Dopo un’estenuante serie di preliminari, le primarie milanesi del centrosinistra (più Pd che altro) sono entrate nel vivo.

Il gioco tra i tre principali contendenti (Francesca Balzani, Pierfrancesco Majorino, Giuseppe Sala) non è proprio all’insegna del fairplay. Balzani entra in campo baldanzosamente, ostenta da subito un parterre de reine, chiede perentoria al collega Majorino candidato da tempo di mollare il colpo, porta a casa un bel picche, e al momento arranca un po’, affaticata dalla scarsa notorietà, dai troppi appelli eccellenti in suo favore e dall’accusa di salottismo.

Majorino sembra ringalluzzito, campagna molto social e luogocomunista, esagera con la promessa un po’ molto pacchiana di un assessore Lgbt –quei voti gli servono, vuole perdere bene-, sostanzialmente è raggiante perché Giuseppe Sala, il probabilissimo vincitore, lo omaggia riconoscendogli una sensibilità sociale di cui lui difetta. Leggi: tranquillo, come minimo ti rifaccio assessore. In fondo è quello che, sparando alto, l’abile Majorino sperava di portare a casa. Qualcuno grida scandalosamente al ticket occulto.

Quanto a Sala, asso pigliatutto, campione del Partito-Expo-Nazione, entusiasma perfino certe furbette assessore di Sel, Cristina Tajani e Daniela Benelli: le idee non si mangiano. Piace a Cielle, a Ncd, a Scelta Civica (Scelta Civica????) e a un bel pezzo del centrodestra, orientato a candidare un uomo di paglia per non dare troppo disturbo all’uomo che garantirà un po’ tutti. E si comincia a intravedere la cospicua fila dei saltatori sul carro dell’ultim’ora. L’impatto mediatico dell’ex-ad Expo, oltretutto, è sorprendente: chi tra i suoi antagonisti sperava in un’immagine scostante da manager anglofono ha dovuto ricredersi. L’uomo ha la concretezza del gran lombardo, dà del tu all’interlocutore, non si perde in chiacchiere e promesse volatili, punta dritto al tema delle periferie -vulnus della gestione Pisapia- dove intende radicare il suo successo, ha quella faccia un po’ francese da sindaco di Milano. Forse è tutta fuffa, ma presentata bene. In breve: per i competitor un osso durissimo.

A meno di miracoli sempre possibili o di fattori esogeni imprevisti, tipo irruzioni della magistratura, l’8 febbraio, il giorno dopo le primarie, Milano si sveglierà di fronte alla seguente scena politica: un candidato centrista (Sala), un altro candidato centrista (Passera), un candidatuccio di centro destra (?), e la signora Bedori, carneade 5 Stelle, che dal momento della sua candidatura è totalmente sparita dai radar.

Il popolo arancione, rosso, rosa e verde si ritroverà desolatamente alla deriva, anche e soprattutto a causa di una partita condotta davvero malissimo dal sindaco uscente. Un popolo frantumato tra una mesta realpolitik, un orgoglioso aventino e la tentazione 5 Stelle che a Milano non è mai andata oltre la protesta pre-politica. A meno che, ed è la variabile su cui tenere lo sguardo, a questo popolo non venga offerta a sorpresa un’alternativa, un/a candidato/a che potrebbe puntare a replicare l’exploit ligure, quel 10 per cento guadagnato dal candidato “civatiano” Pastorino, o perfino bypassarlo se la proposta sarà sufficientemente suggestiva.

Del resto nemmeno Renzi può pretendere che un bel pezzo di Milano, quello che ha dato carne e sangue all’anomalia pisapiana, a questo punto si dissolva come neve al sole, parola turna indré, come si dice da queste parti. Anche perché questa gente, altro che indré, ha l’ambizione di andare avanti.

 

 

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