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Femminismo, Politica Maggio 15, 2015

La donna-carota, il femminismo di Stato, e quella cessa di Valeria Fedeli

La Donna Carota di Luigi Serafini, opera esposta a Expo, padiglione Eataly

Nessuna si arrabbi, per favore, per il titolo -la pazienza di leggere e spiego-. E nemmeno per l’orrore della Donna Carota, opera di Luigi Serafini esposta nel padiglione Eataly di Expo, e senza che nessuna faccia un plissé: salma carotizzata con allusive carote in mano. Ortopornonecrofilia.

In questo tempo del 50/50 (al governo, nei cda, dappertutto) per cui si è tanto combattuto, le donne di questo Paese NON stanno meglio. Un quid di femminismo è diventato quasi obbligatorio per ogni perfetta moglie borghese, come il filo di perle e la petite robe noir. Parità cosmetica che copre una situazione alquanto difficile.

Occupazione ai minimi, gap salariale in aumento, dimissioni in bianco ancora attive: problemi significati dalla natalità a picco, perché quando le donne non lavorano non nascono bambini. Welfare e servizi ancora al grado zero, la gigantesca fatica del quotidiano ancora tutta sulle spalle delle donne. Le legge 194 non funziona più causa colossale obiezione di coscienza e le donne sono costrette a migrare da una regione all’altra per un’interruzione di gravidanza o a comprarsi abortivi online rischiando la pelle. La legge 40 sulla fecondazione assistita -meglio, ciò che ne resta: ieri una sentenza ha dato l’ennesimo colpo, abolendo il divieto di accesso per le coppie fertili ma portatrici di malattie genetiche- attende invano l’ennesimo vaglio del Parlamento. Quanto ai cosiddetti diritti o temi eticamente sensibili (dalle coppie di fatto al fine vita), fermo assoluto. Il rischio che il Partito Democratico sostenesse una legge di regolarizzazione della prostituzione (con tanto di tesserino di idoneità: qui ne abbiamo parlato a lungo) sembra sventato: in sintonia con il resto d’Europa si vira in senso quasi-abolizionista, il cambio di rotta è solo di pochi giorni fa, e sono state necessarie molte lotte. Abbiamo avuto l’amarezza di una consigliera di Parità del Governo a favore delle zone a luci rosse, nonché firmataria di un piano antiviolenza molto carente che, contro la Convenzione di Istanbul, marginalizza le Case delle Donne in prima linea da trent’anni, e non sembra voler assumere le metodologie maturate in queste fondamentali esperienze, burocratizzando, sanitarizzando e securitarizzando l’aiuto alle vittime di violenza, approccio fallimentare. Sembra proprio che la parità faccia fuori la differenza femminile.

Si sta a difendere i minimi. E, detto per inciso: qui c’è un intero programma politico per chi volesse assumerlo.

La parola d’ordine ideologica dello pseudo-femminismo paritario, sentita più volte con le mie orecchie, è “far fuori il vecchio femminismo”: ma a quanto pare senza “il vecchio femminismo” 1. le giovani emancipate oggi non sarebbero lì a occupare quelle posizioni  2. pur con il “nuovo femminismo” le donne di questo Paese stanno peggio, è un fatto.

Vengo alla seconda parte del ragionamento: c’è una perniciosa tendenza femminile a permanere nel lamento e nell’elencazione dei problemi -quella di vittima resta un’identità, per quanto ambigua- con una specie di idiosincrasia per le soluzioni. Per esempio, qui abbiamo più volte raccontato come si potrebbe garantire sia il funzionamento della legge 194, sia il diritto all’obiezione di coscienza che, piaccia o non piaccia, non può essere negato: ecco la proposta. Ma nessuna associazione, nessun collettivo, nessuna del movimento ha inteso finora farsene carico.

C’è anche di peggio: un’analfabetizzazione preoccupante che chiede si corra ai ripari.

Ieri, sulla pagina Facebook di una sindacalista legata al femminismo è comparsa una fotografia di Valeria Fedeli, a sua volta ex-leader sindacale e attuale vicepresidente del Senato. La foto è impietosa: occhiaie, gonfiori, una normale over sixty affaticata dal superlavoro e male illuminata dal flash. La sindacalista ce l’ha politicamente con Fedeli: legittimissimo, anch’io sono arrabbiata con Valeria per alcune cose. Ma per colpirla non usa argomenti politici come dovrebbe, regredendo a una misoginia pre-politica invidiosa, e quindi umiliando anche se stessa: ti indebolisco parlando del tuo aspetto fisico e della tua non-desiderabilità (e non mi accorgo che nel contempo indebolisco anche me).

Io sarò una cessa” scrive la tipa. “Ma poi mi guardo in giro e mi trovo persino bella!”. Segue una marea di commenti di donne, in uno stupefacente crescendo misogino. “Le hanno oscurato gli specchi”. “Se la mia nipotina fa i capricci le dico… guarda che chiamo la Fedeli!”. “Quella è un mocio vileda”. “E’ brutta quanto arrivista e presuntuosa”. “Ma chi è? Fa parte della famiglia Addams?”. “E’ un clown truccato male”.

La cosa mi fa pensare agli avversari politici -maschi- di Hillary Clinton, candidata alla presidenza degli Stati Uniti, quando cercano di renderla insicura stringendo l’obiettivo sulle sue rughe. Serve ben altro per tagliare le gambe alla ragazza. Idem per Valeria Fedeli, per come la conosco.
Ma una riflessione sullo stato delle cose è molto urgente.

 

 

Politica Marzo 13, 2014

80 euro per fare male a Grillo

Matteo Renzi ha un problema urgente: uscire vincitore dalle europee, che sono la sua prima e inaggirabile prova elettorale. Come dicevamo qui, tra delusi del Pd –e i motivi di delusione non mancano- che decideranno di astenersi, lista Tsipras e M5S, il suo partito rischia molto.

Il senso di Renzi per il popolo è formidabile, in questo senso sì, somiglia davvero a Berlusconi. C’era bisogno di far capire alla gente, anche con slide da scuola media, che questo governo non è affatto come gli altri. E c’era bisogno di dare una prova tangibile di questo, mettendole –cash- un pochino di soldi nelle tasche: che poi, per chi guadagna mille euro, 80 euro pochissimi non sono (Camusso ashtonished, con le unghie tagliate).

Come si dice, prima cammello… vediamo che cosa succede effettivamente a maggio. Ma di certo, magari non tanto dal punto dell’economia –non siamo gufi, tifiamo pro, ma questa crisi è una cosa piuttosto seria, e 80 euro non cambiano il paradigma-, quanto dal punto di vista degli esiti elettorali, questi 80 euro per un voto sono un eccellente investimento.

p.s.: per chi avesse ancora qualche dubbio sulla possibilità che Matteo Renzi consideri un’alleanza “a sinistra” con i 5 Stelle e affini. Non ci pensa proprio.

Politica Febbraio 16, 2014

Showdown Pd: potrebbe essere andata così

Se aveste visto il viso raggiante di una vecchia deputata, giovedì 13 in direzione Pd, subito dopo lo scannamento della “giraffa” Letta… Un’inutilissima signora alla sua QUINTA legislatura che presumendo di non vederne una SESTA, sta cercando di tirare almeno fino al 2018. Sarà interessante vedere che cos’altro escogiterà per non tornare a casa.

La manovra di palazzo così poco renziana per il governo Renzi è l’esito, come si dice con un’espressione insopportabile, del “combinato disposto” della volontà dei “poteri forti” (altra espressione antipatica, ma rende); dell’ambizione fuori misura del giovane candidato premier -forza ma anche grave limite-; e della somma degli interessi particolari dei singoli parlamentari: pur con onorevoli eccezioni, questo è il Parlamento più autoconservativo della storia repubblicana, pericoloso mix di rottamandi e miracolati. Chiunque o qualunque cosa consenta di non tornare alle urne se lo/la voteranno. Il che non è tranquillizzante.

Potrebbe anche essere andata così: caro Matteo, vuoi portartelo a casa, il tuo Italicum? perché sulla legge elettorale possiamo farti vedere i sorci verdi e farti andare rapidamente a sbattere. E allora vai a fare il premier e portaci fino al termine della legislatura, senza se e senza ma. E molla un po’ il partito: a quello penseremo noi.

Ma il seguito della storia potrebbe essere questo: che prima o poi -io dico poi, vedrete che cercheranno di farla scivolare in fondo all’agenda- la stramaledetta legge elettorale la faranno, e il Matteo, forte di questo e magari di qualche altro risultato consolidato, alle urne deciderà di andarci. Perché con l’alleanza che si ritrova l’idea di tirare il 2018 è pura fantascienza. Sempre che una maggioranza, per quanto traballante, riesca a metterla in piedi. 

Nel frattempo speriamo ci sia ancora un Paese da governare.

Aggiornamento ore 23.00: Richetti a Ballarò conferma il mio ragionamento sul “ricatto” dei parlamentari a Renzi:

“Chissà il parlamento quando avrebbe rilasciato la legge elettorale”.
Ovvero: o ci garantisci fino al 2018 o ti mandiamo a sbattere.

Che brave persone, che senso del Paese!

Politica Febbraio 11, 2014

Staffetta-sì, staffetta-no: perchè il Matteo è il Matteo

Se per alcuni la staffetta è cosa fatta (si tratta solo di trovare un posto adeguato per l’Enrico), per altri l‘Enrico tiene duro e non molla.

Son momenti così.

Ma se staffetta fosse, se il Matteo prendesse la guida dei governo e mettesse subito a segno quei due o tre colpi a effetto che darebbero il segno certo (?) della svolta, dovrebbe pur sempre tenere conto del fatto che quanto a democrazia restiamo al limite, e che tra le primarie e le elezioni c’è una significativa differenza. E che gli italiani, secondo i sondaggi, in maggioranza vorrebbero andare al voto.

Ora lui potrà sempre dire, o almeno pensare, che al voto ci vogliono andare perché c’è l’Enrico e non lui, e che quando ci sarà lui forse al voto non vorranno andarci mai più. Ma a me parrebbe sensato, sempre che staffetta sia, che si tratti di una staffetta breve, giusto per i mesi che mancano alla fine preventivata del governo Letta, in modo da rientrare in democrazia con tutti e due i piedi.

Vero è che il Parlamento tutto, Senato compreso, in particolare veteranissimi e miracolatissimi, all’idea di durare fino al 2018 ha fatto la ola: in caso diverso troppi dovrebbero tornarsene a casa e ciao. Ma è vero anche che in quel Parlamento il Matteo potrebbe rosolare a fuoco lento, benché lui sia convinto che sul barbecue ci andranno gli altri.

Insomma, le variabili sono molte, nelle prox ore si vedrà.

E intanto noi contiamo i giorni che mancano a fine mese, e una ragazza di 18 anni muore di setticemia perché non aveva i soldi per curare un ascesso al dente.

p.s. al momento (ore 16.30) il sondaggio (non scientifico) di Corriere.it vede una maggioranza netta (quasi 80 per cento) di sfavorevoli alla staffetta.

italia, Politica Gennaio 12, 2014

Chi ha Renzi non aspetti Renzi

Chiedo scusa se tiro in ballo la casalinga di Voghera, che stamattina sarà lì a cucinare –come me, del resto, a breve- e che non ha nessuna voglia di parlare di politica. Ma sono certa che mentre soffrigge, impana e rimesta, se le dici Letta lei pensa Imu, Tares, Tarsu, Tasi, Iuc, e si domanda com’è il fatto che se ne sta parlando da un annetto (senza contare i preliminari) e non se ne viene a una. E si chiede come mai il Presidente del Consiglio non prenda per la collottola i responsabili di questa pochade e non li accompagni alla porta, eventualmente insieme a quelle che telefonano agli amici pregiudicati, a quegli altri che danno l’aumento agli insegnanti e poi glielo vogliono togliere, e a quelle che ci hanno lo zio con il bar.

E se per poi caso le dici “Renzi”, a lei o al taxista che l’altro giorno mi diceva: “Visto? è come gli altri: anche lui solo chiacchiere, avrai un bel daffare a spiegarle che Renzi è solo segretario di partito, che al momento non ha responsabilità governative, che può giusto fare da badante su questioni come le slot machine e i decreti salva-amici. Perché lei, come il taxista, è convinta che Renzi sia già “il capo di tutto”, inutile che ce la raccontiamo. L’ha visto trionfatore in tv e ora vuole che faccia, e alla svelta. E se nei prossimi mesi non capiterà niente di buono, sarà anche o forse soprattutto colpa sua. Non possiamo pretendere che la gente, con la vita che fa, abbia voglia di leggere tra le righe.

L’orologio biologico di Matteo Renzi ticchetta velocissimo, anche l’Europa taglia corto rivolgendosi a lui come se fosse già il premier, per questo è difficile credere che non scalpiti e possa permettersi di aspettare il 2015, come continua ad assicurare.

Più che altro, Renzi a parte, non possiamo permettercelo noi.

Legge elettorale e poi al voto.

Politica Dicembre 27, 2013

Renzi’s count-down

Molto deprimente lo spettacolo dell’assalto alla diligenza fine 2013, dagli spiaggiaroli al tentativo sulle slot machine agli affitti d’oro. ll decreto SalvaRoma o salviamoci tutti. Il Presidente del Consiglio che pone addirittura la fiducia sull’obbrobrio, come la fiducia fosse una procedura di routine. Il Presidente della Repubblica che gli strappa nervosamente le redini di mano per salvare il salvabile di un governo debole con i forti (lobby e interessi particolari) e arcigno con i deboli (i cittadini in difficoltà)

Il risultato è un ulteriore allontanamento dei cittadini dalla cosiddetta politica (quella roba non si sa più come chiamarla), una botta di sfiducia che davvero non ci voleva e che ci costa perfino di più di quello che ci sarebbe costato accontentare i signori del gioco d’azzardo. Vedremo che cosa combinano oggi con il decreto Milleproroghe, quanti e quali di quei provvedimenti destinati a sfamare la belva del “particulare” riusciranno a reinfilare. Mattinata di durissimo lavoro per i lobbisti.

Davvero non si riesce a capire come si potrà tirare il 2015 con questo parlamento e questa squadra. Matteo Renzi, neosegretario del Pd, partito al governo de facto– che decide l’istituzione di un team di controllori che passino preliminarmente al vaglio gli emendamenti per evitare ulteriori scivoloni. E se del governo non si fida neppure il Pd, chi si dovrebbe fidare? Un Presidente del Consiglio che prende schiaffoni un po’ da tutti: dal suo stesso partito, dal suo main sponsor Giorgio Napolitano, oltre che dall’opposizione.

E la riforma della legge elettorale che torna a dileguarsi all’orizzonte: Porcellum da guardia, che impedisce di tornare al voto e di riavvicinarsi a una normalità costituzionale.

Forse Matteo Renzi dovrebbe cominciare a scandire il count down.

aggiornamento ore 14: nel frattempo Napolitano con una lettera invita i presidenti di Camera e Senato alla massima stretta sugli emendamenti. Resta pur vero che la fiducia sul SalvaRoma è stata posta dal Presidente Letta, a cui a quanto pare quel decreto imbottito era piaciuto.

 

Politica Dicembre 20, 2013

Un bravo cittadino gioca alle slot machine

Girano bravi lobbisti nei nostri Palazzi. Professionisti con i controfiocchi, capaci di far prevalere l’interesse di alcuni su quello di tutti. La lobby degli spiaggiaroli, per esempio, storicamente molto forte, che ancora una volta vince la sua battaglia. Volevano proprio comprarsele le spiagge, per due cocomeri e un peperone. Non ci sono riusciti (dài, sarà per la prossima) e però hanno incassato un maxi-condono, e potranno sanare gli arretrati non pagati per le concessioni versando appena il 30 per cento del dovuto. “Rubando” quindi ai cittadini –perché le spiagge sono nostre- il 70 per cento dell’affitto, a canoni peraltro già miserabili: secondo i calcoli di Legambiente, a fronte di un giro d’affari valutato in 10 miliardi di euro annui, nel 2012 lo Stato ha incassato canoni per appena 102 milioni.

Straordinarie però anche le prestazioni dei lobbisti delle slot machine e del gioco d’azzardo elettronico, giro da 90 miliardi l’anno prelevati dalle tasche di ragazzini, vecchietti e fasce deboli. Se tu sei un bravo sindaco e fai di tutto per contrastare il fenomeno, per esempio vietando l’installazione di quelle diavolerie accanto a scuole e centri anziani e privando lo Stato di relative accise, be’, mica poi puoi pretendere che lo Stato versi nelle casse del tuo comune quanto invece verserà in quelle di quei comuni “virtuosi” che consentono ai cittadini di spennarsi alle macchinette… Insomma: più contrasterai il gioco d’azzardo, meno fondi statali otterrai.  Questo il senso dell’emendamento, proposto dal Nuovo Centrodestra di Alfano e passato ieri al Senato grazie ai voti di Pd e Scelta Civica. Uno schifo senza pari. “Una porcata” secondo il neosegretario del Pd Matteo Renzi, che ha promesso di bloccarla.

1. per pagare se c’è sempre tempo 2. chi contrasta il gioco d’azzardo è un disfattista e va penalizzato 3. ingaggiate bravi lobbisti, se no non lamentatevi: questi gli edificanti messaggi d’auguri che il governo manda al Paese, nel Natale più duro degli ultimi settant’anni.

Fino al 2015 in questo modo? Perché i forconi sono sempre lì.

Aggiornamento del 23 dicembre, ore 7.3o: ancora sull’ottimo lavoro dei lobbisti.

italia, media, Politica Novembre 28, 2013

I Berlusca che vanno. E quelli che restano

Dicevo stamattina a Coffee Break (la 7, vedi qui) che il non entusiasmo con cui gli antagonisti politici del signor B. hanno accolto la sua decadenza da senatore, dentro il Parlamento e anche nel mondo fuori, dove la notizia è stata salutata da una quasi-indifferenza popolare, somiglia alla flebile risposta di un organismo malato che non ha più nemmeno la forza di reagire con un bel febbrone da cavallo, per trascinarsi con una febbricola per mesi e mesi: sintomo piuttosto preoccupante.

La caduta del signor B. costituisce anche una caduta degli alibi per tutti: per il governo, che fuoriesce dalle larghe intese per trovare una nuova maggioranza (ben più solida, a dire di Letta, che forse lo sta dicendo a Matteo Renzi). Per il Pd, che non può più indicare nell’antiberlusconismo la sua contro-narrazione e deve trovarne una plausibile (io dico da sempre: il lavoro). Per tv e giornali -a parte quelli di casa B., dico- che faranno di tutto per tenere vivo e attivo l’oggetto mediatico in attesa di trovare qualcun altro o qualcos’altro che garantisca lo share.

La caduta del signor B. costringe anche a guardare -senza più scuse per distrarsi- la desolazione e le macerie che abbiamo intorno, di cui i governi B. sono in buona parte responsabili ma non certo in via esclusiva, e a farsi senza diversivi la domanda: e ora come usciamo di qui?

Il fatto è che tutti questi anni di B. sono stati anche gli anni del consolidamento di una classe dirigente -parlo della politica, dell’economia, delle aziende e del mondo del lavoro- assolutamente inadeguata al compito di guidare il Paese. Patiamo un plus di crisi che va attribuito a una cooptazione in base a criteri che costituiscono la summa dei nostri mali: familismo, raccomandazione, impreparazione, sprezzo del merito. Vale tanto a destra quanto a sinistra. Tutti questi B. restano, liberi di fare altri danni. Fare cadere questa classe dirigente più che mediocre e abbarbicata ai propri privilegi per assicurare un ricambio, per consolidare una situazione in cui il numero degli inetti e degli incapaci rientri in quota fisiologica, sarà perfino più lungo e difficile che far cadere B.

Intanto in caduta libera sono le nostre teste, la qualità della nostra vita, la nostra fiducia.

Quanto poi ai talk e media che non si rassegnano a perdere questa stella di prima grandezza, la strada potrebbe essere quella di recuperare umilmente la propria funzione di servizio pubblico. E invece di aggiornarci quotidianamente sulle imprese corsare del signor B., che darà fondo al suo populismo anti-governo, anti-fisco, anti-tutto, una caricatura del grillismo -ma con molti più soldi- che ci impegnerà in un’estenuante e infinita campagna elettorale; invece di dare conto di ogni fremito delle vibrisse di Alfano e di ogni pestata di piedi di Brunetta, ci accompagni nel faticoso e urgente lavoro di ricostruzione, dicendo “come si fa”, rialfabetizzandoci moralmente, politicamente ed economicamente, riducendo la portata della critica destruens per accompagnare una fase costruens che ha bisogno dell’impegno e della passione di tutti.

 

 

economics, Politica Agosto 30, 2013

Sull’Imu il Pd si è fatto molto male

Non proprio chic, ma più eloquente di un editoriale, l’immagine che circola in rete

Poiché, come osservava anche il Corriere di ieri, ogni volta che una tassa è stata abolita ne è arrivata un’altra più salata (dall’Isi, all’Ici, all’Imu, e ora la Service Tax), in un crescendo sinfonico dell’esborso. Poiché l’obiettivo non era affatto diminuire la pressione fiscale ma poter dire propagandisticamente “abbiamo abolito l’Imu” e spostare di qualche centimetro la spada di Damocle che penzola sulla testa di Letta (il quale esulta sul “governo senza scadenza“, missione compiuta). Poiché quello che è uscito almeno in parte dalla porta (l’Imu) dovrà giocoforza rientrare maggiorato dalla finestra (probabile aumento dell’Iva). Poiché la nuova tassa sui servizi sarà pagata anche dagli inquilini, che sono già sul piede di guerra. Poiché, dato il vuoto pneumatico nelle casse dei comuni, questa tassa sarà probabilmente salata. Poiché cretinamente la tassa sui rifiuti sarà calcolata non sul numero di persone che vivono in un alloggio, ma sui mq o sulle rendite catastali, come se a produrre rifiuti fossero i mq e non le persone che li abitano, con il bel risultato che una pensionata che vive in 120 mq pagherà di più di una famiglia di 4 persone con due redditi che vive in 80. E in violazione di direttive europee: guardate qui. Poiché l’esenzione totale dei beni della Chiesa è stata confermata, mentre se sei riuscito a comprarti una casetta in montagna o per investimento sarai martellato nei secoli. Poiché su suddetta casetta al mare, considerata “sfitta” (sic!) verrà calcolata un’addizionale Irpef…

Per tutta questa serie di ragioni e molte altre, la cosiddetta “abolizione dell’Imu” ha fatto molti più scontenti che contenti, e stavolta non ci sta cascando quasi nessuno. Che si tratti di un favore a B. e non ai cittadini è ben chiaro a tutti. Che questo favore sia stato fatto per salvare il governo, altrettanto lampante.

Che questa faccenda, in termini di consenso, potrebbe costare al Pd più della questione dei 101, della sospensione dei lavori parlamentari, dell’ipotesi Violante e di tutta quanta la lunga serie di “tradimenti” del proprio elettorato inanellati negli ultimi 6 mesi, piuttosto evidente. Perché qui si mettono le mani nelle tasche della gente, e la politica diventa immediatamente conti su conti e ulteriori buchi nella cinta dei pantaloni.

Tanto poi ce li riprendiamo tutti con Renzi, il grande passepartout (immagino pensino questo, i dirigenti del partito).