Browsing Tag

normalità

Donne e Uomini, Politica, pubblicità Ottobre 17, 2013

Donne “normali” e donne vere

 

La Giunta di Milano ha recentemente stilato una delibera sugli “Indirizzi fondamentali in materia di pubblicità discriminatorie e lesive della dignità della donna”. Tutto bene. Se non che il punto 2 di detta delibera risulta grottescamente discriminatorio e lesivo della dignità della donna, là dove stigmatizza “le immagini… devianti da quello che la Comunità percepisce come normale, tali da ledere la sensibilità del pubblico“.

Scrivo subito all’amica consigliera Anita Sonego, chiedendole se a suo parere la Comunità riuscirà a tollerare l’immagine di una donna che si è strappata il grembiulino (a Milano, scusàr), filo di perle e bigodini, tipo signora del dado Star sull’orlo una crisi di nervi. La povera Anita Sonego, che in verità molto si dà da fare con i suoi Tavoli delle donne ed è oltretutto lesbica dichiarata, in realtà non c’entra nulla, perché il testo è stato redatto dalla Giunta. Mi risponde che su quel passaggio aveva espresso il suo dissenso, e forse ha sbagliato, forse avrebbe dovuto aprire un franco conflitto. In questi giorni circola una lettera aperta indirizzata a Sindaco, Giunta, delegata alle Pari Opportunità e Presidente della commissione Pari Opportunità e sottoscritta da Adriana Nannicini, Antonella Coccia e altre, che chiede lo stralcio del punto 2 della delibera. Probabilmente lo otterrà -non vedo perché no- e il caso sarà chiuso.

Non si chiude invece il caso di una giunta per metà femminile -grazie alla lotta strenua di tutte, me compresa- che sembra dimostrare che il quantum non fa il qualis. A parte la bestiata della normalità, concetto complesso e ambiguo da maneggiarsi con cautela (chissà a chi è venuta in mente… ma una brutta giornata può capitare a tutte, del resto è capitata anche a Guido Barilla), restano le aspettative deluse di un cambio di civiltà politica che non stiamo vedendo. Se una politica più femminile significa cura, primum vivere, attenzione alle relazioni vive e vicinanza ai contesti, e anche capacità di sostenere un conflitto con le regole di una politica che, non va dimenticato, così com’è è stata pensata dagli uomini, ecco, di tutto questo non stiamo vedendo granché (benché a Milano, città di primissime emancipate, troppo normali non lo siamo mai state: vedere qui).

E non è questione di crisi, di leggi di stabilità e di bilanci in rosso.

 

Archivio Maggio 29, 2007

QUANDO LE DONNE AVRANNO LA CODA

Una piacevolissima cena “tra donne”, un sabato sera di inizio primavera. Mi lamento della punta del mio naso. Prima o poi, dico, ne leverò una fettina. Una delle commensali dice che lei invece vorrebbe farsi innestare una coda. Si è informata, è un po’ complicato, ma chissà. Non un codino così, precisa: “Una bella coda che scondinzola, e tutto”. Ha sempre sentito la mancanza della coda, una specie di nostalgia della coda. Dev’essere una sensazione simile a quella di un arto fantasma. Trapianti interspecifici se ne fanno già, del resto: valvole cardiache di maiale, collagene bovino… Perché no? Certo, bisognerebbe adattare i vestiti, un buco nelle gonne e nei pantaloni per farcela passare.
Un paio d’ore dopo, a cena conclusa, il pensiero della coda comincia a rutilare e a scoppiettarmi dentro, come una castagnola per la festa del santo patrono, mettendomi uno straordinario buonumore. Ho in mente certe cene “tra donne” tutte a base di mercato del Forte e di problemi scolastici dei figli. Altre di entrambi i sessi in cui borghesemente si minuetta (“Posso servirti, cara?”, “Magnifico dessert, tesoro”) fino allo sfinimento. Una noia devastante. La signora della coda ha tutta la mia gratitudine. Che ci sia ancora al mondo qualche eccentrico, qualcuno che non ha paura di uscire dalle righe, è quasi un miracolo.
Qualche settimana fa in tv, trasmissione sul guinness dei primati, si presenta un giovanotto messicano con la faccia completamente coperta di peli. Un orsacchiotto. Uno yorkshire. La presentatrice si affretta a precisare che il ragazzo “è normale. Anormali sono quelli che lo guardano strano”. Oddio: simpatico, sì. Anche carino, nel suo genere. Ma normale non direi. Come se essere un po’ fuori dal normale fosse una condizione insostenibile.
Sono i bambini, di solito, a voler essere “normali”: scarpe normali, capelli normali, pennarelli normali. Il loro conformismo è proverbiale. Sarà che stiamo diventando tutti un po’ bambini, terrorizzati dalla diversità.
Poi smetto di pensare, e mi godo semplicemente l’idea dell’eccentrica signora che scodinzola di felicità.
(pubblicato su “Io donna”-“Corriere della Sera”)