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Donne e Uomini, esperienze, Politica Febbraio 10, 2012

Polis femminile: primo anniversario

Mentre continuiamo a discutere del governo Monti e dell’asse Roma-Washington -oggi mi sento più yankee che mai- vorrei dire qualcosa della politica delle donne.

Io credo che le vere novità -la fase 2, dopo quella della rimessa-in-pari- verranno di lì, da un’intensa partecipazione femminile, da un profondo mutamento di linguaggi e forme, dall’irruzione della politica prima (quella che le donne fanno da sempre, e che ricondurrei al concetto di cura) nella politica seconda, quella della rappresentanza e della delega. Da una nuova e inedita agenda, che pian piano si va costruendo, che riporti in primo piano ciò che è davvero primario nella vita di tutti, donne e uomini.

Questa novità di forme e di linguaggi è visibile in embrione nel percorso di “Se non ora quando”, a quasi un anno dal 13 febbraio.

Si vanno cercando modalità organizzative, assumendo -mi pare- quella fatica, quel disagio della democrazia (una testa=un voto) di cui parlavamo qui qualche post fa   http://blog.leiweb.it/marinaterragni/2012/02/01/le-donne-e-il-disagio-della-democrazia/

Niente è scontato. Ci si assume anche qualche rischio. Come quello della trasversalità. E quello della non-delega (userei un’altra parola, ma non mi azzardo). Diciamo di una lingua materna.

Ecco un documento del comitato nazionale Snoq, che si ribadisce non-elettivo. Diciamo così, primum inter pares. E invita invece i comitati territoriali alla massima apertura.

Per chi fosse interessata al tema, ci sono spunti su cui ragionare e discutere.

(ne approfitto per dire che causa maltempo la due giorni organizzata da Snoq Bologna su lavoro è welfare dovrebbe essere spostata al 3-4 marzo)

 

“… in merito alla differenza tra il Comitato Promotore e i Comitati Territoriali.

Sì, noi crediamo che il Comitato Promotore sia diverso dai Comitati Territoriali.

Lo è di fatto, se non altro per la sua storia. Non riconoscerne il ruolo di promozione e di indirizzo sarebbe sbagliato, perché porterebbe alla dissoluzione del movimento.

Il Comitato Promotore ha saputo, il 13 febbraio, parlare a tutte e a tutti. Ha avuto come primo riferimento le singole donne, senza usare bandiere. Ha pensato e scritto la “carta d’identità” come base per la riunione di Siena. Tutte ne hanno preso atto senza obiezioni. Comitati Se Non Ora Quando si sono moltiplicati in tutta Italia. Ne sentiamo la responsabilità.

Continuiamo a lavorare attraverso il web e a tenere i contatti con tutte, incoraggiando piena libertà di espressione nei Comitati locali, chiedendo solo il rispetto della trasversalità e l’attenzione alle donne singole che vogliono partecipare a Se Non Ora Quando.

Chiediamo anche a Snoq Milano questa apertura e attenzione.

Ad un anno dal 13 febbraio, forti del lavoro fatto e delle relazioni costruite con i Comitati Territoriali, stiamo elaborando un documento politico sulla forma organizzativa di Se Non Ora Quando. Lo discuteremo tutte insieme al prossimo incontro.

Il Comitato Promotore

Donne e Uomini, Politica, TEMPI MODERNI Febbraio 1, 2012

Le donne e il disagio della democrazia

Leggo sulla pagina Facebook di Se non ora quando Milano il seguente post a firma Cristina Pecchioli:“Sarebbe bene che gente come la Tinagli eviti di usare se non ora quando per veicolare i suoi “pareri”. Io non li condivido. Allora faccia meno la furba!”.

Tinagli (Irene) è stracurriculata, docente all’Università Carlos III di Madrid, esperta di innovazione, creatività e sviluppo economico, consulente del Dipartimento Affari Economici e Sociali dell’ONU, della Commissione Europea e di numerosi governi regionali, enti e aziende in Italia e all’estero, ma essendo che il suo parere non piace a Cristina Pecchioli, si deve ammutolire. 

Il succoso curriculum non esclude che Tinagli abbia detto una grandiosa cretinata (non si capisce a quale “parere” Pecchioli si riferisca, e quindi non si può valutare).

Ma qui il tema è un altro. Ovvero che una è titolata a esprimere solo pareri conformi al parere maggioritario di un gruppo, Se non ora quando, che per assunto condiviso dovrebbe essere aperto a tutti i contributi e politicamente trasversale. A quanto pare invece a Milano, dove il gruppo è blindatissimo e monocolore di sinistra, è all’opera una “commissione pareri” che deve decidere se il tuo parere può essere espresso oppure no, secondo i più squisiti modi dei soviet. 

Una mostruosità, insomma. Una posizione grottesca che esprime quello che chiamerei “disagio della democrazia”, questione invece serissima e di grande rilevanza fra le donne.

Per disagio della democrazia, intendo questo: la fatica che le donne fanno con un dispositivo, quello democratico, che si sono trovate bell’e fatto, che non hanno contribuito a congegnare e che per alcuni millenni non ha tenuto conto di loro. La democrazia è nata proprio così, tenendole fuori. Quando cercano la loro strada nello spazio pubblico, non è strano che facciano fatica con dispositivi come la delega e la rappresentanza, e si ritrovino a sperimentare dell’altro.

La cosa molto interessante è per esempio che in Snoq si discuta di rappresentanza “fuori” (il 50/50, la partecipazione paritaria alle istituzioni rappresentative maschili) ma si faccia una certa fatica a discuterne “dentro”. Come se quel dispositivo venisse ancora buono nelle situazioni miste, ma tra donne l’idea e l’utilità della rappresentanza si indebolissero.

La grande parte delle donne che ama la politica ha ancora molta paura di ammettere questa fatica della democrazia, anche se poi nei fatti, come si vede, le pratiche sono rivelatrici.

Simone Weil non si fece problemi a dirlo: “Tutto spinge al limite della democrazia”.

Forse questo imbarazzo con i dispositivi democratici va interrogato. Lì è in corso, forse non del tutto consapevolmente, un vero e proprio laboratorio politico. Women at work per inventare la loro polis.

(anche di questo ragiono nel mio prossimo libro, in uscita il 7 marzo per Rizzoli, titolo: “Un gioco da ragazze- Come le donne rifaranno l’Italia”: si fa tanto fatica a scriverli, un po’ di pubblicità).