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Donne e Uomini, Politica, TEMPI MODERNI Aprile 17, 2012

La caduta dei Semidei

Provate a mettervi nei panni dei politici. A tantissimi di loro stanno tremando i polsi.

Hanno paura di non essere rieletti: magari gente al quinto o al sesto mandato che ha totalmente dimenticato come si fa a vivere fuori di lì. Gente che spesso non ha mai fatto niente di diverso, “drogata” dall’appartenenza alla “casta”, da quello stile di vita, dall’aula, dai corridoi, dai convegni, dai ristoranti, dalle trasferte di lusso, dagli aerei, dai treni gratis, dall’autista, dalla tv. Perdere tutto, anche in cambio di cospicue indennità e prebende, è una bella botta.

Conosco gente che non si è ripresa più. Che uscita dal giro, continua a vivere “come se”, frustrata dall’esclusione, perennemente in lotta per rientrare, incapace di riadattarsi a una normalità di vita. Me ne ricordo uno, ex Psi che aveva contato molto, che passava le sue giornate in casa a compulsare ossessivamente rassegne stampa, a telefonare, a tramare. E a metà pomeriggio si abbandonava sfinito sul divano di velluto con il bicchiere di whisky in mano. E un’altra, segnata nel corpo dal trauma dell’uscita anticipata, che esigeva deferenza e dispensava favori e raccomandazioni, come se avesse ancora il potere di farlo.

E’ dura, credetemi. E’ la caduta dei semidei. Alle prossime elezioni ne vedremo cadere tanti. Ma dev’essere chiaro: lotteranno fino alla fine per conservarsi, useranno mezzi leciti e illeciti, si sbraneranno l’un l’altro, ostacoleranno in ogni modo il rinnovamento, e la lotta sarà ancora più accanita se si diminuirà il numero dei parlamentari. Altri, più realisti, in vista della fine ruberanno il rubabile, si accaparreranno l’accaparrabile, cercheranno di piazzare i loro uomini, le loro teste di legno, negli snodi strategici, per non perdere del tutto il controllo. Solo una minoranza accetterà di buon grado di uscire e, com’è giusto, di continuare a coltivare l’amore per la politica, che è cosa buona e bella, da posizioni diverse e e meno esposte ai riflettori.

Difficilmente andremo a votare con un meccanismo elettorale che preveda l’espressione di preferenze: se non sarà il Porcellum, sarà comunque un dispositivo che impedirà ai cittadini di scegliere. E allora si tratterà di attivarsi per ottenere almeno la possibilità di scegliere i candidati attraverso primarie (con doppia preferenza di genere, aggiungo).

Alcuni qui si lamentano del fatto che io presti tanta attenzione alla politica, e trascuri il resto. Ma c’è un tempo per ogni cosa. Le prossime elezioni, nel nostro Paese, saranno un fatto di rilevanza storica.

Io credo che si debba tenere duro e non distrarsi, finché questa partita non sarà chiusa.

Politica Giugno 12, 2010

SALIRE SUL RING

luca-montezemolo

Ditemi che cosa ve ne pare:

Non è una vera discesa in campo, ma le somiglia molto. Davanti alla platea dei giovani imprenditori, riuniti a Santa Margherita Ligure per il consueto appuntamento annuale, Luca Cordero di Montezemolo, sferra un attacco alla politica e avverte: “é giunto il tempo di salire sul ring“. “Non ci si può sempre lamentare – dice durante il faccia a faccia con l’ambasciatore Usa, David Thorne – bisogna dare anche un contributo perché le cose cambino veramente. Parlare dalla tribuna senza andare in campo è sempre facile”.

Poi va giù con tono deciso e riscuote l’applauso convinto dei Giovani Imprenditori di Confindustria: “Se non si riesce a tagliare quattro province o consigli di amministrazione pletorici, uniche discariche che funzionano per occupare politici trombati non si va da nessuna parte. Sento spesso i politici che chiedono di mettersi nei loro panni, ma io dico a loro di mettersi nei panni dei cittadini“.

Quello che non va sono i costi: “Oggi la più grande azienda del Paese in termini di occupati – spiega Montezemolo – è la politica, che ha un costo 200 rispetto ad esempio ai 77 della Francia. C’é una serie di situazioni che andrebbero tagliate per investire nel futuro. Ognuno tira più o meno a farsi gli affari propri. E’ un Paese fai da te, la politica sta perdendo credibilità agli occhi degli italiani. Leggiamo ogni giorno sui giornali cose che non hanno niente a che vedere con la competitività. Non possiamo parlare solo di quanto guadagnano i calciatori o i conduttori Rai, o di cose come la legge sulle intercettazioni che non è certo ben fatta“. (ANSA)

esperienze, Politica Novembre 6, 2008

IMPOSSIBILITATI A SOGNARE

“They can, noi no”, mi scrive una lettrice. Un primo, immediato, paradossale effetto Obama è stato quello di farci sentire dannatamente in trappola. Mi dice un’amica: “Meglio un monolocale nel Bronx che qui, con tutte le mie comodità”. E la lettrice di prima: “… ieri non riuscivo a provare gioia, a condividere l’entusiasmo e la speranza. Non sono una persona cinica, ma quella fiducia piena di aspettativa era ed è lontana da me. Lontana dalla cassa integrazione dei colleghi decisa da uomini che si sentono di sinistra, ma hanno il cuore a destra, dalla scuola di mia figlia che non so come sarà, in una nazione dove il Presidente del Consiglio riesce ad essere all’altezza del più sgradevole folklore italico, piuttosto che esprimere una progettualità nell’interesse comune. L’opposizione latita e sembra non credere più al suo ruolo mentre, anche volendo, non riesco a trovare nessuno strumento non dico per combattere, ma almeno per protestare”.

Mi fa venire in mente quel fronte politico trasversale, di destra e di sinistra, che sta per glassare la Liguria con un’unica enorme colata di cemento: alberghi, porticcioli, villette a schiera, tutti d’accordo per il business colossale -ne parleremo presto- e sembra non ci sia modo di fermarli. Anche se non rappresentano più in alcun modo l’interesse pubblico, non c’è modo di levarseli di torno, qui rubasperanza. Un “tappo” che ci soffoca, e ci impedisce di sognare. “We would have a dream”, ci piacerebbe avere un sogno. Ma non ci riusciamo.

E invece sì, che ci riusciamo. C’è ancora un po’ da tribolare, ma guai ad attardarsi nella frustrazione, che è un sentimento terribile. Prendiamo quel po’ di bene che c’è nella nostra vita -c’è sempre, da qualche parte, di sicuro- e attacchiamoci saldamente, come alla zattera che ci porterà fuori di qui. Il sogno collettivo di cui disponiamo, oggi, è il desiderio che tutti abbiamo di poter sognare. E allora pratichiamolo, da subito! Facciamolo vivere in tutti i modi, da oggi. Siamo sognanti. Spalanchiamo gli orizzonti del possibile: “We can, too”.

Sentite la mia maestra, la mia piccola amica Etty Hillesum, che sulla rete del parco pubblico di Amsterdam legge per la prima volta l’avviso “proibito agli ebrei”. Ed ecco come si sposta velocemente dalla frustrazione e dalla rabbia: “Restano sempre parecchi posti in cui vivere nella gioia!”.