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jihad, Politica Gennaio 12, 2015

Charlie Hebdo non voleva fomentare l’odio, ma stemperarlo: risposta a Luisa Muraro

Sull’orrore di Parigi, la filosofa Luisa Muraro, fondatrice della Libreria delle Donne di Milano, ha pubblicato queste righe sul sito della Libreria:

“I criminali che il 7 gennaio hanno fatto strage nella pacifica redazione di un settimanale satirico, non sono peggiori dei politici e militari che, cent’anni fa, hanno voluto la prima guerra mondiale. Non ci sono giustificazioni né per quelli né per questi.

La libertà d’espressione è un bene prezioso che va difeso con tutto il coraggio che abbiamo e i mezzi leciti di cui disponiamo. Per la stessa ragione, il bene di esprimerci liberamente va usato senza censure ma con la necessaria saggezza. Offendere i sentimenti profondi di donne e uomini non per una libera trasformazione della cultura ma solo per avere successo, come vendere più copie di un libro o di un film, questo non è saggezza. Peggio ancora è servirsi della libertà d’espressione per fomentare l’odio e la paura tra culture diverse, quale che sia lo scopo”.

Breve scritto che mi ha molto colpito.

Intanto perché Charlie Hebdo, forse proprio a causa della ferocia della sua satira che non risparmiava niente e nessuno, di copie ne vendeva di meno, non di più. La rivista non navigava in buone acque, stava antipatica a tanti, e la scelta di pubblicare le famose vignette su Maometto non può in alcun modo essere ritenuta un’astuta strategia di marketing, ma una libera e rischiosa scelta politica, pagata con il sangue che sappiamo (e che anche loro sapevano e temevano, vista l’ultima profetica vignetta del direttore Charbonnier, da anni nella lista nera degli jihadisti insieme ad altri giornalisti e artisti).

Su questa scelta si può dissentire, ma deve trattarsi di dissenso politico, non dell’accusa di voler fare audience.

Charlie Hebdo non intendeva “fomentare l’odio” religioso: al contrario, l’intento era quello di ridicolizzarne le ragioni e non piegarsi alle sue logiche. Per scelte del genere Theo Van Gogh è morto, e un buon numero di donne e uomini, da Ayaan Hirsi Ali a Irhasd Manji a Salman Rushdie, musulmani, ebrei, cristiani e atei, vivono in esilio, sotto fatwa e sotto scorta. Ogni giorno e per venti giorni, dopo essersi fatto un bel po’ di galera, il blogger saudita Raif Badawi sta ricevendo la sua umilante dose di 50 frustate in pubblico in mezzo a centinaia di uomini festanti, perché ritenuto colpevole di avere offeso l’Islam, mentre la sua famiglia è fuggita in Canada. A nulla sono valsi gli appelli di Amnesty International e Reporters sans Frontieres. Probabilmente il blogger saudita sarà un po’ più famoso di prima, sì: ma che abbia scritto quello che ha scritto per aumentare i clic, be’, credo proprio di no. L’avrà fatto, forse, perché riteneva di difendere in questo modo la sua libertà e quella di altre e altri.

Tutta gente poco saggia? Giudizio che mi impressiona, visto il prezzo che questa gente, suppongo dopo averci ben pensato, ha pagato e continua a pagare di persona per le proprie scelte libere e senza dubbio un po’  pazzoidi. Ma senza un po’ di pazzia mi pare che il mondo non sarebbe andato avanti, e neanche le donne avrebbero potuto rompere ciò che c’era da rompere. E’ stata saggia la ragazza iraniana incarcerata per aver voluto assistere a una partita di volley, in violazione dei divieti? Sagge le donne di Kabul che vanno dai parrucchieri clandestini, rischiando la pelle? Saggia Franca Viola, che rifiutò di sposare il suo violentatore, offendendo l’onore?

Ma il giudizio mi impressiona soprattutto per un’altra ragione: donne e uomini raffigurati come pronti a scattare permalosamente e pavlovianamente a fronte di provocazioni e offese, eventualmente lavabili con il sangue. Qui sì vedo un “noi” e un “loro” che non condivido. Quando penso ai musulmani, io non li penso così. Dato che ci vivo in mezzo -non abito in area C – e sono i miei vicini di casa, antipatici o simpatici come tutti, posso garantire che ne conosco di poco spiritosi e anche di molto spiritosi e propensi all’autoironia. Ho violentemente sbeffeggiato alcuni uomini sulla poligamia, sulle fidanzate di Maometto e sulle famose vergini che li attendono per deliziarli in eterno: a quanto pare sono ancora qui. Li offenderei di più, credo, se li trattassi come dei retrogradi incapaci di humour.

Ho vissuto da bambina e nello stesso quartiere il processo di integrazione degli immigrati che da Sud venivano a lavorare nelle grandi fabbriche del Nord: il film l’ho già visto. E io stessa sono per metà un’immigrata di terza generazione. Ricordo personalmente gli scherzi violenti di cui i “terroni” erano oggetto da parte dei colleghi nordici. Cose tremende. Ricordo un certo Totò, calabrese, che una sera reagì tirando fuori una pistola (l’offesa non posso dirla, fu terribile). L’amicizia si fece più salda. Ricordo anche un algerino –perfino il suo nome, anche se ero piccolissima, Bechir Fattah- a cui a sua insaputa venne servito un bel piatto di maiale. Credette di morire. Non morì. Burle feroci che quando ero piccola mi spaventavano, ma che hanno velocizzato i processi, bruciando le tappe, accelerando il metabolismo lento dell’integrazione fra differenze. L’umorismo, la satira, lo scherzo, il gioco come collanti universali.

Per questo mi spingo a dire che non solo i pazzi anarcoidi di Charlie Hebdo non intendevano affatto fomentare l’odio, ma anzi: che Charlie Hebdo a suo modo sperava di dare una mano a stemperarlo. Probabilmente con una qualche bislacca saggezza. Forse è proprio questo, la fine dell’odio, che fa più paura ai foreign fighters in cerca di adrenalina identitaria. Che si sentono insopportabilmente provocati, loro sì, anche dai deliziosi latkes, dagli schnitzel, e dai giochi dei bambini di un asilo ebraico, primo obiettivo mancato.  Ma questo è tutt’altro discorso.

aggiornamento 16 gennaio 2015. Luisa Muraro precisa:

Temo di avere scandalizzato persone oneste e chiedo di poter tornare sul mio breve commento alla strage del 7 gennaio a Parigi.

Se devo pensare a chi fomenta odio e paura degli altri sfruttando la libertà d’espressione, mi vengono in mente alcuni saggisti politici, i predicatori fanatici, certi partiti politici e ultimamente anche qualche romanziere…

I redattori di Charlie Hebdo sono fuori da questa lista! Loro hanno fatto da bersaglio di un odio fomentato da altri. Era un rischio di cui avevano consapevolezza, va detto. Quanto al vendere più copie, perché no? Volevano far ridere e dovevano vendere più copie, anche da qui passa la nostra libertà d’espressione.

Per fortuna, alcune e alcuni hanno capito le mie parole nel modo giusto. Che non vuol dire per forza essere d’accordo. Un uomo che stimo mi ha detto: ma chi stabilisce la misura giusta della satira? Chi traccia il confine fra la provocazione che ferisce inutilmente e quella che, facendo ridere, spinge a mettere in questione la realtà data?

Bella domanda. Forse troppo, inutile porsela? Io non lo penso e la pongo, soprattutto perché miro a escludere il potere costituito da ogni possibile risposta.

Per me, quella giusta misura è affidata alla persona singola, in primo luogo. Da antica lettrice di Linus so che Wolinski ne era capace. Degli altri non so, non conoscevo la loro produzione. Tant’è che non ho fatto nomi. Ho indicato una questione che non è solo di bravura personale, questo è chiaro, ed è ancora in cerca di risposte, rendiamoci conto. Per cui bisogna tenere aperto lo scambio evitando giudizi che sarebbero prematuri e contrapposizioni che sono scorciatoie verbali. Del potere politico e mediatico con le sue messe in scena non c’è da fidarsi e le cose veramente importanti, difendiamole in autonomia.

Donne e Uomini, esperienze, Politica Aprile 8, 2013

Luisa Muraro: 3 lezioni di filosofia


CIBO DELL’ANIMA CIBO DEL CORPO

 

è il titolo di un ciclo di Tre lezioni di filosofia di Luisa Muraro

(su invito di Ida Faré, Rossella Bertolazzi e Sandra Bonfiglioli)

al Circolo della rosa, presso la Libreria delle donne, via Pietro Calvi 29    Milano – tel. 02 70006265

 

Primo appuntamento domani, martedì 9 aprile 2013, ore 18.30

 

Tiratevi su, si torna a combattere

È una nuova versione del “discorso del Castello” fatto al Castello Sforzesco di Milano per il Bookcity 2012, in cui molte/i sono rimaste fuori per il numero limitato di posti. Il discorso prende le mosse da una frase del poeta Wallace Stevens “La realtà divenne violenta e tale è rimasta”.

Lui si riferiva alla seconda guerra mondiale. Io penso al nostro presente. Senza però dimenticare né il passato né il futuro: questa lezione è dedicata ai morti della prima guerra mondiale (tra i quali, i due fratelli maggiori di mia madre), guerra della quale l’anno prossimo ricorrerà il primo centenario europeo; quello italiano sarà nel 2015.

 

qui il video della prima lezione

 

ed ecco gli altri due incontri

martedì 16 aprile 2013, ore 18.30

La frana del patriarcato

In due parole: la frana del patriarcato non finisce di franare e vengono allo scoperto cose impensate. Prendete un posto in prima fila, ma attenzione che c’è da pagare.

Questa seconda lezione riprende e sviluppa il mio contributo al Colloque international di Parigi, 28-29 novembre 2012, dedicato a Françoise Collin. Il titolo era Il prezzo pagato, e di questo parleremo, di un prezzo parte già pagato e parte da pagare. La lezione è dedicata a Françoise Collin e a Francesco I (intendo il nuovo vescovo di Roma e papa).

 

martedì 23 aprile 2013, ore 18.30

C’è una vis politica

La politica non è solo arte, è anche vis: forza, slancio, azione, impeto…, da cui viene anche violare (e violenza). Questa lezione prende le mosse da Michel de Montaigne e finisce con Lia Cigarini, passando per Hannah Arendt. In essa anticiperò una parte delle mie ultime ricerche, destinate a un librino della collana Le perle, editore Rosenberg & Sellier, intitolato Autorità. La lezione è dedicata a Donne TerreMutate dell’Aquila.

 

Ogni lezione sarà seguita da un buffet preparato dal gruppo Estia del Circolo della rosa e il tutto, cibo dell’anima e cibo del corpo, sarà offerto alle/ai partecipanti per dieci euro.

Qui lo streaming della seconda lezione di filosofia di Luisa Muraro, titolo: Un piede in due staffe http://qik.com/video/58118737

 

Donne e Uomini, esperienze, Politica Marzo 27, 2012

La trappola della violenza

Grande ripresa di dibattito sul tema della violenza sessista e del femminicidio -oggi un ampio editoriale di Adriano Sofri su Repubblica-.

Giusto, perché il fenomeno è in crescita esponenziale. Come per contagio. Come se ogni caso riportato dalle cronache fosse fonte di ispirazione per altri maledetti assassini, tanto che si ha perfino paura a parlarne.

La novità è che finalmente il femminicidio -punta dell’iceberg della questione maschile– è assunta da uomini che ne discutono pubblicamente. La fase dei pionieri che si avventuravano autocoscienzialmente in questo territorio è finalmente finita. Dobbiamo essere grate a uomini come Stefano Ciccone, Marco Deriu, Alberto Leiss e altri per avere rotto il muro di silenzio.

Ne parliamo moltissimo anche noi donne, con ripresa di iniziativa: domani, per esempio, a Milano, Libreria delle Donne, via Pietro Calvi 29, ore 18.30, Marisa Guarneri e Manuela Ulivi della Casa delle donne Maltrattate discuteranno di Pratica politica e accoglienza.

Cosa buona, con un grosso rischio. Che questo tema, sentitissimo e urgentissimo -alla violenza palese corrisponde un enorme sommerso che le cronache non registrano ma che distrugge la vita di moltissime donne- si “mangi” tutte le nostre energie, in un momento in cui dovremo riservarne molte ad altre questioni. Prima fra tutte, quella di non permettere più che il nostro Paese continui a essere governato solo da uomini, che queste quote consuetudinarie e non scritte, tra l’85 e il 100 per cento a favore di un solo sesso, continuino a sbarrarci la strada (c’è anche un altro rischio, più sottile: che parlare di noi stesse come vittime di violenza sia dis-empowering, ci indebolisca e ci induca a ridurre le pretese, accontentandoci di un minimo vitale).

Non mancano decisi segnali di cambiamento: ho visto che la lista Marco Doria, candidato sindaco del centrosinistra a Genova, conta 23 donne su 32 candidati. Per questo mi complimento con lui e lo abbraccio. Ma se per le amministrative qualche breccia si apre, sulle politiche del 2013 c’è molto da lavorare perché nulla sarà regalato, e ci sarà da interloquire con la vecchia politica misogina.

Nessuno dei temi all’attenzione delle donne, dalla violenza all’organizzazione della vita e del lavoro, si avvierà a soluzione finché le agende politiche saranno decise da una stragrande maggioranza di uomini. Ai quali fa anche comodo che ci leviamo di torno e torniamo a parlare di violenza e mentre loro, tanto per dirne una, sembrano aver perfino chiuso la pratica della legge elettorale da riformare.

Attenzione alle trappole, amiche.

 

 

Donne e Uomini, tv Maggio 11, 2011

IL CORPO DI ANTONIO RICCI

Ieri sera ho condotto una conversazione con Lorella Zanardo alla Libreria delle Donne di Milano: un bilancio dell’esperienza del Corpo delle Donne, due anni di intenso lavoro su un docufilm che è stato visto da quasi 4 milioni di persone nel mondo, è oggetto di analisi, di studi e perfino di progetti artistici, ed è in qualche modo scappato dalle mani dei suoi autori, Lorella per prima, travolgendone la vita. Lorella ci ha spiegato che ormai il suo lavoro, che si svolge soprattutto nelle scuole, è un’analisi del linguaggio televisivo tout court, un’educazione alla lettura delle immagini.

Poco prima delle 23 ci salutiamo, io faccio una corsa alla Stazione Centrale per dare un’occhiata al grande concerto per Pisapia, e lì mi raggiunge una telefonata angosciata di Lorella. Il resoconto di quello che è capitato lo fa lei stessa questa notte sul suo blog:

“... esco, tolgo la catena alla bici, sono le 11 di sera, in giro non c’è nessuno. Le porte dell’auto parcheggiata davanti a me si spalancano di colpo, alzo la testa e 3 persone e una luce fortissima mi vengono incontro. E’ la troupe di Strisica la Notizia.
Chiedo alla ragazza che mi investe con una serie di domande come si chiama, lei esita, poi veloce  mi risponde “Elena”,  ha 26 anni, dice che è contenta di avere fatto la velina, che nessuno l’ha obbligata e che io la offendo con il nostro documentario, dice così o qualcosa di simile.

Io sono sulla bici, e mi invade una tristezza infinita: Striscia usa quella violenza che io condanno. Prima il plagio del documentario, ora questo agguato notturno, da ore mi aspettavano fuori dalla porta della Libreria. Dico ad Elena ciò  che chi mi segue sa bene, e che sa anche lei presumibilmente, e gli autori: il nostro documentario è una critica all’uso del corpo delle donne nelle immagini tv, non alle donne che fanno tv. Di Striscia passano poche immagini nel nostro video. La reazione di Striscia è spropositata: noi con un doc fatto in casa e loro con i milioni di euro a disposizione e 7 milioni di persone tutte le sere.

Elena non mi lascia parlare, so che si usa così in tv. La guardo, voglio entrare in relazione ma lei non può, si vede che usa il metodo televisivo, parla veloce, accusa e non da tempo per la replica. Nemmeno per un attimo provo fastidio verso di lei, per i mandanti sì, per la loro codardia. perchè non sono venuti loro? Uomini senza coraggio, così come si usa ora.

Io non mi occuperò di questa diatriba miserabile, ho altro da fare. Però credo che chi mi legge potrebbe reagire. Se 3 milioni e mezzo hanno visto il documentario Il Corpo delle Donne e se continuate a chiederci di proiettarlo e se a migliaia dite che vi è servito, ora è il momento di dire voi cosa pensate. Anche quelle giornaliste, quei gruppi di donne che il video lo hanno visto, che lo hanno lodato, apprezzato ma che spesso tacciono. La protervia di questi autori corrisponde al clima di prevaricazione e di impunità che si respira oggi.

E comunque sì, ha ragione mio figlio tredicenne. Siamo stati veramente efficaci, con zero euro investiti, a dare così fastidio a quei milionari di Striscia, Mediaset.

Sono veramente sbigottita per l’accanimento di Antonio Ricci, signore maturo e d’esperienza, protagonista della tv degli ultimi trent’anni, ma che evidentemente non tollera il libero esercizio della critica. Se l’è presa con Lorella, con “Newsweek”, con “El Paìs”, ha realizzato un apocrifo del docufilm utilizzando il volto e i testi di Zanardo. Per la quale, tra l’altro -posso assicurarlo- Striscia è davvero l’ultima delle preoccupazioni, come del resto per noi tutti. Usa mezzi potenti contro una donna che fa lavoro volontario, manda i suoi ragazzi e le sue ragazze a tendere agguati notturni -Lorella si è molto spaventata, prima di capire che era una troupe di Striscia-, insiste con una protervia e un’aggressività degna di miglior causa a indicarla come una nemica assoluta, la sbeffeggia, la ridicolizza, cerca di spaventarla.

Direi che può bastare. Siamo qui, Lorella, io e tutte, disponibilissime a un chiarimento definitivo, se Ricci lo riterrà opportuno, con lui, le Veline, gli autori, e anche con il Gabibbo, dove e quando vorrà. Che la smetta con le molestie, non è un ragazzino né uno stalker, e accetti di confrontarsi civilmente.

Donne e Uomini, Politica Ottobre 27, 2010

BEATE LE ULTIME

milano, teatro puccini, lunedì sera: tutte donne meno uno

L’altra sera ho partecipato a un incontro milanese: Stefano Boeri, candidato alle primarie per l’elezione del sindaco, ha incontrato 200 cittadine (associazioni e singole) per mettersi in ascolto della loro ricchissima esperienza, ignorata dalla cosiddetta politica. Ora, lasciate perdere che fosse Boeri: avrebbe potuto essere uno qualunque tra i candidati. Voglio parlare delle donne di Milano, non di lui.

La serata è stata importante, interessante, emozionante. C’erano donne molto attive e rappresentative a Milano, dal sindacato a Microsoft, dalla direttora di Elle Danda Santini ad associazioni che lavorano sul tema della salute, da Lorella Zanardo (che ha inviato una lettera) a Lea Melandri, alle autrici dell’importantissimo “Immagina che il lavoro“. E poi imprenditrici, rappresentanti del Pd, mamme e nonne. Se ne sono andate tutte contente a mezzanotte, appena in tempo per l’ultimo metrò. Il teatro Puccini gremito, nonostante fosse lunedì sera, ci fosse un tempo infernale e nessun quotidiano avesse segnalato l’incontro.

Nessun quotidiano, peraltro, si è preso la briga di offrire un resoconto della serata. Come se a quelle che non c’erano non interessasse sapere com’è andata, di che cosa si è discusso, e quali proposte sono uscite (e ne sono uscite molte, sulla vita, sul lavoro, sulla rappresentanza: idee che ci riguardano tutte). Ogni giorno le cronache cittadine ci offrono resoconti puntuali sull’andamento di queste primarie, con particolare riferimento ai problemi e ai conflitti all’interno del centrosinistra. Su alcuni eventi, come ad esempio l’incontro tra Boeri e Dario Fo, abbiamo avuto circostanziati reportage. Ma di quello che hanno raccontato le cittadine non abbiamo saputo nulla.

Ho chiesto a Rosy Bindi (l’intervista la leggerete la prox settimana su Io donna) se a suo parere la mancanza di donne in politica sia percepita come un problema della democrazia. “Nemmeno per sogno” mi ha risposto. “Prendere coscienza di questo significa andare a toccare i fondamentali del potere, che è e resta maschile.  E’ una sicurezza che non può essere messa in discussione, perché sconvolgerebbe tutti gli equilibri”.

Per la politica, ma anche per i giornali, restiamo le ultime. Anche se nella vita di ogni giorno, nella società, siamo le prime. Quanto ci metteranno a capire?

Donne e Uomini, economics Ottobre 23, 2009

WEEK END IMPEGNATIVO

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Week end di un certo impegno. Cambio d’ora, temperature massime che tornano sui venti gradi -rimettere nuovamente i cappotti nell’armadio-, primarie, e una marea di iniziative. A Milano per esempio, il design, la festa del teatro, e un incontro molto significativo: la presentazione alla Casa della Cultura di via Borgogna, sabato alle ore 16.00, di un importante documento sul lavoro e sulla vita delle donne e degli uomini (Sottosopra), frutto di un’approfondita riflessione della Libreria delle Donne.

Il documento sarà presentato contemporaneamente molte altre città, Bergamo, Bologna, Verona, Torino, Spinea, Parma, Mestre, Roma, Pesaro Palermo, Lecce, Catania… vedete se c’è anche la vostra: http://www.libreriadelledonne.it/news/news.htm,

oppure painuz@tin.it, 348 7098609.

Donne e Uomini, economics Settembre 29, 2009

IMMAGINA CHE IL LAVORO

Mentre state correndo per andare a lavorare, o siete già sedute e seduti -spesso infelicemente- alla vostra scrivania, separate e separati dalla vostra vita, sentite qui:

“…Puoi dimostrare che non ha senso separare tempo di vita e tempo di lavoro e quindi pretendi che cambi il concetto di lavoro e di tempo di lavoro. E a partire da qui, dal lavoro inteso come unità di lavoro retribuito e di relasioni, pretendi di ridefinire l’economia, la teoria sociale e politica… Tutto ciò ipotizza un cambiamento di civiltà (primum vivere) oltre che di misure e di regole economiche… Non possiamo più permettere che siano le condizioni di lavoro, spesso nemiche dei nostri più elementari desideri, a cambiarci nell’intimo, come persone…”.

Eccetera. C’è molto altro. 8 pagine di riflessioni per un Manifesto del lavoro delle donne e degli uomini, scritto da donne e rivolto a tutti, “perché il discorso della parità fa acqua da tutte le parti e il femminismo non ci basta più”.

Il manifesto è scritto da un gruppo di donne di diverse età ed esperienze che da anni, per tutte e per tutti, si sono date il tempo di riflettere sul tema del lavoro. Per averne copia, potete scrivere a questo indirizzo e-mail: painuz@tin.it o passare dalla Libreria delle Donne a Milano, via Pietro Calvi 29.

Il prossimo 24 ottobre, in contemporanea in molte città italiane, si dibatterà sul manifesto in gruppi di discussione a cui anche voi potrete partecipare, o che anche voi potrete contribuire organizzare, rivolgendovi allo stesso indirizzo e-mail.