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pubblico e privato

Donne e Uomini, Libri, Politica Giugno 23, 2012

Milanesi, libere da sempre

 

Tosta, la signorina milanese Rachele Pampuri, che nel 1852 fa causa ai fratelli Luigi, Carlo Maria e Dorotea per l’eredità del padre Serafino.

Generosa, madame Teodolinda Longhi, che redige testamento a favore dei poveri più bisognosi di Milano (31 luglio 1836).

E quelle ballerine della Scala che nel 1859, furibonde per l’irruzione di alcuni ufficiali francesi nel loro spogliatoio, si autotassano per finanziare l’acquisto di fucili destinati alle truppe di Garibaldi.

“Gli Archivi delle Donne 1814-1859-Repertorio delle fonti femminili negli archivi milanesi” (Roma 2012, Edizioni di Storia e Letteratura), due ponderosi volumi curati da Maria Canella e Paola Zocchi, storiche dell’Università Statale di Milano, si leggono come un romanzo brulicante di vita, opere, relazioni, passioni, arte e politica, in presa diretta attraverso memorie, diari, autobiografie e atti pubblici relativi a 17.533 donne milanesi del tempo (tutti quanti i bei nomi e cognomi nell’indice).

Ce ne sarebbe almeno per una decina di film o sceneggiati.

Milano e la Lombardia come terre di grandi emancipate ante litteram. Una viaggiatrice del tempo, Lady Morgan, racconta di avere osservato nel suo tour le signore dell’élite milanese “intente a discutere delle faccende pubbliche e nazionali”, eccezione nel panorama desolato del resto del Paese.

Migliaia di storie di donne d’impresa, ostetriche, nobili signore, sartine, carbonare e artiste. I libretti di risparmio, l’attività solidale, quello che oggi chiamiamo volontariato, o terzo settore, o meglio ancora politica prima. Il lavoro, la famiglia, le attività legate alla salute, i salotti, la partecipazione alla vita culturale. Tutto a dimostrazione di quanta vita, da sempre, “tiene su da sotto” quella che è stata chiamata Storia, rendendola possibile. E svelando la finzione di un “privato” segregato e astorico, senza il quale nessun “pubblico” sarebbe immaginabile.

Il tema della dialettica pubblico-privato oggi è riattualizzato dallo svuotarsi di senso e di consenso di una politica –e di un’economia- lontanissima dalla vita e dai suoi bisogni. Il lavoro colossale delle due amiche storiche e dei loro collaboratori offre materiale prezioso anche per indirizzare il desiderio che le donne hanno di contare politicamente, intendendo però la politica a modo loro, come non separabile dalla vita.

Proprio la politica che ci serve oggi.

 

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Donne e Uomini, Politica Gennaio 19, 2011

PUBBLICO E PRIVATO

Mettiamo il caso che la minore Ruby Rubacuori non sia andata a letto con il premier Berlusconi. Mettiamo il caso, anche se è difficile crederlo, che lui non le abbia mai neanche pizzicato quel magnifico sedere.

Mettiamo il caso, insomma, che non sia stato commesso alcun reato: è su un’ipotesi di reato –anzi, due: ci sarabbe anche la concussione- che la magistratura si è mossa. Deve trattarsi di un reato, e non di un comportamento privato, per quanto esagerato, imbarazzante, bulimico, addicted, e anche preoccupante, visto che a certe maniacalità potrebbero accompagnarsene altre, non auspicabili in un capo di governo.

Nel caso non si accertasse alcun reato, nessun dubbio: la magistratura dovrebbe farsi i fatti suoi. Ci manca che un giudice pretenda di amministrare le mucose di chicchessia, prescrivendo come, quando, quanto e con chi (sempre che il “chi” sia maggiorenne e consenziente, e il “dove” un luogo privato).

Quanto al privato, appunto: noi femministe l’abbiamo sempre detto, che è politico. Qui è confermato ad abundantiam. Troppa grazia. Con Berlusconi la confusione tra i piani, privato e pubblico, interessi personali e del paese, casting e liste elettorali, tv e vita -il bunga-bunga come una specie di Drive-in esclusiva, una cochonata tutta per sè- ha raggiunto livelli senza precedenti.

Se il privato del premier viene violato dallo sguardo pubblico, è vero anche il contrario: che dal suo privato lo spazio pubblico è stato invaso. Il suo immaginario lo ha colonizzato, amplificato a dismisura dalle tv, il suo io ipertrofico vi si è insediato, la sua propensione a un perenne festante godimento lo ha infiltrato. E, non per essere prosaici, le sue igieniste dentali e svariate belle gnocche vi si sono adeguatamente piazzate, accomodate in posti di rilievo nelle istituzioni rappresentative, a spese di tutti.

Che poi il pubblico pretenda di farsi i fatti suoi, be’, è il minimo contrappasso. E che magari una parte di esso auspichi addirittura che si dia una calmata, e che adotti un comportamento più sobrio, più consono al ruolo e all’età, non può essere ritenuto pretesa insensata, anche senza stare a scomodare l’etica pubblica e la Costituzione.

Donne e Uomini, esperienze, Politica Novembre 13, 2009

SENTI, MARIASTELLA…

Universita': dl, mercoledi' fiducia alla Camera

Nel suo editoriale su Avvenire, la mia amica Marina Corradi invita il ministro Mariastella Gelmini, quinto mese di gravidanza, a non perdersi “le ore più belle” insieme al suo figliolino, quando nascerà. Mariastella avrebbe pensato a una soluzione eroica, alla Dati: nemmeno un giorno a casa, c’è troppo da fare. A parte il fatto che la cosa non ha portato per niente fortuna a Rachida, noi stiamo dalla parte del figliolino che vorrà la sua mamma accanto ancorché ministra, cosa della quale a lui non importa proprio nulla.

Come avevamo detto a suo tempo per Rachida, l’eroismo di Mariastella non fa bene alle altre mamme, perché autorizza i datori di lavoro a pretendere altrettanto dalle loro dipendenti (“la Mariastella sì e tu no?”). Una donna in una posizione eminente è un modello per tutte e tutti, e crea con ciò che fa dei “precedenti” simbolici. In questo ha una grande responsabilità. Ma non si tratta solo di giorni di permesso. La cosa che conta è questa messa in parentesi della maternità– e in una parentesi sempre più stretta-, l’esperienza più sconvolgentemente femminile che noi donne “maschilizzate” possiamo ancora fare. Quando diventi madre, quando senti quegli odori e sperimenti quei tempi che corrono dalla notte dei tempi, scopri e capisci tante cose importanti non solo per te e per il piccolo, ma anche per il mondo, che ne ha disperatamente bisogno. Che ha più bisogno del tuo latte che delle tue scartoffie.

Ma se posso dire la questione -a casa o subito al lavoro?- così è malposta. Non ci sono casa o ufficio, lavoratrice o madre, privato o pubblico: c’è la vita, che ognuna deve poter aggiustare a modo suo. Questa discontinuità è un’invenzione degli uomini. Nel lavoro e sulla scena pubblica le donne devono inventare altro, qualcosa di più fluido e felice. Non ho mai lavorato tanto e tanto bene come da quando sono diventata madre, mi viene da ridere se penso a me prima, maschietto in mezzo ai maschi. Io lavoro e lavoro e sono madre e moglie e figlia accudente, ed è un tutt’uno che non saprei separare. Vivo, insomma, in un continuum alla ricerca della gioia.

pregnant