Le cose giuste da fare contro la corruzione di sicuro ci sono, si possono fare, si tratta solo di volerle fare: basterebbe guardare alle norme in vigore in quei Paesi dove la corruzione inevitabilmente esiste -perché il male esiste sempre- ma esiste come fenomeno residuale, ancorché inevitabile.

Si tratta qui, invece, del cuore del sistema.

Il cuore del sistema significa che da un certo momento in poi, massicciamente a partire da Tangentopoli con un vero e proprio sdoganamento della corruzione, fatte salve le onorevoli eccezioni si è “scesi” in politica all’unico scopo di diventare personalmente ricchi. Naturalmente il massimo dell’attività, che comprende l’approvazione di norme che agevolano, o l’abolizione di norme che complicano come quella sul reato di falso in bilancio (la cosiddetta “ingegnerizzazione” della corruzione), si è registrata in corrispondenza dei maggiori flussi di denaro come sono le cosiddette grandi opere.

Com’è ovvio i ladri si radunano dove ci sono i soldi.

Quindi ci sono quelli che prendono parte alla spartizione della torta, quelli che stanno nei pressi per raccogliere le briciole, quelli che sono al corrente della festa ma fanno finta di non sapere e si arrendono al “male necessario” -ignavia che di sicuro non basta a salvarli- e poi ci sono anche quelli che non ne sanno proprio nulla, e a cui toccherebbe invece attivarsi per sapere.

Con vivo dispiacere per questi ultimi non si può fare a meno di dire che c’è un’intera leva di politici da buttare. Perché non ha altra idea della politica che questa -fare affari, arricchirsi personalmente- ed è assolutamente irredimibile.

Quindi non si tratta soltanto di fare le leggi giuste, di applicarle severamente, di evitare che si trovi immediatamente l’inganno. Non si tratta soltanto di porre prioritariamente la corruzione al centro dell’attenzione riformatrice, sfoltendo la selva oscura della burocrazia, nido caldo del malaffare. In caso diverso ogni sforzo di cambiamento sarà destinato a fallire.

Si tratta di accelerare il ricambio politico, tema assunto come prioritario dal M5S, di selezionare severamente i candidati, che devono essere garantiti da chiarissima fama o da un legame stretto con il territorio, senza più deroghe al limite dei mandati, sbarrando la strada a parenti, amici, amici di amici, servitori di padrini e di satrapi locali: mogli di e figli di non mancavano nelle liste alle ultime politiche così come, purtroppo, indagati.

Si tratta di compiere un’operazione inversa a quello “sdoganamento” della corruzione, “realpolitik” di cui dicevamo sopra: la politica ha insegnato al Paese che rubare è lecito, e perfino come si ruba, devastandone il tessuto etico. Il suo primo compito oggi è rieducare se stessa, dimostrando che la politica non si fa per fare affari e accumulare soldi, riportando la corruzione a livelli fisiologici e marginali, offrendosi pedagogicamente a modello per una rinascita della nostra società.

E’ dimostrare che si può fare politica senza soldi, a prescindere dai soldi.

Vedo tanti giovani che si avvicinano alla politica in questo spirito.

Ho fiducia. Devo avere fiducia.

 

P.S. quando parlo di leva politica da buttare, non ne faccio una questione di giovani versus vecchi. Parlo di vecchia politica, di cui ci sono giovani portatori insani. Di contro, ci sono “vecchi” di moralità specchiata.

 

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