Stasera penso a due bambini: al figlio neonato di Elton John, daddy and daddy, very old both, nato da un ovocita e da un utero in affitto, due papà e anche due mamme (ma beffa delle beffe, alla fine neanche una) che erediterà molto, penso ad esempio a una stupenda casa alla Giudecca, e avrà molto amore, di sicuro, ma non quello di sua mamma, una qualunque delle due, la portatrice o la donatrice, e sarà la sua prima domanda: “Where is mummy?“, e non ho idea di quale sarà la risposta: “She isn’t here”? “She’s far”? “She’s dead”? oppure “We don’t like women”? “We hate women”? “Mummies are unnecessary“?

E poi penso a un altro bambinello di appena un mese, imbottito nella lana e deposto in una mangiatoia, con accanto un asinello, uno splendido bue, una ragazza vestita d’azzurro e un uomo certamente molto buono, e poi pastori, e re magnifici inginocchiati davanti alla grotta. Una vera grotta, nel gelo cristallino di Matera, sotto la luce splendente del cielo del solstizio. Il bambino è nato, la luce ritorna, e gli alberi sono già carichi di gemme, indifferenti al freddo che fa. Tutta roba che nasce. Oggi ho visto questo suggestivo e grandioso presepe vivente, il più grande del mondo, ambientato nei Sassi della stupenda città lucana, che la madre la porta già nel nome. 750 figuranti da tutta Italia per una messa in scena mirabile (tanti complimenti all’ideatore caparbio e fervido, Tomangelo Cappelli!). E quando, in fondo al percorso, la folla arrivava alla grotta della Natività, ecco che si produceva un miracoloso silenzio, lo stupore di tutti di fronte al mistero incarnato che lì si reincarnava nuovamente e davvero, anello di un ciclo infinito.

Ecco, penso a questi due bambini.