Domani a Milano si vota per il nuovo sindaco. Siamo in par condicio e io mi attengo scrupolosamente, anche se sono attivamente schierata. Ma devo anche dirvi che –per quanto io tifi e mi sbatta per il “mio” sindaco- penso che comunque andranno le cose niente e nessuno potrà fermare le formidabili energie che si sono messe in moto dopo la lunga fase di disorientamento e di stasi seguita alla chiusura delle grandi fabbriche.

Finalmente riconosco la mia città, anche se è molto diversa da com’era. Ha cambiato pelle, deve ricostituirsi intorno a un nuovo scheletro, si è provvidenzialmente riempita di nuovi milanesi che in cambio del pane hanno portato al mercato i loro desideri, si sono integrati e hanno fatto amicizia con noi: non c’è demagogia più disgustosa dell’allarme sull’“invasore”.

Una città insonne e con i nervi scoperti, che però se dorme troppo si ammala, perde la sua vitalità stralunata dalla mancanza di sonno, si irrigidisce sul calvinismo e sui dané, si incocaina per farcela, si frantuma nelle solitudini. Una città che fa soffrire, ma che sa anche essere segretamente intima e soccorrevole, come le sue belle corti e i suoi giardini nascosti.

Ecco, se il sindaco fossi io – ma almeno per il prossimo quinquennio non c’è pericolo- il mio programma sarebbe “Milano da sballare”: rompere le righe, far cadere i muri invisibili che ci tengono separati, trasgredire il diktat della droga e dei farmaci, sostituire lo sballo chimico con l’ebbrezza dell’altro, ma proprio l’altro più altro, fuori dalla sterile colleganza. De-professionalizzare la vita: ormai anche l’aperitivo è diventato un lavoro, e ingrassa pure, e poi la tristezza del tapis roulant per smaltire. Scartare dai ruoli. Fare irrompere vita nel lavoro, credere nella produttività della gioia: c’è sempre tempo per venire a sintesi, e in questo si sa che siamo bravi. Darsi lo spazio e il tempo che servono per fantasticare, per l’immaginazione creatrice. Liberarsi dei pesi inutili e tenersi quelli utili, come i vecchi, i bambini, gli animali e chiunque abbia bisogno di noi…

Parlo per i milanesi, oggi. Ma quello che capiterà qui conta per tutto il Paese. Fra le croci che ci tocca portare c’è da sempre anche questa: fare da apripista politici, nel bene e anche nel male. Speriamo nel bene, stavolta. Sarebbe ora.

E allora, buon voto a tutti.