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Vicino a casa mia ha aperto bottega una piccola sarta cinese. Minutissima, rapida e indaffarata come una formichina, e di età indefinibile: potrebbe avere 10 anni come 60. Insomma, una vera cinese. Bravissima e onestissima, oltre al resto: tu le porti un vestito che ti sta largo e in battibaleno lei te lo ridisegna addosso con gli spilli, imbastisce, taglia, cuce, ribatte per bene. 5 o 10 euro e sei a posto. E se tu, capricciosa occidentale, implori: “Mi servirebbe per stasera…”, lei ti guarda con la sua faccetta emozionalmente imperscrutabile –se ti sta mandando a quel paese non si nota-, e mai che ti dica di no: “D’accoldo. Vieni stasela”. Più cinese di così non si può.
Sapete che cosa significa, questo? Che una marea di pantaloni, gonne, vestiti, camicie, etc. sta avendo una seconda occasione, dopo essere rimasta stipata nell’armadio anni e anni visto che non c’era nessuno a cui affidarla. L’ultima sarta che avevo era una vecchietta tremolante e lunga come la fame, poveretta: se volevi una cosa pronta per Pasqua dovevi cominciare con le prove a Natale. Finché Dio l’ha tenuta al mondo. Dopo di lei, il deserto.
Data la cinese, posso prendermi un vestito in saldo anche di una taglia o due in più, pensando felice “tanto me lo sistema lei”. Che dovrà pure avere un nome, uno di quei nomi complicati. Mi informerò. E’ anche una magnifica rattoppa-jeans per figli che -“Buttarli via? Mai!”- esigono rattoppature ad arte.
Sia lode agli aggiustatori di cose, specie di angeli che pareva estinta. Ne arrivano a frotte, specie da Oriente: giganti ucraini con pinze, pennelli e cacciaviti, magiche rumene guaritrici di piante, cinesine taglia-e-cuci. Riapri ripostigli e soffitte stipati di cose rotte –aspirapolvere, robot da cucina, phon, tavolini traballanti- che esultano, felici di tornare a vivere. La casa si popola di manufatti risorti: non c’è affatto bisogno di comprarne di nuovi. Guardi il faretto che geme in bagno e sai che qualcuno te l’aggiusterà senza pretendere di rifarti ex novo l’impianto elettrico.
Saranno anche piccole cose, ma contribuiscono alla felicità.

pubblicato su Io donna-Corriere della Sera l’11 giugno 2010

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