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scontri

economics, italia, lavoro, Politica Ottobre 30, 2014

Non possiamo permetterci Alfano

Io non ci credo. Non credo al fatto che agenti di polizia possano aver deciso autonomamente di caricare a freddo e brutalmente una manifestazione di lavoratori disperati -mirando in particolare ai sindacalisti- senza che qualcuno gli abbia ordinato: “andate giù duri”. (secondo la testimonanza di un lavoratore, “ai primi caduti, un poliziotto, un omone, si è tolto il casco e allargando le braccia ha detto ai suoi: basta, basta”). Da qualche parte l’ordine dev’essere arrivato.

Quanto meno credo che un ministro dell’Interno, tenuto a essere massimamente consapevole della situazione sociale del Paese -160 vertenze drammatiche, disoccupazione a livelli mai visti, metà dei giovani a casa, il Sud che si va desertificando-, abbia il dovere di non fare capitare giornate come quelle di ieri, e debba saper governare una situazione potenzialmente esplosiva, chiamando le forze dell’ordine al massimo di responsabilità.

Ci spiegheranno, speriamo, com’è andata. Quel che è certo, e nella migliore delle ipotesi, la performance del ministro Alfano è stata pessima, ci sono lavoratori e sindacalisti con la testa spaccata, e che qualcuno oggi parli di Renzi-Scelba dovrebbe essere motivo sufficiente perché gli si chieda di andare a casa, o dove preferisce.

Che miracolosamente la corda non si sia ancora spezzata non significa che non possa spezzarsi a breve, e nella posizione di chi governa l’ordine pubblico serve qualcuno all’altezza del dramma sociale in corso. Un governo guidato dal Partito Democratico non può permettersi una giornata come quella di ieri e un ministro come Alfano.

Servirebbero anche –a mio parere servivano subito, io me le aspettavo già ieri sera- parole nette del premier Renzi, in possesso della sferza verbale necessaria a stigmatizzare quello che è capitato. Appare preoccupante, questo silenzio, in un uomo in genere così pronto.

Il silenzio di Pina Picierno sarebbe invece un sollievo per tutti.

Aggiornamento: qui il video di Gazebo che testimonia l’ordine a caricare, dato a freddo. Il resoconto di Alfano non corrisponde al vero.

Donne e Uomini, Politica Ottobre 16, 2011

Ecco perché toccava alle donne

Il 13 febbraio si è svolta in tutte le città italiane una manifestazione immensa, con ogni probabilità la più grande che si sia mai vista nel nostro paese, e totalmente pacifica, indetta dalle donne di Se non ora quando. Lì non si sono visti black bloc né altri imbecilli: e smettiamola di nobilitarli con questo nome suggestivo, le parole contano tantissimo. Lì non era proprio aria. Le forze dell’ordine hanno osservato i cortei che sfilavano e le piazze che si riempivano in tutta tranquillità. Lì non era possibile pensare di infiltrare provocatori e violenti. I black bloc e gli infiltrati sono sempre maschi. Dove ci sono tante donne, c’è maggiore sicurezza sociale.

Ecco perché anche questa piazza avrebbero dovuta chiamarla le donne: in tante e tanti guardavano a loro, per l’iniziativa. Non avremmo visto le cose che abbiamo visto ieri, o si sarebbe comunque trattato di episodi marginalissimi. Non avremmo assistito a questo rigurgito di passato, che non esprime affatto lo spirito del tempo ma solo il cretinismo e l’irresponsabilità di chi crede che la violenza sia legittima e che costituisca una soluzione. C’erano anche altre ragioni per questa piazza, prima fra le quali tornare a mostrare la soggettività politica femminile, ribadire che non è stata episodica, che senza una radicale femminilizzazione della rappresentanza e delle istituzioni, con tante donne e nei modi delle donne, ogni cambiamento in questo paese sarà fittizio.

Se non ora quando ha scelto un altro percorso: non una nuova piazza, ma il cammino per la costruzione del futuro politico imminente. Io credo che si sarebbero potute fare entrambe le cose. Il disastro di ieri a Roma mi conferma nel mio convincimento. Oggi sono pentita per non aver insistito.