Un mese fa, il 12 giugno, se n’è andata a 78 anni l’economista Elinor Ostrom, premio Nobel dell’Economia 2009 per i suoi studi sui commons, i cosiddetti beni comuni, risorse condivise materiali (acqua, pascoli, boschi, ecc) o immateriali (come la rete). Qui una tra le sue ultime lezioni magistrali.

Ostrom era stata premiata “per aver dimostrato come la proprietà pubblica possa essere gestita dalle associazioni di utenti». In poche parole, tra Stato e Mercato, tra proprietà pubblica e proprietà privata, Ostrom aveva indicato come più efficiente e sostenibile la gestione da parte delle comunità di utilizzatori, che hanno tutto l’interesse a preservare e sviluppare il bene che usano, sia esso un pascolo, una strada o un sito web. In altri termini, aveva dimostrato il valore politico ed economico delle comunità locali.

Ora, tanto per cambiare, nel nostro Paese le cose sembrano andare nella direzione opposta, come spiegano quasi all’unisono nei loro ultimi editoriali Giuseppe De Rita e Ilvo Diamanti. Da una parte il Leviatano invincibile del Mercato, dall’altro un Iperstato, che toglie sempre maggiori risorse e potere al locale, alla dimensione orizzontale, per accentrare e riorganizzare in modo verticale e verticistico.

D’altro canto, i cittadini sembrano dare ragione a Ostrom, praticando sempre più spesso una gestione diretta dei beni comuni.

Anche da questo punto di vista, la distanza tra la vita e la “politica” appare sempre più incolmabile.

 

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