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morte

Corpo-anima, esperienze Giugno 21, 2013

Quando morirò

Quando morirò, fatto abbastanza certo, per cortesia: né cerimonie lugubri né ricevimenti all’americana.

Qualcosa che si avvicini il più possibile al niente, essendo la morte niente. Sono già abbastanza chiassosa in vita, vorrei un’uscita discreta e alla chetichella.

Consentite due lacrime- ma non più di due, per favore- a quei pochissimi che mi hanno voluto davvero bene: sono sempre pochissimi per tutti.

Grazie al cielo non rischio coccodrilli, non ho cumulato sufficiente fama. Casomai un necrologino sul Corriere, quello a una milanese non si può rifiutare: una cosa tipo “ciao, ti salutiamo”.

Niente fiori, non mi sono mai piaciuti. Se proprio uno non resiste ed è stagione, un vasetto di basilico. Niente casse, cassoni e cassapanche, mi spiace per gli alberi. L’ideale sarebbe un vecchio lenzuolo di quelli che non si usano più, casomai incartato con il domopak.

Niente esposizione della salma, detesto le salme degli altri, figuriamoci la mia, con quelli che dicono “non sembra nemmeno lei” o invece “è proprio lei”: be’, certo, su questo avrei pochi dubbi.

Che mi immagazzinino da qualche parte nell’attesa che si trovi un forno libero: sono sempre stata impaziente, non ho alcuna intenzione di metterci degli anni a completare la sparizione. Poi delle ceneri non si faccia un bel nulla, anzi, lo si faccia: se proprio saranno costretti a ritirarle, per me va benissimo sparire del tutto nel bidone dell’umido tra le bucce di mela e di patata, se le bucce non avranno da ridire.

Vorrei minimizzare l’evento, che venga inteso in tutta la sua banale necessità. C’eri, e non ci sei più, accidenti facevi un gran pesto, un vero peccato. Sarebbe già troppo.

Niente foto ricordo, per carità: mai stata fotogenica, scegliebbero di sicuro quella sbagliata, non lo posso sopportare.

Che mi lascino andare al più presto a vivere davvero nel fiume di luce, almeno in un rigagnolo, se sarò stata capace di meritarmelo. Se no, accidenti, ricomincerò a faticare da qualche parte. Nel caso, felice e sguaiata vaiassa a Napoli.

 

Il solstizio di 24 anni fa è nato mio figlio.

Il solstizio di 19 anni fa ho dovuto lasciare andare mio padre.

 

Corpo-anima, esperienze Gennaio 22, 2012

Punto e a capo

Con tutte le chiacchiere che faccio, con tutto il mio parlare e scrivere e anche leggere di questo e di quello, convinta sempre di saperla lunga, caparbia nel difendere il mio punto di vista, sempre lì ad analizzare, scandagliare e puntualizzare, ecco che di nuovo, dopo avere visto la morte di una persona cara, la sua perfetta e serena immobilità, le sue mani ceree intrecciate sul grembo, non so trovare una parola, un pensiero, un concetto degno di questo nome, me ne sto lì incantata di fronte al mistero della cosificazione del vivente, aspetto che qualcosa di me si sciolga per poter dire e lasciare fluire.

Non so perché, ma mi viene solo da dire punto e a capo.

Donne e Uomini, esperienze Aprile 4, 2011

ANIMANGELI

Ancora sugli angeli: posso?

Ultimo album di Lorenzo Jovanotti Cherubini, un pezzo fantastico, “Spingo il tempo al massimo”, che riproduce la vertigine dell’essere partoriti, scaraventati nel mondo dalle spinte della madre: “Oh mammamia oh mammamia/ Madre partoriscimi/ rincomincio a vivere/ Madre partoriscimi/ e comincio a vivere… Torno alle mie origini/ Vibro di vertigini/ Torno alle mie origini/ animali e angeliche”. Bello che un uomo ripassi di lì, dove tutto è cominciato, dal corpo materno che ti custodisce e che al momento giusto è capace di separarsi e di espellerti. Bello che un uomo non voglia dimenticare il posto da cui viene, la madre, poco dopo averla perduta.

E le origini “animali e angeliche”, gli animali un po’ angeli, e gli angeli un po’ animali, e noi ibridi sofferenti, tra gli uni e gli altri. Che cosa sanno loro che noi non sappiamo? O che cosa non sanno che noi invece sappiamo?

Quello che gli animali non sanno è la morte, o quanto meno non la sanno nel modo lancinante in cui la sappiamo noi: è qui la radice della loro innocenza. E’ questo che di loro ci incanta, e ci induce una nostalgia profonda per come eravamo prima di sapere, o anche prima di staccarci dal corpo della madre.

Gli angeli invece la morte la sanno benissimo, ma non gli danno tutta questa importanza. Forse anche loro la sanno come un po’ come la sanno gli animali: è per questo che hanno ali da uccello? Hanno compassione per noi che la temiamo tanto, per questo ci custodiscono e ci guidano, ma continuano anche a dirci, se li si sa ascoltare, che la morte non è poi questa gran cosa. Che c’è ben altro. Che dobbiamo essere fiduciosi.

E noi lì in mezzo, costretti a sapere, trafitti dalla paura e dal dolore. Proprio per questo abbiamo bisogno di regole, di un contenimento che fermi la deriva, di un “no” che produca la carenza e dia avvio al desiderio. Quel desiderio che è l’unico scheletro che abbiamo, che impedisce che finiamo dritti nel gorgo irresistibile dell’autodistruzione.

Leggo nel bel libro del lacaniano Massimo RecalcatiCosa resta del padre?” (Raffaello Cortina): “La clinica psicoanalitica mostra che senza l’esperienza del limite, l’esperienza stessa del desiderio viene fatalmente aspirata verso un godimento di morte”.  Si può arrivare a questa consapevolezza anche ascoltando una canzone.

E’ per questo che con i fondamentali, con il corpo della madre, con il “no” del padre, non è proprio il caso di scherzare.

Corpo-anima, esperienze Gennaio 10, 2011

ALDILA'

L’ultimo film del vecchio splendido Clint Eastwood, Hereafter (andate a vederlo) è una riflessione poetica e speranzosa sul passaggio della morte. I vecchi vanno ascoltati, perché sono più vicini a quel passaggio, riescono a intravedere qualcosa. Anche lui, come me, crede in quel fiume di luce che ci travolgerà come un glorioso tsunami. Sono contenta.

Non posso raccontare molto del film. Dico solo questo: che io l’ho letto anche e soprattutto come una riflessione su quell’inferno da vivi che è solitudine. Con il paradosso che è la morte a poter unire. “Qui sei tutte le cose“, rivela un’anima parlando attraverso la voce del sensitivo.

Mi piace la faccia intensamente buona di Matt Damon. E mi piace la libertà con cui Clint decide ogni volta di esplorare nuovi territori. Qui, come un vecchio cowboy affaticato da tante avventure, si avvicina con dolcezza e fiducia all’ultima frontiera.

AMARE GLI ALTRI, esperienze Ottobre 9, 2010

E NESSUNA PAURA

Ho pensato a quando rivedrò i miei morti. Ho visto quell’istante, se sarà un istante. E prima, se ci sarà un prima, mi parrà di vederli uno a uno, ma poi, se ci sarà un poi, saranno un indistinto d’amore. Tutto l’amore che ciascuno mi ha dato messo insieme a quello degli altri, un urto d’amore così forte che non lo saprò reggere e mi travolgerà, e mi scioglierò anch’io in Amore, risucchiata nel vortice di luce. E nessuna paura.

esperienze Luglio 11, 2010

QUANDO MORI’ MIO PADRE

Quando morì mio padre era un solstizio d’estate. Le sette di sera. Le rondini impazzivano, come fanno ora, nel cielo fuori dalle mie finestre. Le loro grida di felicità roteante. Io le odiavo. Loro erano vive, mio padre si accingeva a diventare un ricordo, le sue dita lunghe ed eleganti erano blu. Loro, le rondini fottute, inutilmente vive, nella loro serialità, una uguale all’altra, un garrito uguale all’altro. Anche le formiche erano vive, quelle emerite cretine, nel mio giardinetto. Mio padre era un pezzo di carne morta, e mio padre mi serviva, invece. Era molto utile alla mia vita, e se n’era andato con un ridicolo singhiozzo mentre io stavo guidando la macchina dalle parti di piazza Aspromonte, a Milano. Era rimasto lì, con gli occhi aperti e la cintura allacciata, di fianco a me. Mio padre. Quell’uomo così mite e comico. Il mio amore dalla bella bocca.

Adesso risento queste pazze delle rondini, e le amo. Mio padre sta roteando con loro in questa bellissima luce, e deve essere per questo che sono così felici, e io con loro. Quello che doveva compiersi si è compiuto.

esperienze Luglio 31, 2009

MI COSTRINGETE

Mi costringete a rientrare in pista, perché l’amico Augusto ci ha inviato un video molto importante, e non vorrei che vi sfuggisse. E’ l’ultima conferenza, all’Oprah Winfrey Show, di un giovane professore americano che sa di avere poco da vivere. Un anno dopo se n’è andato. Ma ci ha lasciato questo.

TEMPI MODERNI Giugno 27, 2009

POTERE DI UN SIMBOLO

Ieri la rete è andata quasi in tilt, in seguito alla morte di Michael Jackson. La notizia è stata più cliccata perfino delle notizie dall’Iran. Io non mi scandalizzo affatto -tendo peraltro in genere a scandalizzarmi poco-. Vi sono eventi simbolici che spostano molto di più di quelli “reali”, e quindi addensano più realtà. La morte di Jacko è uno di questi. Quello che lui ha fatto e rappresentato, anche suo malgrado, è stato importante per intere generazioni di questo pianeta. La sua morte significa molto, e provoca molto. Questo è il genere di tempo in cui viviamo, che ci piaccia o meno. Vale la pena di pensarci sopra.

TEMPI MODERNI, Varie Giugno 26, 2009

ADDIO JACKO

E’ morto ancora “giovane” -anagraficamente e soprattutto nel suo corpo mutanteMichael Jackson. Il suo cuore per qualche ragione si è fermato. Non molti giorni fa aveva faticosamente annunciato in una conferenza stampa una serie di concerti a Londra per luglio. “The final curtain call” (l’ultima chiamata sul palco), aveva detto ai giornalisti. “Questo è il sipario, saranno i miei ultimi concerti… se lo dico vuol dire che davvero sarà così”. La fine è arrivata prima del previsto.

La parabola di Jacko, bambino ex-nero e infelice dalla voce prodigiosa, è stata decisamente tragica. Nella sua vita, e nella sua morte precoce, molti segni del tempo in cui ci è toccato vivere. L’impossibilità di avere la faccia che abbiamo, per dirne uno, e di diventare vecchi come lo sono diventati i vecchi che ci hanno preceduto. Jacko ci saluta dalla sua esistenza trans, tra le età, le razze, i sessi. E forse ci dice che in questo modo non è possibile vivere.