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fecondità

bambini, Donne e Uomini, italia, lavoro Maggio 5, 2014

Il Paese più vecchio del mondo (+precari = -bambini)

In mezzo ai tanti commenti su Genny ‘a Carogna e la débâcle dello stato democratico a cui abbiamo assistito sabato all’Olimpico, leggo sul Corriere, a firma Margherita De Bac, un’altra notizia molto sconfortante sul nostro Paese : i nostri tassi di natalità, già tra i più bassi del mondo, si stanno ulteriormente  riducendo a causa della grande crisi: -7.4 per cento tra il 2008 e il 2012, a cui si aggiungerebbe, secondo i primi dati provvisori, un altro calo pari al -4.3 nel 2013.

In parole povere, una catastrofe demografica. Siamo già il Paese più vecchio d’Europa, diventeremo un Paese vecchissimo. A ciò si aggiunga l’anzianità delle primipare italiane- record europeo pure questo: 4 su 10 mettono al mondo il primo figlio dopo i 35, con il bio-orologio già in fase di declino.

La natalità italiana tendente a zero va posta in correlazione diretta con la scarsa occupazione femminile –ancora non si è capito, o si finge di non capire, che le donne fanno tanti più figli quanto più lavorano- oltre che con la mancanza di servizi alle famiglie.

Osserva la sociologa Chiara Saraceno che “anche il tipo di contratto di lavoro conta ai fini delle scelte di fecondità… Nel 2013 aveva già un figlio il 34.1 per cento delle donne con un rapporto di lavoro stabile, a fronte del 23.8 per cento di chi ne aveva uno a tempo determinato”.

Il precariato, correlato a una bassa protezione sociale, aumenta la denatalità. Se a questo si aggiungono i servizi che mancano, i conti sono presto fatti.

Non la metterei sul piano dei numeri, delle statistiche e della demografia. Preferisco dirla così: tra i compiti del governo di un Paese c’è anche quello di non impedire alle cittadine quel “doppio sì” (sì al lavoro, sì alla maternità) che per moltissime –la gran parte?- qualifica il senso dell’essere donna. Direi di più: mettere al centro delle politiche questo “doppio sì” farebbe il bene di tutti.

Purtroppo la mancanza di misure davvero efficaci a favore dell’occupazione femminile, il consolidamento del precariato e l’assenza di vere politiche sulla famiglia vanno in tutt’altra direzione.

 

Archivio Ottobre 21, 2008

VERITA’ MASCHILE

Un uomo a me molto caro in vena di verità, una sera d’estate al ristorante. E’ così difficile, per loro, mi dice -più difficile che per noi donne- accettare che il tempo passa. “Voi avete la maternità. Per noi non c’è niente di così saldo a cui aggrapparci”. Un rampicante senza sostegno, ai quattro venti.. E noi invece, piantate nel nostro bizzarro baricentro extracorporeo, quelle nostre creature in giro per il mondo. Il loro imperioso dettato biologico: assicurare un futuro ai propri geni, spargendo più seme possibile in ogni terra fertile. E il nostro, invece, che si appaga di una semina o due, e del confortevole nido che gli si fa intorno.
Mi dice quell’uomo che vedere la propria compagna invecchiare –sempre bella, certo, sempre seducente, e sempre più elegante, con il grande charme dell’esperienza accumulata, ma via, diciamo le cose come stanno: infeconda- è una cosa dura da sopportare. Per loro, che pure a parità di charme e di esperienza restano fecondi come ragazzi. Sento empaticamente quello che dice. Cerco immaginare quello che prova, e mi pare di riuscirci. Dovrei arrabbiarmi, per questa dichiarazione di disparità. E invece no. Una grande, complice tenerezza mi invade.
Le ragazze abbronzate fanno il loro struscio serale, rilucenti di estrogeni. Gli uomini le guardano. Le guardo anch’io. Sono bellissime. Dovrei provare invidia per il loro intoccato splendore. Sento la loro trepidazione, invece. Le incertezze e le meraviglie della vita che le aspetta. La tenerezza si moltiplica. Sono tutte mie figlie.
Sarà che alla parità non ho mai creduto. Né alla simmetria, né ad alcuna forma di complementarietà. Siamo diversi, donne e uomini. Possiamo tutt’al più sperare di farci un po’ di buona compagnia, di stupirci e di poter sorridere per l’irriducibilità della nostra differenza.
Prendo al braccio il mio compagno, come per consolarlo. Passeggiamo verso uno strapiombo sul mare nero, le luci delle barche in rada. Le stelle ci guardano immote. Ne avranno per qualche altro miliardo di anni. Noi per molto meno.  Eppure ho molta tenerezza anche per loro. Mi sento madre anche delle stelle, questa sera.

(pubblicato su Io donna – Corriere della Sera il 18 ottobre 2008)