Browsing Tag

roma

pubblicità Ottobre 10, 2015

Pisapia-Freccia Rossa: l’orgoglio ferito di Milano

“Fonti romane” dicono che ieri, in una giornata piuttosto complessa per Roma, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia è andato a Palazzo Chigi per un colloquio con Matteo Renzi. C’è un simbolico che ha un notevole peso politico: se a Renzi interessa tanto la partita milanese sarebbe stato lui a dover prendere una  Freccia o un aereo pubblico o privato e a farsi un giro a Palazzo Marino (o anche no).

Un gesto ben poco civico e pisapiano che offende la città: è vero che Renzi si gioca la pelle nella partita amministrativa milanese congiuntamente a quella romana. Ma questo è un problema di Renzi, non di Milano e del suo sindaco.

Non mi sentirei più di escludere che Pisapia faccia marcia indietro e decida di ricandidarsi. E comunque, che si tratti di lui, di Sala o di chissà chi, che il giocattolo delle primarie, che come dicevamo qualche giorno fa si è rotto, venga ficcato in un baule in soffitta tra le cose inutili (agli attuali candidati un ovvio premio di consolazione). Ma in tutto questo ci sarebbe comunque un Renzi di troppo, il premier che nessuno ha mai eletto, la creatura delle primarie che rinnega le proprie origini. Passato lui, il portone viene richiuso a dieci mandate.

L’incartamento è tale che viene istintivo guardare altrove, nello spazio aperto di una città libera che trovi un proprio sindaco o una propria sindaca ben lontano da questi tavoli o tavolini dove siedono giocatori-incasinatori, che tra i “valori” a cui i candidati dovrebbero aderire infilano in modo very casual un incomprensibile riconoscimento del “successo di Expo” (in realtà, il punto programmatico cardine del programma).

Milanesi! Respirare! Aria! Aria, fantasia, e orgoglio!

AMARE GLI ALTRI, esperienze Febbraio 20, 2015

Barbari invidiosi Feyenoord: o del Nordico in Italia

Ieri sera mi sono ricordata di un professionista tedesco, signore alto e distinto, che ogni sera si piazzava in mutande nel carrugio del “mio” paesello ligure, non più di 2 metri di larghezza, a grigliare salsiccie e bistecche, impestando aria e panni stesi. Di sera il grill a carbonella, di giorno uno stendino pieno di costumi e asciugamani a ostruire il passaggio. Prova a farlo a Frankfurt o a Dusseldorf, mi veniva da dirgli. Ci ho pensato vedendo in azione a Roma gli orrendi barbari olandesi, la spazzatura nella Barcaccia del Bernini, in una delle piazze più belle del mondo. Mi sono venuti in mente tutti quei nordici che perdono il loro overcontrol dopo N birre, quel ragazzo corazziere di Hitler pieno di vino italiano che voleva stuprare mia mamma bambina -se lo ricorda ancora con terrore-, ci vollero molti uomini per blandire e tenere a bada quei due metri di bionditudine fuori controllo.

Il nordico in Italia, titillato da dolcezza, sensualità e bellezza: non solo Goethe. Quella certa tendenza a sentirsi über -e tu unter– che si sfrena improvvisamente, con il rumore di qualcosa di rigido e anelastico che si spezza di colpo, senza mediazioni. Una brutalità invidiosa, che sfascia, sporca, disprezza, stupra: siamo in Italia, qui possiamo tutto. E non è solo roba da hooligan.

Non per fare tutto un fascio di tedeschi, olandesi, danesi. O per divertirsi con un razzismo al contrario, che viaggia insolitamente da Sud a Nord (di norma si va da Nord a Sud). Solo per dire che ce n’è per tutti, a ogni latitudine. E che la perfezione umana può realizzarsi solo nel pacifico dialogo tra differenze.

E anche per dire che noi italiani, campioni di autocritica, non siamo sempre i peggiori del mondo. E alle nostre Barcacce, e a tutto il resto dello splendore che ci è dato e che ci siamo dati -il qualis contro il quantum- dobbiamo volere un gran bene.

p.s: c’è anche forse il fatto che di (altri) barbari in arrivo a Roma di questi tempi abbiamo sentito più volte parlare. E quella di ieri è sembrata un’esercitazione sul campo.

esperienze, jihad, tv Gennaio 20, 2015

Ibrahim, che racconta il suo jihad

“Ibrahim”, jihadista di Isis intervistato da “Piazza Pulita”

A Piazza Pulita (uno tra i migliori talk: mai urlato, condotto sobriamente da Corrado Formigli) si parla di terrorismo islamico.

Tra gli ospiti Domenico Quirico della Stampa, rapito in Siria nel 2013: “Noi solitamente ci scegliamo i nemici” dice Quirico. “Stavolta è il contrario. Loro hanno dichiarato guerra a noi, e noi cerchiamo di non farla“.

Si sta commentando la straordinaria intervista di una giornalista di Piazza Pulita al siriano “Ibrahim”, guerrigliero di Isis. L’intervista è stata realizzata a Eindhoven, Olanda, raggiunta illegalmente dall’uomo attraverso la Turchia. Vale la pena di analizzarne con attenzione i passaggi e di provare a cogliere il sotto-testo: ci dicono molto di Isis, del fondamentalismo islamista, del jihad, del momento che stiamo attraversando.

“Ibrahim” parla con calma, in una postura rilassata. Nessun segno di “esaltazione”: sta esponendo convinzioni profonde e radicate.

In Turchia” spiega “ho comprato documenti falsi. Ci sono decine di trafficanti di passaporti falsi tra la Turchia e la Grecia. E’ una mafia. Sono assolutamente convinto che il governo turco sia consapevole di quello che succede sotto i suoi occhi”.

Se Ibrahim stesse dicendo il vero, le ipotesi sono due. La prima, gravissima: il governo turco favorirebbe deliberatamente i movimenti degli jihadisti tra la Siria e l’Europa; la seconda: il governo turco chiude un occhio su attività illegali come la produzione e lo smercio di falsi passaporti. E’ bene ricordare del resto che anche Napoli è stata indicata tra le centrali di produzione e smistamento di documenti falsi.

Continua Ibrahim: “All’inizio della rivoluzione per noi siriani l’esercito libero era l’unica soluzione. L’unica speranza per liberarci da Assad e ritrovare la nostra libertà. Ma l’esercito libero non è stato all’altezza del compito che aveva. Molti di noi volevano uno stato dove si applicasse la legge islamica, loro volevano uno stato secolarizzato. Ci hanno deluso e ce ne siamo andati”. La sharia imposta urbi et orbi: è questo l’obiettivo dichiarato di Isis.

Jihad è la nostra guerra santa, contro te stesso e contro tutti quelli che offendono la legge islamica. Semplicemente, jihad significa combattere i nemici dell’Islam, tutti coloro che stanno attaccando l’Islam. L’insegnamento del profeta è: prima di tutto cerca di convincere gli altri del tuo messaggio, ma se loro rifiutano e ti attaccano, attaccali a tua volta e sii implacabile”.

Il rifiuto della fede e della legge islamica, che per Isis sono un tutt’uno, viene letto come un gesto di aggressione. Chi non si converte è necessariamente un nemico, la sua non-conversione è un atto di guerra perché significa non credere al Profeta, e quindi offendere il Profeta (non servono le vignette, per questo). Per un laico è un passaggio quasi incomprensibile. Simmetricamente, il concetto di tolleranza appare incomprensibile agli jihadisti. C’è una sola verità, una sola fede possibile. Chi non vi aderisce sta dichiarando guerra a questa verità e a questa fede, quindi è un nemico che va “implacabilmente” eliminato.

A Raqqa, capitale di Isis, “lo stato islamico si occupa di loro –dei foreign fighters e di tutti quelli che hanno voluto aderire al progetto, ndr-. Lì c’è la vera giustizia sociale, ci sono scuole, ospedali, banche, centrali elettriche, e da poco hanno una moneta. E’ un cambio epocale. La cosa che devi capire è quanto la gente viva in pace.

Chi crede e si sottomette alla sharia trova la pace, intesa non solo come non-guerra, ma come soddisfazione all’unisono dei bisogni materiali e spirituali. Islam significa “sottomissione, abbandono, consegna totale a Dio”, e quindi sicurezza e pace (salām: l’assonanza con Islam è evidente).

“I giornalisti occidentali sono stati decapitati perché è stato provato che erano spie. Gli yazidi adorano un diavolo, quindi per la legge del profeta non possiamo accettarlo”.

La persecuzione  “obbligatoria” degli Yazidi, seguaci di un culto di probabile origine gnostica, è la dimostrazione plastica del fatto che dicevamo: prima ancora che inaccettabile, per i fondamentalisti religiosi l’idea di tolleranza è incomprensibile. La differenza di credo non solo non può essere ammessa, ma va attivamente combattuta (jihad) da ogni fedele. L’inammissibilità di una fede diversa e quella di tutte le altre differenze è il fondamento di ogni totalitarismo.

Voi pensate che sia l’Isis a reclutare i ragazzi, ma vi sbagliate. Sono loro che ci cercano per andare nello stato islamico…. Odiano l’ipocrisia e il doppio gioco dell’Europa. Se insistete a offendere la nostra religione e a uccidere la nostra gente, in ognuno di noi può nascere odio e chiunque può fare qualsiasi cosa”.

Il “doppio gioco dell’Europa” va letto probabilmente come l’adesione dell’Europa al Patto Atlantico, il fatto di avere scelto gli americani aggressori e di aver preso parte alle loro guerre: risuona qui il vagheggiamento di un’Europa antiamericana (e antisionista) e amica dell’Islam. Molto impressionante quell’odio che può nascere “in ognuno di noi”: più che di una guerra senza un fronte territoriale riconoscibile, microfisica e “molecolare”, si potrebbe parlare di una guerra che impegna ogni singolo corpo, “pronto a morire”. Ciascuno è chiamato singolarmente a essere esso stesso “guerra” contro gli infedeli, arma umana autorizzata, già innescata e autosufficiente. 

E’ una crociata contro di noi, e noi dobbiamo difenderci…”: la guerra dunque è partita dagli infedeli, ed è in corso da molto tempo. E “finché il Vaticano non prende una posizione contro questa guerra, vuole dire che è complice”.

Qui si coglie un’ambiguità: la massima autorità cristiana viene in qualche modo riconosciuta, alle sue posizioni viene attribuito un valore. Forse, ancora, il vagheggiamento di un possibile dialogo con i cristiani. Confermato dal lungo silenzio di Ibrahim, quando la giornalista gli chiede se è possibile che l’Isis arrivi a Roma. L’uomo medita, come se non intendesse chiudere del tutto la porta. Non sceglie la minaccia definitiva di Abu Bakr al-Baghdadi, califfo dello Stato Islamico: “Se Iddio vorrà, conquisteremo Roma e il mondo intero“.

Cerca rifugia nel Corano: Il profeta ha detto: arriveremo”.

 

 

 

 

economics, italia, lavoro, Politica Ottobre 30, 2014

Non possiamo permetterci Alfano

Io non ci credo. Non credo al fatto che agenti di polizia possano aver deciso autonomamente di caricare a freddo e brutalmente una manifestazione di lavoratori disperati -mirando in particolare ai sindacalisti- senza che qualcuno gli abbia ordinato: “andate giù duri”. (secondo la testimonanza di un lavoratore, “ai primi caduti, un poliziotto, un omone, si è tolto il casco e allargando le braccia ha detto ai suoi: basta, basta”). Da qualche parte l’ordine dev’essere arrivato.

Quanto meno credo che un ministro dell’Interno, tenuto a essere massimamente consapevole della situazione sociale del Paese -160 vertenze drammatiche, disoccupazione a livelli mai visti, metà dei giovani a casa, il Sud che si va desertificando-, abbia il dovere di non fare capitare giornate come quelle di ieri, e debba saper governare una situazione potenzialmente esplosiva, chiamando le forze dell’ordine al massimo di responsabilità.

Ci spiegheranno, speriamo, com’è andata. Quel che è certo, e nella migliore delle ipotesi, la performance del ministro Alfano è stata pessima, ci sono lavoratori e sindacalisti con la testa spaccata, e che qualcuno oggi parli di Renzi-Scelba dovrebbe essere motivo sufficiente perché gli si chieda di andare a casa, o dove preferisce.

Che miracolosamente la corda non si sia ancora spezzata non significa che non possa spezzarsi a breve, e nella posizione di chi governa l’ordine pubblico serve qualcuno all’altezza del dramma sociale in corso. Un governo guidato dal Partito Democratico non può permettersi una giornata come quella di ieri e un ministro come Alfano.

Servirebbero anche –a mio parere servivano subito, io me le aspettavo già ieri sera- parole nette del premier Renzi, in possesso della sferza verbale necessaria a stigmatizzare quello che è capitato. Appare preoccupante, questo silenzio, in un uomo in genere così pronto.

Il silenzio di Pina Picierno sarebbe invece un sollievo per tutti.

Aggiornamento: qui il video di Gazebo che testimonia l’ordine a caricare, dato a freddo. Il resoconto di Alfano non corrisponde al vero.