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MASSIMO RECALCATI

Donne e Uomini, OSPITI Maggio 9, 2012

Luisa Muraro: da dove nasce l’odio maschile per le donne?

Una scena del film "Uomini che odiano le donne"

 

Ricevo e pubblico un testo inedito di Luisa Muraro

 

Lunedì sette maggio, verso le sette del pomeriggio, sono entrata in un bar e ho ascoltato, dalla televisione accesa, la notizia di una donna uccisa dal marito in seguito a un “banale litigio”, a Napoli. Un’altra, un’altra e un’altra ancora. Nel bar è corso un brusio. Da dove nasce l’odio maschile per le donne? Che cosa nasconde?  

Si tratta di un odio abnorme, che tira fuori il suo muso di assassino quando, per una ragione qualsiasi, lei non sta più dentro il quadro in cui lui l’ha messa e pretende che rimanga: il quadro disegnato da un misto di oscure aspettative e di ovvie comodità.

In passato, le nostre madri e antenate hanno speso tesori di pazienza e d’intelligenza per corrispondere alle esigenze maschili senza diventare sceme o pazze. Non tutte ci sono riuscite.

Oggi molte, la grande maggioranza, non ci stanno più. Si sentono libere e intendono comportarsi di conseguenza. Risultato: un crescendo di violenza maschile.

Fulvia Bandoli dice la cosa giusta quando, nell’appello agli uomini del suo partito, mette sotto accusa il loro atteggiamento d’ignoranza e disattenzione verso la novità storica della libertà femminile. L’ostacolo maggiore in questo momento storico è, infatti, l’arretratezza mentale e morale di uomini che hanno usato la propria posizione privilegiata per non cambiare. Ne cito uno soltanto, il più illustre della vasta schiera: Dominique Strauss-Kahn. Che si è messo fuori gioco con i suoi stessi eccessi. I mediocri, invece, resistono incollati ai loro posti.

Quel maschio fragile che non accetta limiti s’intitola il contributo della psicanalista Massimo Recalcati per fare luce sul tema. La psicanalisi comincia dunque a registrare che gli uomini arrivano impreparati all’appunto con la libertà femminile. Si tratta, suppongo, di un contributo iniziale. Per considerarlo un inizio promettente, e non la testimonianza d’obbligo in questo momento di mobilitazione anche maschile, mancano secondo me due spunti.

Primo, Recalcati non parla a partire da sé, uomo di sesso maschile. E tace ogni possibile legame tra la violenza sessista e la sessualità maschile con le sue ordinarie caratteristiche. I violenti vengono da lui compresi dentro un quadro patologico. Ma non è così. O così non risulta all’esperienza di donne che hanno conosciuto la violenza maschile. Ci sbagliamo noi o l’analista sta esorcizzando la sua propria violenza?

Secondo, Recalcati ignora l’incidenza della realtà storica. Parla, per esempio della “legge della parola” che unisce gli esseri umani, ma viene calpestata dai comportamenti violenti. Non so l’origine di questa formula “legge della parola”; se l’espressione ha un senso, non può non far pensare che le donne sono state escluse per legge dalla presa di parola in pubblico, dalla scrittura e dalla lettura, dal parlamento… Con innumerevoli conseguenze ancora vive e attuali nei rapporti fra i sessi. Contro cui, temo, l’ideale legge della parola enunciata da Recalcati non ha voce.

Ancor più pesa sullo stato dei rapporti fra i sessi il fatto che il cosiddetto contratto sociale, fatto per tutelare i cittadini dalle violenze dei prepotenti, non ha mai tutelato le donne dalla violenza privata maschile. Mai, in nessun paese del nostro civile Occidente.

Come si possa leggere insieme, ma senza fare confusione, la realtà storica e quella soggettiva, io non so, ma che si debba tentare, non ho dubbi, perché l’una e l’altra in me sono scritte insieme, sulla stessa pagina.

 

 

Donne e Uomini, esperienze Aprile 4, 2011

ANIMANGELI

Ancora sugli angeli: posso?

Ultimo album di Lorenzo Jovanotti Cherubini, un pezzo fantastico, “Spingo il tempo al massimo”, che riproduce la vertigine dell’essere partoriti, scaraventati nel mondo dalle spinte della madre: “Oh mammamia oh mammamia/ Madre partoriscimi/ rincomincio a vivere/ Madre partoriscimi/ e comincio a vivere… Torno alle mie origini/ Vibro di vertigini/ Torno alle mie origini/ animali e angeliche”. Bello che un uomo ripassi di lì, dove tutto è cominciato, dal corpo materno che ti custodisce e che al momento giusto è capace di separarsi e di espellerti. Bello che un uomo non voglia dimenticare il posto da cui viene, la madre, poco dopo averla perduta.

E le origini “animali e angeliche”, gli animali un po’ angeli, e gli angeli un po’ animali, e noi ibridi sofferenti, tra gli uni e gli altri. Che cosa sanno loro che noi non sappiamo? O che cosa non sanno che noi invece sappiamo?

Quello che gli animali non sanno è la morte, o quanto meno non la sanno nel modo lancinante in cui la sappiamo noi: è qui la radice della loro innocenza. E’ questo che di loro ci incanta, e ci induce una nostalgia profonda per come eravamo prima di sapere, o anche prima di staccarci dal corpo della madre.

Gli angeli invece la morte la sanno benissimo, ma non gli danno tutta questa importanza. Forse anche loro la sanno come un po’ come la sanno gli animali: è per questo che hanno ali da uccello? Hanno compassione per noi che la temiamo tanto, per questo ci custodiscono e ci guidano, ma continuano anche a dirci, se li si sa ascoltare, che la morte non è poi questa gran cosa. Che c’è ben altro. Che dobbiamo essere fiduciosi.

E noi lì in mezzo, costretti a sapere, trafitti dalla paura e dal dolore. Proprio per questo abbiamo bisogno di regole, di un contenimento che fermi la deriva, di un “no” che produca la carenza e dia avvio al desiderio. Quel desiderio che è l’unico scheletro che abbiamo, che impedisce che finiamo dritti nel gorgo irresistibile dell’autodistruzione.

Leggo nel bel libro del lacaniano Massimo RecalcatiCosa resta del padre?” (Raffaello Cortina): “La clinica psicoanalitica mostra che senza l’esperienza del limite, l’esperienza stessa del desiderio viene fatalmente aspirata verso un godimento di morte”.  Si può arrivare a questa consapevolezza anche ascoltando una canzone.

E’ per questo che con i fondamentali, con il corpo della madre, con il “no” del padre, non è proprio il caso di scherzare.