Browsing Tag

eluana englaro

Donne e Uomini, TEMPI MODERNI Febbraio 11, 2009

STATO CONFUSIONALE

Si dovrà probabilmente attendere una precipitazione (nel senso della chimica) per poter dire qualcosa di sensato, ammesso che mai ci si riesca, sulle questioni che si sono aperte a partire dalla vicenda tragica di Eluana Englaro. Io voglio dire qui, a partire da me e senza la pretesa di un discorso coerente, quelle due o tre cose che mi pare di avere chiare.

Ho avuto un mio caro in coma, e mi sono augurata, sì, che Dio se lo prendesse in fretta. Pesava molto, in questa mia preghiera, la mia incapacità di vederlo in quelle condizioni, lui, che era stato un uomo di così grande charme. Ho chiesto al medico: quanto può durare? il medico ha allargato le braccia, e io sono stata presa da grande rabbia. Avrei voluto che lui vivesse per sempre, ma esigevo che quella situazione finisse subito. Volevo vivere. Conosco persone che sanno sopportare per anni e anni la grave infermità di un familiare, che si organizzano con il loro cucchiaino di omogeneizzato, e tuttavia cercano di restare sereni come possono. Non toglierei mai quel cucchiaino di omogeneizzato o di acqua zuccherata, non toglierei mai quella cannetta che porta alimenti liquidi allo stomaco. Io, dico. Non la toglierei nemmeno al mio cane.

La legge non è un feticcio, per me, perfino la legge altissima che è scritta nella Costituzione è fin troppo umana per farne oggetto di idolatria. L’unica legge di fronte alla quale forse mi fermerei è quella espressa nei comandamenti, dove si dicono i fondamentali della convivenza umana, ma anche con quella vorrei sempre poter contrattare. Tutte le leggi si possono cambiare e perfino trasgredire quando ciò che prescrivono ripugna alla nostra umanità. Antigone ha violato la legge della città in nome di una sua legge splendente non scritta. La legge è troppo poco a fronte dello splendore della vita e della compassione.

Le donne hanno troppo taciuto di fronte a questa terribile storia. La questione è stata dibattuta, analizzata, sminuzzata e fatta oggetto di contesa quasi unicamente tra uomini. C’è una madre scomparsa, in questa vicenda, e non è solo la madre di Eluana. Questo silenzio femminile non è assenza di coraggio e di competenza, le donne di coraggio e competenza su queste cose ne hanno da vendere. Sono soprattutto loro, da sempre, che lavano e nutrono i malati, che vanno a trovarli in ospedale, che vestono i morti, che mettono le mani nel sangue e nella materia, al principio e alla fine. Gli uomini da queste faccende si sono sempre defilati. Che Eluana non fosse più la bella ragazza che era, per loro non è fonte di stupore. I malati sono così, non sono mai un bello spettacolo. Questo silenzio femminile vorrei saperlo ascoltare. In questa afasia c’è probabilmente la chiave per uscire dignitosamente e compassionevolmente dal pantano morale.

E’ vita quella di un malato ridotto in queste condizioni? Io non so trovarle altro nome di quello di vita. Non è la vita che ci piacerebbe vivere e vedere vivere, ma è vita.

Su El Pais è scritto che “Eluana, vera purosangue della libertà, ha risposto con il silenzio definitivo ed ha impedito che una norma prefabbricata passasse alla storia con il suo nome”. Ecco, leggo questa cosa e provo un fortissimo malessere.

Invito anche voi, se volete, a dire qui ciascuno una cosa, una soltanto -è più efficace- che però sentite intimamente vera e certa, alla fine di questa storia amara.

TEMPI MODERNI Febbraio 10, 2009

POLITICA E DANEE

La Costituzione si può cambiare, ma il palinsesto tv no. Ieri sera, Eluana o non Eluana, sulla rete ammiraglia Mediaset in onda Grande Fratello, come da programma. Enrico Mentana si dimette. Dimissioni accettate. Quando si tratta di soldi, il Cavaliere non scherza. La politica è una cosa, i danée un’altra. Le leggi di mercato sono scolpite nella pietra.

TEMPI MODERNI Febbraio 9, 2009

ECCO

Ecco, tutto si è compiuto, si potrebbe dire, per farla corta. Eluana Englaro si è spenta. Ci ha messo molto meno di quanto i medici avessero previsto: i medici, si sa, possono sbagliare. Speriamo non abbia sofferto per essere stata privata di acqua e cibo: i medici, si sa, possono sbagliare. Tutti possiamo sbagliare. E il sentimento, in circostanze come queste, quando la ragione annaspa, può dirla lunga. Quello che sento io è un amaro senso di sconfitta. E anche un senso di pericolo, da cui difendermi.

TEMPI MODERNI Febbraio 8, 2009

GUARDARE E NON TOCCARE

Ai cortei di ieri si è gridato che “la Costituzione non si tocca” (qualcuno anche “Berlusconi sciacallo infame”: un odio per l’avversario politico che per me resta inaccettabile). La carta costituzionale, naturalmente, non è un’ opinione che può essere cambiata con disinvoltura, e nemmeno una legge che può essere modificata seguendo l’iter ordinario. La procedura per la revisione del testo costituzionale è ovviamente più complessa e precisamente indicata dal testo costituzionale stesso.

Forse sbaglio, ma mi domando: non è idolatria ritenere intoccabile una Carta, seppure solenne e maiuscola, e ritenere invece possibile ogni manovra disinvolta sui fondamentali della vita? Non vi spaventa di più, o almeno allo stesso modo, che si possa intervenire per legge sulla nascita e sulla morte (eventualmente sbrigandosela in 2-3 giorni) in qualunque direzione si legiferi?

Politica, TEMPI MODERNI Febbraio 6, 2009

SENZA PRECEDENTI

Su Eluana, in queste ore, un duello istituzionale senza precedenti.

Il governo che con plauso del Vaticano, vara un decreto, minacciando una legge in 2-3 giorni se il presidente Napolitano non firmerà (e come si può fare una legge in 2-3 giorni su una questione così immane?).

Il Presidente della Repubblica che parlando di “caso dolorosissimo” rifiuta di firmare il decreto, sostenendo che è antocostituzionale e che la sentenza va rispettata.

Come ne usciremo?

AMARE GLI ALTRI Febbraio 4, 2009

COUNTDOWN

Leggo sul Foglio di oggi le dichiarazioni di Eleanor Smith ( definita “militante lesbica, atea,e di sinistra”, il massimo del radicalismo, quindi) a proposito della sonda staccata a Terri Schiavo, l’Eluana americana: “A questo punto vorrei un militante cristiano di destra a decidere del mio destino, non un militante dei diritti civili“.

Io non vorrei né l’uno né l’altro. Vorrei la mamma (si invoca sempre, in certi momenti: qualcosa vorrà pur dire), che possa sbrigare la faccenda come meglio ritiene. O, non potendo avere lei, qualcuno che mi ami di un amore di qualità simile, alimentato e illuminato dal senso dell’origine. Lasciateci sole, e occupatevi d’altro, per piacere. Vorrei che capitasse in un mondo più femminile di quello in cui viviamo: mi fido di come le donne sistemano queste faccende, tenendole ben lontane dall’astrazione della legge e dai riflettori del dibattito pubblico. Ma certo, non potendo avere il meglio, allora sì: come Smith, a un fanatico dei codici preferirei un’oltranzista religioso, che almeno dà una possibilità all’altrove, fuori dall’angustia del diritto umano.

Comincia ufficialmente in queste ore l’agonia di Eluana Englaro, e ne usciremo tutti quanti bastonati. E io resto, fermamente, tra quelli orripilati dal fatto che tutto sia stato deciso in un tribunale, il posto dove si pronunciano le sentenze di morte, simbolo ineguagliabile della nostra imperfezione.

AMARE GLI ALTRI Febbraio 1, 2009

“S’ACCABADORA” E’ MEGLIO

Riferendosi a Eluana Englaro, nel corso dell’apertura dell’anno giudiziario, il presidente della Corte d’appello di Milano Giuseppe Grechi l’altro giorno ha detto che “né il potere legislativo, né il potere esecutivo possono porre nel nulla le sentenze definitive”. Io direi questo: né il potere legislativo, né il potere esecutivo, né la magistratura possono dire nulla di definitivo in materia di vita e di morte. La vita e la morte appartengono alla relazione e all’amore.

Questo disastro sul caso Eluana fa rimpiangere la civiltà delle accabadoras sarde, quella specie di ostetriche a rovescio che quando soffrivi ormai senza speranza, accarezzandoti e tenendoti stretto al loro seno ti davano il colpo definitivo, accompagnandoti come delle nere madri nel tuo eterno riposo.

Nel caso, per me chiamate s’accabadora.