedeli“, parla di un “fanatismo razzista, religioso e sessista“.

Il sessismo è una componente decisiva di di questo pseudo-fondamentalismo (i veri fondamentalisti, come chiarisce Zizek, dai buddisti agli Amish, non sono violenti né risentiti). Abbiamo letto le strazianti storie di donne yazide suicide dopo essere state violentate. Il corpo della donna è ad un tempo territorio e oggetto simbolico della contesa (l’oggetto reale è sempre e solo uno: i soldi, merce delle merci). La libertà femminile è tra i principali  fattori in campo.

Eppure si esita: alle immagini delle schiave del sesso vendute al mercato di Mossul si oppone scetticismo, si parla di bufale. Sempre pronte a enumerare e stigmatizzare gli errori della politica estera americana in quei territori -errori certi, ammessi anche da Hillary Clinton-, si resta mute di fronte alla catastrofe umanitaria, al genocidio e al “generocidio”. Un malinteso multiculturalismo che ammette perfino il rispetto del jihad e della sharia, come se si trattasse di ordinari usi e costumi locali.

Propense a dare ragione alle intellettuali dell’Islam che indicano aggressivamente i problemi di noi donne occidentali, tipo “la dittatura della taglia 42” (Fatema Mernissi), non ci permettiamo mai di opporre il fatto che, pur con i problemi che sappiamo, tutto sommato dalle nostre parti la vita delle donne è molto meno dura. La cosa ha una sua oggettività: perché non possiamo dirla? Non intendiamo in alcun modo difendere il nostro mondo: anzi, rifiutiamo di parlare di “nostro” e di “loro” mondo, e in ciò c’è senz’altro del buono. Ma in questa sororità che rifiuta la logica maschile del conflitto si radicano un’ignavia di cui ci potremmo pentire amaramente -vedi foto sopra, leggi Marjane Satrapi-, l’incapacità di leggere quello che sta capitando e di reagire opportunamente, la nostra paradossale indifferenza verso la condizione tragica di quelle sorelle.

Io spero ardentemente che i criminali di Isis, mossi, come dice Zizek, dall’invidia “verso lo stile di vita dei non credenti”, “profondamente infastiditi, incuriositi ed affascinati” dalla nostra peccaminosa civiltà, vengano al più presto distrutti. E se dipendendesse da me, vorrei un altro 13 febbraio, un milione di donne in piazza contro la ferocia di quei maschi malati, femminicidi, generocidi.

Qualcuna mi convinca del fatto che sto sbagliando.

 

 

Politica Dicembre 12, 2008

IL NEMICO CHE E’ IN NOI

l'urlo di homer

l'urlo di homer

Intanto qui, mentre sotto continuiamo a discutere di forme della politica o di post-democrazia, come preferite, vi ripropongo per un esercizio spirituale contro la parte distruttiva di noi stessi le buone parole di Slavoj Zizek, riferite all’errore dei cinici e degli scettici. E le dedico al mio angelo custode Alexander Langer:

“L’elezione di Obama ha suscitato tanto entusiasmo non perché si è verificata, contro ogni probabilità, ma perché ha dimostrato che poteva succedere davvero. Lo stesso discorso vale per tutti o grandi momenti di rottura della storia, tra cui la caduta del muro di Berlino: tutti sapevamo quanto erano corrotti e inefficienti i regimi comunisti, ma nessuno riusciva a immaginare che potessero crollare. Eravamo vittime del pragmatismo dei cinici… Ricordate quando Gorbaciov lanciò gli slogan della glasnost e della perestrojka? Non importa quanto ci credesse veramente, il punto è che scatenò una valanga che avrebbe cambiato il mondo. Le parole non sono mai solo parole: hanno un gran peso e definiscono i confini entro cui possiamo muoverci. Obama ha già dimostrato una straordinaria capacità di spostare in avanti i limiti di quello che si può dire… Qualunque cosa succeda, Obama rimarrà un segno di speranza in tempi per altri versi bui: la dimostrazione che i cinici e i realisti, di destra o di sinistra, non sempre hanno ragione”.