Mattina presto, sto guidando in una brutta e grigia strada di città, dalle parti della famosissima via Gluck. A destra corre la ferrovia. Di fronte, un palazzo. A sorpresa, la bellezza di un balcone fiorito. Sento un fischio del treno, e sobbalzo. Non è per il treno. E’ qualcosa che sta capitando, e tutti i miei sensi si spalancano all’unisono. Il fischio ha disegnato lo spazio con la sua eco, la bellezza di quel poggiolo si è dilatata e lo ha invaso. C’è anche un piccolo prato. Alzo lo sguardo verso il cielo, di un tenero azzurro autunnale. Passa un uomo in bicicletta, zigzagando spensierato. Siamo qui, penso, lui e io, in mezzo a una grande pianura, e un cielo azzurro e ventoso ci sta passando sopra. Mi sento inconsultamente felice. Sto da qualche parte di questa enorme pianura, con un grande fiume a sud, alte montagne innevate a nord, e alcuni dolci laghi ai loro piedi. L’aria si fa fresca e sottile, “vedo” i falchi che roteano nell’azzurro, sento l’odore melmoso e pescino dell’acqua dolce. Che cosa ti sei fumata, bella gioia?
Mi fermo, scendo dall’auto, faccio due passi. Voglio stare un po’ lì. C’è della terra viva sotto strati e strati di asfalto cittadino, la sento al lavoro sotto i piedi. Chiudo gli occhi per trattenere l’informazione. Ho dormito poco quella notte, la vigilanza è allentata. Qualcosa di sognante ha invaso la veglia. Qualche strana area cerebrale si è attivata. Non c’è che gioia intorno a me. Un giardino.
Sarà stato lo splendore di quei fiori? E’ a questo che serve la bellezza? a portarci via dalla durezza di ciò che pretende di essere immutabile? Mi trovo inaspettatamente in una terra di mezzo. Forse lì c’è qualcosa che vado cercando, e che in qualche modo mi ha trovato. Mi sono lasciata trovare, stamattina. Non succedono solo le cose brutte, allora. Può capitare anche qualcosa di bello.

(pubblicato su Io donna – Corriere della Sera).

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