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dolore

esperienze Luglio 11, 2010

QUANDO MORI’ MIO PADRE

Quando morì mio padre era un solstizio d’estate. Le sette di sera. Le rondini impazzivano, come fanno ora, nel cielo fuori dalle mie finestre. Le loro grida di felicità roteante. Io le odiavo. Loro erano vive, mio padre si accingeva a diventare un ricordo, le sue dita lunghe ed eleganti erano blu. Loro, le rondini fottute, inutilmente vive, nella loro serialità, una uguale all’altra, un garrito uguale all’altro. Anche le formiche erano vive, quelle emerite cretine, nel mio giardinetto. Mio padre era un pezzo di carne morta, e mio padre mi serviva, invece. Era molto utile alla mia vita, e se n’era andato con un ridicolo singhiozzo mentre io stavo guidando la macchina dalle parti di piazza Aspromonte, a Milano. Era rimasto lì, con gli occhi aperti e la cintura allacciata, di fianco a me. Mio padre. Quell’uomo così mite e comico. Il mio amore dalla bella bocca.

Adesso risento queste pazze delle rondini, e le amo. Mio padre sta roteando con loro in questa bellissima luce, e deve essere per questo che sono così felici, e io con loro. Quello che doveva compiersi si è compiuto.

Archivio Luglio 25, 2008

ANCHE IL DOLORE

A proposito del mio ultimo post, sullo stare nel qui e ora. Dice ancora Etty Hillesum, che mi è accanto in questi giorni: “E’ questione di vivere la vita di minuto in minuto e, per di più, accollarsi la sofferenza. E non è certo un piccolo di più in questi giorni” (i giorni sono quelli del luglio 1942, ed Etty è una ragazza ebrea).

Stare nel presente con consapevolezza, voglio dire questo, non è semplice e puro godimento, non è solo beatitudine, secondo una versione semplificata e un po’ edonista: nell’eternità di ciò che è nel momento in cui lo vivo c’è tutto. Anche il dolore. Ma insieme al resto. Un male, quindi, che non è mai assoluto.