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decadenza

italia, media, Politica Novembre 28, 2013

I Berlusca che vanno. E quelli che restano

Dicevo stamattina a Coffee Break (la 7, vedi qui) che il non entusiasmo con cui gli antagonisti politici del signor B. hanno accolto la sua decadenza da senatore, dentro il Parlamento e anche nel mondo fuori, dove la notizia è stata salutata da una quasi-indifferenza popolare, somiglia alla flebile risposta di un organismo malato che non ha più nemmeno la forza di reagire con un bel febbrone da cavallo, per trascinarsi con una febbricola per mesi e mesi: sintomo piuttosto preoccupante.

La caduta del signor B. costituisce anche una caduta degli alibi per tutti: per il governo, che fuoriesce dalle larghe intese per trovare una nuova maggioranza (ben più solida, a dire di Letta, che forse lo sta dicendo a Matteo Renzi). Per il Pd, che non può più indicare nell’antiberlusconismo la sua contro-narrazione e deve trovarne una plausibile (io dico da sempre: il lavoro). Per tv e giornali -a parte quelli di casa B., dico- che faranno di tutto per tenere vivo e attivo l’oggetto mediatico in attesa di trovare qualcun altro o qualcos’altro che garantisca lo share.

La caduta del signor B. costringe anche a guardare -senza più scuse per distrarsi- la desolazione e le macerie che abbiamo intorno, di cui i governi B. sono in buona parte responsabili ma non certo in via esclusiva, e a farsi senza diversivi la domanda: e ora come usciamo di qui?

Il fatto è che tutti questi anni di B. sono stati anche gli anni del consolidamento di una classe dirigente -parlo della politica, dell’economia, delle aziende e del mondo del lavoro- assolutamente inadeguata al compito di guidare il Paese. Patiamo un plus di crisi che va attribuito a una cooptazione in base a criteri che costituiscono la summa dei nostri mali: familismo, raccomandazione, impreparazione, sprezzo del merito. Vale tanto a destra quanto a sinistra. Tutti questi B. restano, liberi di fare altri danni. Fare cadere questa classe dirigente più che mediocre e abbarbicata ai propri privilegi per assicurare un ricambio, per consolidare una situazione in cui il numero degli inetti e degli incapaci rientri in quota fisiologica, sarà perfino più lungo e difficile che far cadere B.

Intanto in caduta libera sono le nostre teste, la qualità della nostra vita, la nostra fiducia.

Quanto poi ai talk e media che non si rassegnano a perdere questa stella di prima grandezza, la strada potrebbe essere quella di recuperare umilmente la propria funzione di servizio pubblico. E invece di aggiornarci quotidianamente sulle imprese corsare del signor B., che darà fondo al suo populismo anti-governo, anti-fisco, anti-tutto, una caricatura del grillismo -ma con molti più soldi- che ci impegnerà in un’estenuante e infinita campagna elettorale; invece di dare conto di ogni fremito delle vibrisse di Alfano e di ogni pestata di piedi di Brunetta, ci accompagni nel faticoso e urgente lavoro di ricostruzione, dicendo “come si fa”, rialfabetizzandoci moralmente, politicamente ed economicamente, riducendo la portata della critica destruens per accompagnare una fase costruens che ha bisogno dell’impegno e della passione di tutti.

 

 

esperienze, italia, Politica Settembre 12, 2013

Prendere tempo, rubarci tempo

Nel nostro Paese stanco la perdita di tempo -i tempi biblici e ingiusti della giustizia, quelli spaventosi della burocrazia in ogni sua forma, il dottore perennemente fuori stanza, le ore passate con le musichette dei centralini degli uffici pubblici, e così via- è il terreno di coltura di ogni corruzione e di ogni malaffare. Quella perdita di tempo ruba il tempo delle nostre vite, spegne ogni slancio e ogni entusiasmo, annichilisce ogni volontà d’impresa, ci impedisce quel salto libero -la natura del nostro popolo è positiva e festante- che ci porterebbe fuori dall’emergenza continua.

Lo spettacolo del “prendere tempo” -il continuo rinvio del voto in Giunta per decidere sulla decadenza del condannato Berlusconi, quando a poche centinaia di chilometri di qui ci sono politici che si dimettono immediatamente per aver copiato la tesi- è del tutto conforme a questa logica, la consolida, e dà l’idea di qualcosa che sta nuovamente capitando ai nostri danni: di trattative per nulla chiare, di tavoli “sporchi”, ricatti, gattopardismi, do ut des, manfrine, tradimenti, veleni, porcherie, franchi tiratori, voltagabbana…

A qualcosa, questo prendere tempo, deve pur servire. Per i cittadini onesti e in buona fede è l’ennesimo furto di vita e di fiducia. Perché in questo tempo rubato si potrebbe fare molto per il tempo di tutti noi, per quello dei nostri figli, per il lavoro, per la casa, per la salute, per la scuola, per far rinascere un Paese.

La Storia, certo, è fatta anche di queste cose. Da noi, prevalentemente di queste cose. Ma la perdita di tempo della Giunta comporta un prezzo altissimo in termini di fiducia, rinvia sine die il giorno della ripartenza, obbliga tutti a uno stallo psicologico e morale che sfibra ogni certezza e ogni resilienza, provoca nausea esistenziale e politica, induce un ulteriore e generale allentamento dei freni inibitori, sdogana i comportamenti illeciti, deprime ogni buona volontà.

Questi due giorni, cinque, o quindici giorni di rinvio -il tempo come sappiamo è relativo- ci stanno facendo male come anni di stallo

Chi sta tirando il freno a mano si sta assumendo una grave responsabilità.