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Corpo-anima, Donne e Uomini, esperienze Dicembre 20, 2010

TORNARE A RIVEDER LE STELLE

Ancora sul desiderio, che struttura l’umano, e di cui il rapporto Censis ha decretato la scomparsa. Come si fa a farlo tornare? Ne conversavo stamattina con una collega del periodico Tracce. Come si fa  ritrovare questa postura di slancio, dalla terra al cielo, dalla nostra finitezza verso l’infinità delle stelle (de-sidera)? La domanda non è filosofica. Chiunque abbia un figlio adolescente se la pone: perché non desidera?

Premessa del desiderio è il sentimento della carenza. E’ da quel buco dell’io che il desiderio passa, strutturandoci come uno scheletro di luce. La carenza nasce dalla castrazione. E’ il differimento del godimento, che traccia una distanza tra me e l’oggetto. E’ l’allontanamento a opera di un terzo dal corpo della madre. Voglio dire questo: è semplicistico dire che non desideriamo nulla, che veniamo invasi da un enorme vuoto perché abbiamo troppe cose. Questa del consumismo è già una conseguenza. Ci sono ragazzini per niente consumisti e totalmente non desideranti. Le cose decisive capitano ben prima. La disponibilità immediata di cose è segno di qualcos’altro.

Questo qualcosa è la fine del patriarcato. E’ l’eclissi della figura del padre così come l’abbiamo conosciuta, di colui che ci allontanava dolorosamente dall’oggetto e ci indicava la strada faticosa verso le stelle, che per primo scavava in noi il buco della carenza attorno al quale avremmo edificato la nostra personalità umana.

Quando dico che questa assenza di desiderio non può essere letta a prescindere da ciò che è capitato e capita tra i sessi, sto dicendo anche questo, e non solo che le donne desiderano e gli uomini no. E dico che si affacciano alla storia generazioni strutturate sul non-desiderio, che non si struggono per l’oggetto -la madre- ma probabilmente vagheggiano chi dalla madre li separi violentemente: il padre, possibilmente con bastone. Che nella storia assume le sembianze del dittatore.

TEMPI MODERNI Dicembre 6, 2008

NON RISPARMIARE SUI SOGNI

Si deve lavorare sodo, stare tutti uniti. E non risparmiare sui sogni. Il peggio deve ancora arrivare, dice Barack Obama. Il Censis fotografa un’Italia “impanicata” e abbarbicata all’essenziale, dove ciascuno ha paura per sé. Manca la dimensione collettiva della crisi. E invece il segreto è qui. Uscire dalla cultura del “borgo” e del campanile, aprirci all’altro, anche all’altro più altro, accettare e assecondare il cambiamento.

E io aggiungo, non smettere di sognare. Non cadere nella trappola di un realismo sterile. Moltiplicare le occasioni di sogno, in cui la crosta dura della realtà si crepa e permette allo sguardo di arrivare altrove, tenere aperto ogni spiraglio da cui può passare il bene che può capitare. La realtà non è che un precipitato dei sogni. E’ questo, oggi, il solo realismo che ci serve.

Cercare di capire che cosa ci è indispensabile per non smettere di sognare e stare al cospetto di altro. Che cosa ci serve per tenere acceso il fuoco. E su quello no, non risparmiare. Ditemi la vostra.